Euridice, la nuova rivista di poesia italiana nata a Berlino

Nata a Berlino, Euridice è una nuova rivista di poesia e letteratura contemporanea che racconta la città attraverso le sue voci più autentiche. Un progetto multilingue e multiculturale che unisce letture, workshop e incontri per creare una comunità poetica viva e senza confini.

Euridice è una nuova rivista di poesia e letteratura contemporanea soprattutto in lingua inglese, ma non solo. Il progetto ha un animo italiano: le fondatrici sono Alessia Savoini e Sofia Koch e accoglie anche poesie in italiano. L’obiettivo è dare voce alle storie che attraversano Berlino, una città frammentata, contraddittoria e in costante trasformazione. Oltre alla rivista online, Euridice organizza regolarmente workshop di poesia nel quartiere di Friedrichshain e incontri culturali in un Art Café su Oranienstraße, nel cuore di Kreuzberg. L’obiettivo è creare connessioni tra poesia, vita quotidiana e multiculturalità, mantenendo una forte attenzione al territorio e alla comunità che lo abita.

Tra i primi poeti italiani a Berlino ad essere presentato sulla rivista c’è Sebastiano Diciassette. Il suo libro di poesia più recente, Acquasantiera (Transeuropa, 2024), è una silloge che tocca le corde più intime dell’animo e lascia un segno indelebile nella mente di chi la legge, rendendola un contributo prezioso e significativo alla poesia dei nostri tempi. Quattro poesie tratte dalla raccolta sono leggibili anche all’interno dell’articolo su Euridice. Inoltre è in uscita la sua nuova raccolta di racconti Ogni bel gioco (Calibano Editore, 2025) sullo sfondo di una Bari negli anni ’80/’90, un caleidoscopio che compone un’autobiografia collettivatra anarchia, degrado scolastico e deriva esistenziale.

Abbiamo avuto modo di parlare con Alessia Savoini a proposito del progetto. «Euridice Magazine nasce dalla necessità di ascoltare e raccontare le voci della città che abitiamo – Berlino. È una rivista di poesia e letteratura contemporanea popolare, nata da un Art Café sull’Oranienstraße, dove ogni venerdì organizziamo mostre, reading, presentazioni di libri e discussioni. L’obiettivo è raccontare la città attraverso chi la vive, creando connessioni tra arte, vita e multiculturalità. Berlino è contraddittoria, frammentata, in continuo divenire – e Euridice ne raccoglie le storie. Il nome si ispira al mito di Orfeo ed Euridice, evocando la dimensione perduta e unica di questa città. La rivista è uno spazio aperto a chiunque abbia una storia da raccontare, con sezioni dedicate alla poesia, narrativa popolare e interviste – dalla Drag Queen al bouncer del Berghain. Pur essendo in lingua inglese, pubblichiamo poesie anche nella lingua madre, con traduzioni, per preservare autenticità e pluralità».

Che tipo di poesia volete promuovere?

Promuoviamo una poesia multilingue e atematica, purché nata a Berlino. Non imponiamo regole: l’importante è che il testo rifletta la trasformazione personale e culturale che questa città provoca. Organizziamo workshop ispirati alla sinestesia e all’identità, dove ogni lingua è benvenuta. Questo approccio ci distingue: uniamo arti diverse, restiamo radicati nel territorio e creiamo una comunità attiva attorno al progetto. Euridice è più una realtà che semplice rivista.

Qual è il ruolo di Berlino nella scena poetica europea e come influenza chi ci vive?

Berlino è una città attraversata da contaminazioni linguistiche e culturali. Poeti e artisti si influenzano a vicenda, anche solo prendendo un treno o facendo la spesa. Ci ispiriamo, ad esempio, a Dinara Rasuleva, poetessa tatara che ha riscoperto la propria lingua attraverso laboratori collettivi come FemLetters e TEL:L. I nostri workshop seguono questo spirito: usare la poesia per esplorare sé stessi e le proprie lingue interiori.

Berlino ha una storia di divisione e resistenza, e questo la rende ancora oggi un luogo fertile per l’arte. È crocevia di memorie, contraddizioni e possibilità. Euridice poteva nascere solo qui.

Come influisce la scrittura in italiano, vivendo all’estero?

Scrivere nella propria lingua è un modo per rimanere fedeli a sé stessi, o per tradirsi con consapevolezza. È un gesto politico e poetico: confrontando etimologie e significati tra le lingue, si apre uno spazio creativo unico. La pluralità linguistica è una risorsa per scoprire nuove parti di sé, ed è proprio questo il cuore della nostra poetica.

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