La Germania pronta ad accelerare la crescita del salario minimo ed arrivare presto a 15€ l’ora

Salario minimo in graduale aumento dal 2024 al 2026 in Germania, tra opportunità e incertezze politiche

La Germania si appresta a proseguire la sua strategia di aumenti al salario minimo, che, entro l’inizio del 2026, potrebbe raggiungere i 15 euro l’ora. Questa misura, promossa con l’obiettivo di sostenere i lavoratori più vulnerabili e ridurre le disuguaglianze salariali, è già programmata su base graduale. Dal 2023, il reddito salariale minimo è aumentato progressivamente di 0,41 euro l’anno (12,41€ dal 1° gennaio 2024 e 12,82 dal 2025), fino al target di 15 euro l’ora nel 2026. Tuttavia, è probabile che l’ambiziosa quota prevista per il 2026 possa subire rallentamenti in virtù della crisi di governo che negli ultimi giorni ha riguardato il governo “semaforo”. La scelta tedesca rientra in una generale strategia europea di aumento medio salariale fra i Paesi Membri UE, nonostante alcuni di essi (fra i quali l’Italia) non abbiano adottato alcuna normativa in tal senso.

L’origine e il funzionamento del salario minimo in Germania

La Germania ha introdotto il salario minimo nazionale solo nel 2015, rompendo con la tradizionale negoziazione tra sindacati e datori di lavoro per definire i livelli salariali. Viene gestito da una commissione dedicata, la Mindestlohn Komission, composta da sei membri: due rappresentanti dei lavoratori, due dei datori di lavoro e due consulenti accademici indipendenti, selezionati in seguito ad accordi sindacali. La Commissione valuta l’andamento economico e decide, a cadenza regolare, i futuri aumenti mediando fra inflazione e costi della vita con le esigenze di competitività delle imprese tedesche. Le decisioni della Mindestlohn Komission sono generalmente ratificate dal governo federale, che adotta ufficialmente le modifiche proposte. La nomina dei membri della commissione avviene ogni cinque anni, e le deliberazioni avvengono in seguito a una consultazione approfondita con i sindacati e le associazioni di categoria, il che rende il processo di adeguamento del salario minimo particolarmente solido e rispettoso del contesto economico.

“Il salario minimo dovrebbe aumentare di pari passo con i salari complessivi”

Olaf Scholz

Attualmente, in Germania, circa sei milioni di lavoratori guadagnano il salario minimo. Nella cifra rientrano una rappresentanza significativa di donne e residenti nelle ex Repubbliche dell’Est, regioni che storicamente soffrono di maggiore vulnerabilità economica e salariale. Secondo l’Ufficio Federale di Statistica (Destatis), il reddito medio lordo si attesta intorno ai 45.358 euro all’anno, mentre il salario minimo attuale, a 12,41 euro l’ora, equivale a un reddito annuo lordo di 24.616,48 euro. E’ chiaro dunque che l’intento della riforma salariale sia di colmare parte di questo divario, garantendo a chi percepisce il minimo salariale un reddito più in linea con le medie nazionali.

Il contesto europeo e internazionale

La Germania non è sola in questa strada verso un salario minimo più alto; infatti, la maggior parte dei paesi dell’Unione Europea adotta un salario minimo nazionale. Dei 27 Stati membri, ben 22 hanno implementato un salario minimo, mentre alcuni paesi – tra cui Danimarca, Austria, Finlandia, Svezia e Italia – non hanno adottato una misura simile (ognuno per ragioni diverse). Le differenze nei salari minimi tra i paesi dell’UE sono considerevoli, con Irlanda, Paesi Bassi, Germania e Lussemburgo che superano i 2.000 euro mensili, mentre la Bulgaria presenta il salario minimo più basso con 477 euro mensili.

Anche tra i candidati e potenziali candidati all’UE, come Montenegro, Moldavia e Albania, la tendenza a introdurre un salario minimo è forte: 8 su 10 di questi paesi già adottano questa politica. La presenza di un salario minimo è ormai considerata un indicatore di protezione sociale ed è spesso oggetto di valutazione nei processi di adesione all’Unione. Questa convergenza europea sottolinea un crescente impegno per garantire standard retributivi minimi e sostenere il benessere economico delle popolazioni.

La crisi di governo e le sue possibili implicazioni

L’attuale crisi di governo in Germania rappresenta un’incognita per l’attuazione dei futuri aumenti del salario minimo. La coalizione “semaforo” formata dal Partito Socialdemocratico (SPD), dai Verdi e dal Partito Liberale Democratico (FDP) si trova in una fase di grave instabilità, portando alle dimissioni di tre ministri liberali su quattro, inclusa la carica cruciale del Ministero delle Finanze. A causa di queste tensioni, probabilmente si indiranno elezioni anticipate, evento che rischia di destabilizzare ulteriormente l’agenda economica del governo.

Questa tensione politica, sebbene non abbia effetto immediato sull’aumento già previsto per gennaio 2025 (regolarmente previsto grazie alle ratifiche precedenti), potrebbe influire sulla previsione di 15 euro l’ora nel 2026. A ciò va aggiunta l’ipotesi di un nuovo governo, il quale potrebbe ritrovarsi a ritrattare le priorità in una Germania sotto forte pressione economica. Le previsioni di crescita per il 2024 sono state riviste al ribasso e il Paese si trova ad affrontare sfide come l’invecchiamento della popolazione e una crescente domanda di manodopera specializzata. In un contesto simile, il sostegno al potere d’acquisto potrebbe diventare una priorità, ma la capacità del governo di attuare le riforme dipenderà dalla stabilità politica.

E l’Italia?

In Italia, l’introduzione di un salario minimo nazionale è stata spesso discussa, ma non ha ancora trovato realizzazione. Nonostante alcune proposte di legge, il tema continua a generare divisioni politiche e sindacali. Da una parte, chi appoggia questa misura sostiene che potrebbe rappresentare un importante passo avanti per garantire dignità e stabilità economica ai lavoratori più vulnerabili, contribuendo a ridurre il precariato e a rafforzare lo stato sociale. Dall’altra, si teme che l’introduzione di un salario minimo possa minare il sistema di contrattazione collettiva e aumentare i costi per le imprese, in un periodo in cui il tessuto economico resta fragile.

Guardando all’esperienza tedesca e di altri paesi europei, l’Italia potrebbe considerare un salario minimo come strumento per allinearsi agli standard di protezione sociale dell’UE e rafforzare il potere d’acquisto della sua popolazione, contrastando così la povertà lavorativa. La prospettiva di una riforma simile sarebbe però efficace solo se accompagnata da una rete di supporto che consideri le diverse realtà economiche del Paese e tuteli il dialogo tra sindacati, imprese e governo.

In sintesi, mentre la Germania si prepara a incrementare il salario minimo, gli ostacoli interni e l’instabilità politica rischiano di complicare i tempi di attuazione di questa misura. In Italia, invece, il tema del salario minimo si limita a rimanere oggetto di dibattito politico, senza prospettive vicine di attuazione.

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