The darkroom killer: su Netfilx la docuserie sul killer di Berlino

La nuova docuserie uscita su netflix riguardo il The darkroom killer il serial killer che terrorizzò le strade di Berlino

Il 3 aprile fa la sua comparsa su Netflix la docuserie sul serial killer che scosse Berlino e la Germania nel 2012. Il darkroom killer di Berlino, così chiamato per il luogo i cui si svolse il suo primo omicidio. Questo era proprio la darkroom di un gay-bar della capitale tedesca. Le “darkroom” si trovano in molti club berlinesi, luoghi in cui si possono avere rapporti sessuali con sconosciuti nei club, protetti dal buio e dal consenso a priori che si suppone una volta entrati.

La docuserie è di soli 3 episodi, meno di 40 minuti ognuno. Questo racconta passo per passo tutti i ritrovamenti, gli indizi e le testimonianze dei familiari raccolte al tempo dell’accaduto. Il crimine orribile che seminò paura nella comunità berlinese, sconvolgendo il mondo dei locali notturni gay di Berlino. Dal primo omicidio fino all’arresto del colpevole. Una dettagliata ricostruzione di ciò che accadde e come si svolsero le indagini. Il modus operandi del serial killer gli permise di uccidere indisturbato senza essere rintracciato dalle forze dell’ordine.

Un serial killer a Berlino

Il 5 maggio 2012, al ritrovamento della prima vittima, tutto faceva pensare ad un omicidio, anche se nessuno aveva sentito litigi o urla e il cadavere non riportava ferite da arma bianca. Il cadavere fu ritrovato dal proprietario nella darkroom di un gay bar di Berlino il Grosse Freiheit n°114. La scientifica cercò subito si rilevare delle tracce dal cadavere dalla prima vittima inutilmente ma il colpevole non aveva lasciato impronte. Non vi erano segni di colluttazione o strangolamento. Per questo motivo la polizia non riusciva a spiegarsi cosa fosse successo. Le cause di morte tenute in considerazione furono il soffocamento o l’intossicazione. Addosso non aveva ne portafogli ne altro che lo potesse identificare. Il riconoscimento della vittima come Nicky M., un ragazzo di 32 anni, avvenne grazie ad una sua foto. L’esame autoptico e tossicologico non riscontrò sostanze oltre all’alcol, non vi erano indizi sulla causa della morte. L’unica traccia del colpevole fu l’utilizzo della carta di credito di Nicky, ore dopo il decesso, in un distributore automatico alla stazione di Osthbahnof.

Il sopravvissuto al The darkroom killer

Un ora e mezza dopo, un secondo ragazzo, Miro, venne drogato e derubato. In seguito alla denuncia del furto e alla deposizione, il referto delle analisi di Miro concludeva che fosse stato drogato con ecstasy liquida(GHB). Il GHB è utilizzato per inibire la volontà, ne bastano poche gocce per stordire completamente la vittima. Riconducendo l’esame tossicologico su Nicky M., la scientifica stabilì che la dose somministratagli era stata letale. L’utilizzo di sostanze psicotrope facilmente reperibili nel mercato, resero arduo per la polizia risalire ad un sospettato. Le prove indicavano quindi che l’omicidio e il tentato omicidio erano connessi. I filmati della stazione vennero diffusi per dare inizio ad una caccia all’uomo. L’omicidio messo ancora più in risalto, pose sotto i riflettori tutta la comunità gay e su la famiglia della vittima costretta a subire le critiche delle persone. Ciò fece riemergere gli stereotipi che si pensava fossero stati superati. Il barman del Grosse Freiheit n°114 disse:”Quel giorno mi crollò tutto il modo addosso, ed è ancora così. Il mio mondo perfetto colorato e felice.”

L’indagine sul serial killer riapre un caso precedentemente chiuso

Nove giorni prima dell’omicidio della dark room, Alexander M. fu ritrovato morto nel suo appartamento. Dalle indagini preliminari e dopo gli esami autoptici, i medici non riuscirono a individuare la causa del decesso che venne catalogata come “incerta”. Grazie ad una telefonata della nonna della vittima alla polizia, il sangue di Alexander venne usato per il test del GHB risultando positivo. Questa era la prova che si trattava di un criminale seriale. La stessa giacca appartenuta ad Alexander, identificata dalla madre della vittima attraverso la foto del sospetto che la polizia aveva fatto circolare, lo ricollegò al serial killer. Secondo gli esperti, l’atto di indossare i vestiti della vittima era visto come un esibizione di potere. Potere che lo spinse 11 giorni dopo l’omicidio della dark room a cercare una quarta vittima. Questa era Peter, ritrovato nel suo appartamento con in corpo una dose letale di GHB.

Il passato oscuro del colpevole

A restringere il cerchio furono i tabulati telefonici di Alexander. Il nuovo indiziato Dirk P. ammise subito i suoi crimini non fornendo nessun movente alle sue azioni. Dirk non solo era un infermiere con le conoscenze adeguate per la somministrazione di medicinali e droghe, come il GHB. Prima dell’arresto era anche un insegnate tirocinante in una scuola elementare del Brandeburgo. Non era sposato e non aveva precedenti penali. L’infanzia apparentemente tranquilla, dopo le indagini della polizia, venne smentita, portando alla luce gli abusi subiti.

Dalla dichiarazione originale del colpevole: “Ho sempre condotto una vita normale. Con determinazione, onestà. Avevo dei valori ben definiti…….sono disperato, perchè ho paura delle mie azioni. Saper che qualcosa non andava in me mi spaventava. Ma l’impulso era più grande della paura. Sapevo di fare qualcosa di proibito, di sbagliato. Ma soddisfaceva qualcosa dentro di me.”

Il processo per il The darkroom killer, iniziò il 22 febbraio 2013. A giugno dello stesso anno il giudice sentenziò l’ergastolo per triplice omicidio. Nove mesi dopo il verdetto, Dirk di tolse la vita in cella.

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Immagine di copertina: Screenshot Youtube