Germania, accuse di razzismo e sessismo per un manifesto in una piscina pubblica
Büren, polemica per un manifesto che raffigura una donna che molesta un uomo disabile nero. Poi la rimozione e le scuse
È successo a Büren, nella Renania Settentrionale-Vestfalia, in alcune piscine pubbliche. Il manifesto, presentato in forma di fumetto, raffigurava una donna bianca nell’atto di molestare un uomo nero disabile, accompagnato dalla scritta: «Stop! I palpeggiamenti sono vietati!». Dopo le proteste, il manifesto è stato rimosso e il sindaco della città si è pubblicamente scusato.
Il contesto e la rimozione del manifesto
Il manifesto era già stato affisso a Colonia, per poi diffondersi anche nelle piscine di Büren, dove ha suscitato accese polemiche. Il cartello si presentava come un fumetto in cui una donna bianca molestava un uomo nero disabile all’interno di una piscina. Vi era riportata la scritta «Stopp!! Grabschen Verboten», che in tedesco significa «Stop! I palpeggiamenti sono vietati!». Il poster, pensato principalmente per un pubblico infantile, mostrava anche una tartaruga di nome Tiki, che i bambini avrebbero dovuto chiamare come parola in codice in caso avessero assistito a episodi di violenza. Questi manifesti sarebbero stati affissi in seguito ad alcuni episodi di violenza avvenuti in piscine della zona, in particolare nell’area di Paderborn, dove, secondo le fonti, otto ragazze sarebbero state molestate da quattro uomini di origine siriana.
Le reazioni all’accaduto
Il manifesto ha scatenato forti critiche, poiché la narrazione è risultata violenta nei confronti sia delle persone razzializzate che delle donne. L’intento dei manifesti era quello di sensibilizzare i più giovani, insegnando loro a riconoscere comportamenti violenti tramite un linguaggio e un immaginario a loro familiari, come quello della tartaruga. Sebbene educare le fasce più giovani su temi di questo tipo sia fondamentale, la comunità cittadina ha ritenuto che la modalità scelta fosse inadeguata. Il poster, infatti, è apparso diseducativo e in contrasto con gli obiettivi dichiarati della campagna.
Il sindaco di Büren ha ribadito che la protezione dei bambini nelle strutture pubbliche è una priorità assoluta. Ha sottolineato che ogni forma di violenza sessuale è inaccettabile e va contrastata con decisione, a prescindere da chi la commetta. Ha inoltre chiesto scusa, affermando che non era intenzione della città discriminare o attribuire responsabilità a categorie specifiche. Anche Rainer Wendt, capo del sindacato della polizia tedesca, ha espresso la propria opinione a Bild, dichiarando che la campagna ha come unico vincitore l’AfD, e molti perdenti: donne e bambini, vittime di una narrazione fuorviante.
Di parere opposto Charlie Kirk, attivista conservatore statunitense e vicino al presidente Donald Trump, che su X ha definito il manifesto “di pubblica utilità”.
La violenza di genere in Germania
L’episodio ha riacceso il dibattito sulla violenza di genere in Germania. Pur disponendo di strumenti legislativi e istituzionali avanzati, il Paese fatica ancora a contrastare efficacemente il fenomeno. I dati – in linea con la media internazionale – descrivono una situazione strutturale e radicata, considerata una vera emergenza nazionale.
La violenza contro le donne – dallo stalking al revenge porn, dalla violenza psicologica agli abusi fisici – continua a crescere. Solo tra il 2023 e il 2024, i reati legati al genere sono aumentati dal 5% al 25%, a seconda della tipologia.
Nonostante i progressi in altri ambiti, la Germania resta indietro rispetto agli standard fissati dalla Convenzione di Istanbul, sottoscritta nel 2011, che obbliga gli Stati aderenti a prevenire, punire e contrastare ogni forma di violenza di genere.
Il Paese è stato uno dei primi in Europa ad adottare una legge specifica: il Gewaltschutzgesetz, in vigore dal 2002, che introduce il principio «Wer schlägt, der geht» – “Chi aggredisce, se ne va”. Un passo giuridico e simbolico fondamentale, che però, da solo, non basta a fermare un fenomeno ancora drammaticamente diffuso.
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