A Berlino apre la prima casa accoglienza per vittime di sfruttamento lavorativo

La casa accoglienza, dalla location ignota, offre 10 posti letto a supporto di chi proviene da contesti di sfruttamento lavorativo

Berlino è la prima città in Germania ad aprire una casa accoglienza. Il progetto mira a contrastare quelle attività nell’economia sommersa che sfruttano la manodopera privandola dei suoi diritti. In alcuni settori, come l’edilizia e l’agricoltura, gli episodi di traffico e sfruttamento di esseri umani sono molto più frequenti.

La testimonianza diretta delle vittime è fondamentale per i processi sul traffico di esseri umani, tant’è vero che l’Unità sul Traffico di Esseri Umani all’Ufficio Statale di Polizia Penale (LKA) ha cooperato sin da subito con la casa accoglienza. Tuttavia, le vittime spesso si rifiutano di testimoniare contro i propri capi, per via degli atteggiamenti manipolatori e delle minacce posti in essere da questi.

Nella casa accoglienza, le vittime possono iniziare percorsi di psicoterapia e ricevere consulenza per quanto riguarda la rivendicazione dei propri diritti e il proprio futuro.

Il traffico di esseri umani: una terribile piaga sociale

L’economia sommersa, come quel valore aggiunto generato attraverso il lavoro irregolare, trae grande beneficio dal traffico di esseri umani. Questo fenomeno colpisce vari settori, ma è particolarmente diffuso in ambiti come l’edilizia, l’agricoltura, i centri estetici e il lavoro domestico.

Tali attività prosperano sfruttando manodopera sottopagata e costringendo i lavoratori a vivere in condizioni disumane, con più privazioni che guadagni. Spesso vi rimangono intrappolati migranti, o persone in generale con poche conoscenze linguistiche e giuridiche. I boss li attirano in Germania con false promesse e li trattengono tramite la sottrazione dei documenti e dei diritti.

L’affrancamento da una situazione di sfruttamento diventa ancora più complesso dal momento che spesso le vittime hanno remore a testimoniare contro i loro capi. I carnefici, infatti, si sforzano di influenzare le proprie vittime, promettendo più denaro e minacciando di vendicarsi sulle loro famiglie nei paesi di origine.

Tuttavia, la testimonianza diretta resta un elemento essenziale nei processi sul traffico di esseri umani, come spiega Gregor Ott, vicedirettore dell’Unità sul Traffico di Esseri Umani all’Ufficio Statale di Polizia Penale (LKA). Infatti, in questi processi, non c’è la scena del crimine nella sua accezione tipica e spesso mancano anche prove. Ciò produce sentenze di condanna molto leggere, se non addirittura l’assoluzione dell’imputato. 

Secondo le statistiche della polizia, nel 2023 sono stati denunciati 20 casi di traffico e sfruttamento di esseri umani, ma i servizi sociali danno per scontato un numero più grande. La Commissaria della Polizia Barbara Slowik Meisel, infatti, fa notare come frequentemente le vittime coinvolte si rifiutino di rilasciare dichiarazioni alla polizia:

Questo è perché i carnefici spesso provengono da cerchie sociali private e tentano regolarmente di mettere sotto pressione le vittime e influenzarle durante le indagini.

Fino a pochi mesi fa, non c’erano in Germania alloggi sicuri per le vittime uscite da un rapporto di impiego illegale. Per ovviare alla mancanza, la città di Berlino ha recentemente aperto una casa accoglienza a questo scopo. Slowik Meisel ha descritto l’iniziativa come un assoluto vantaggio anche per il loro lavoro investigativo.

Una casa accoglienza per contrastare lo sfruttamento lavorativo

Nel mese di gennaio ha aperto il primo rifugio per le vittime di sfruttamento lavorativo in Germania. Si trova a Berlino, ma l’ubicazione esatta rimane segreta, per garantire la sicurezza di coloro che vi si rivolgono. L’immobile ha tre stanze con un totale di dieci posti letto, di cui uno sembra essere attualmente occupato. Il progetto è finanziato interamente dallo Stato di Berlino con un contributo annuale di 450mila euro.

Internationaler Bund (IB) gestisce la struttura, con la preziosa collaborazione di Berlin Counseling Center for Migration and Good Work (Bema). La vita di queste vittime, infatti, è spesso segnata da attacchi di ansia e da depressione che i percorsi di psicoterapia offerti da Bema possono aiutare ad affrontare. 

Un portavoce di IB, Peter Hermanns, ha affermato che il rifugio è un modo per creare un iniziale porto sicuro dalle azioni degli sfruttatori, che poi sia un trampolino di lancio verso nuove opportunità. Il progetto, infatti, fornisce strumenti alle vittime per far valere i propri diritti contro stipendi non pagati e assicurazioni sanitarie assenti, oltre che una consulenza approfondita per questioni relative alla residenza e all’occupazione.

Henning Kruse, amministratore delegato di Bema, ha detto:

Questo rifugio è estremamente importante per costruire un rapporto di fiducia affinché coloro che cercano consulenza possano apparire come testimoni in aula di tribunale.

Infatti, la disponibilità a testimoniare in tribunale è uno dei criteri per l’accesso al rifugio, ha spiegato Gregor Ott. A questo scopo, il suo team di investigazione ha iniziato sin dall’inizio a lavorare a stretto contratto con i gestori della casa accoglienza. Ma un’inconveniente rimane: alle vittime prese in cura non è garantito il diritto di rimanere in Germania. I consulenti di Bema le aiutano a cercare un nuovo lavoro e un nuovo alloggio, ma niente è garantito.

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