La resistenza berlinese contro la gentrificazione inarrestabile

In un trend crescente, la gentrificazione di Berlino continua inarrestabile dagli anni ’90. Le cause sono molteplici, così come le conseguenze che può constatare chiunque cerchi casa in affitto

Dalla riunificazione della Germania, Berlino si è mostrata città cosmopolita e globalizzata, ma questa diversità ha un prezzo – e non solo in termini di costo d’affitto. La questione si sviluppa anche in termini di lotta tra spazi pubblici e privati e come questi vengano vissuti e percepiti da chi vi abita. Dal 2011 a oggi, il costo di vendita al m² di un immobile è passato da 1.690 a 5.520. Ciò rende difficilmente accessibile la residenza di molti appartamenti, aprendo le porte alla gentrificazione dei quartieri storici della città.

Inoltre, il fascino “poor but sexy” di Berlino, che per decenni ha attirato persone da tutto il mondo, sembra essere diventato più un brand su cui le istituzioni possano lucrare, che non un effettivo stile di vita. Il cambiamento di Berlino passa anche per i luoghi di aggregazione culturale, di cui i club sono il simbolo per eccellenza. Nel 2005, scaduto il contratto di affitto, l’emblematico Tresor ha dovuto “raccogliere baracca e burattini” e trovare una sistemazione diversa da quella iconica di Postdamer platz, la striscia della morte, simbolo della rinascita di Berlino dalle ceneri della cortina di ferro.

Ma perché a Berlino sta succedendo quello che è già capitato a città come Londra, Parigi o le distanti metropoli statunitensi? Com’è possibile che la capitale dell’underground, della sperimentazione e della libertà artistica si stia omologando?

Cosa significa gentrificazione

Innanzitutto, è bene fare un po’ di chiarezza. La gentrificazione è spesso associata a un rinnovamento urbano particolare, quello di lusso. Gli appartamenti rinnovati, i condomini con un design innovativo, magari progettati da architetti di fama internazionale, chiaramente possono essere affittati, o venduti, a un prezzo maggiorato.

Di conseguenza, con l’assottigliarsi del target di riferimento – molto più ristretto ed elitario per potersi permetter determinate cifre – la residenza negli immobili ristrutturati risulta inaccessibile ai più. Questo a grandi linee è il fenomeno della gentrificazione, che nella pratica vede chiudere il bäckerei di fiducia sotto casa o lo späti all’angolo, in favore di una torre Amazon o dell’ennesimo anonimo centro commerciale.

Un altro effetto tangibile è la difficoltà di trovare una casa dove stare. Non solo i prezzi si sono alzati in maniera sproposita rispetto a 10 anni fa, rendendo il mercato estremamente competitivo. C’è anche un’effettiva carenza di immobili, per cui un affittuario si ritrova spesso con centinaia di richieste nel giro di pochi minuti dalla pubblicazione dell’annuncio.

Il rinnovamento degli edifici poi si fa pagare a caro prezzo: i condomini si trasformano in palazzi di lusso, con conseguente aumento di affitto. In “alternativa” gli inquilini sono incentivati a scappare, a causa dei problemi strutturali degli immobili che non vengono risolti. Le cause sono da ricercare nella (mala)gestione degli immobili berlinesi dagli anni ’90 ad oggi, legati alla speculazione edilizia e alla trasformazione di Berlino in città globalizzata, in un tempo relativamente breve.

Collisioni di realtà artistiche…

Con la caduta del muro e l’unione delle “due Germanie”, la politica si è trovata a dover gestire un debito pubblico enorme e lo ha fatto perseguendo una politica economica neoliberale. Gli investimenti immobiliari si sono inseriti in un contesto particolare: le persone provenienti da Berlino est ed ovest si re-incontravano in una Berlino riunificata. In questo terreno fertile per diverse situazioni dalla creatività artistica alla speculazione edilizia, si sono creati i presupposti per la crisi immobiliare che si sta vivendo oggi.

Molti edifici abbandonati trovarono le più svariate soluzioni. Da un lato la DIY culture si manifestava nell’occupazione degli spazi per rivendicare la propria identità e appartenenza alla città. Sia per quanto riguarda i club che spesso sorgevano in edifici abbandonati, ma anche nella scelta delle proprie abitazioni. Non era insolito, infatti, che i tetti di palazzi in disuso si convertissero in case durante il periodo estivo.

…E speculative

D’altra parte, la spartizione di luoghi come Posdamer Platz furono lasciati agli investimenti di grandi società come Sony, Daimler, ABB o Beisheim, che snaturarono il luogo. L’imbruttimento dell’ex striscia della morte fu incentivato dal Senato di Berlino che intendeva “riempire” questo spazio vuoto. L’obiettivo era quello di consolidare il proprio budget per far fronte al forte debito pubblico, che la Repubblica Federale Tedesca aveva acquisito con la riunificazione.

L’inizio della fine delle occupazioni di edifici abbandonati è simboleggiato dalla comparsa di filo spinato tra i tetti dei condomini, per impedirne l’accesso libero. In una Germania riunificata la divisione tra est e ovest non esiste più, ma uno screzio più profondo si è aperto nella città: quello tra chi può permettersi i nuovi appartamenti riqualificati e chi invece ne è escluso. Insomma, la buona vecchia stratificazione sociale che divide ricchi e poveri ha ripreso a funzionare e i margini divergenti delle classi sociali si stanno allontanando sempre di più.

Crisi del 2008 e rifugiati ucraini

Con la crisi del 2008 chi vuole assicurare i propri investimenti lo fa attraverso gli immobili, e Berlino è in vendita. Un processo iniziato alla fine del secolo scorso ha subito quindi una notevole accelerazione, dal 2009 gli affitti sono aumentati ogni anno del 10% in media.

La crisi immobiliare, inoltre, si è aggravata con l’arrivo dei rifugiati ucraini, i quali hanno chiaramente bisogno di un posto dove poter ricominciare a vivere. Ma la situazione, come già affermato, era in deterioramento da anni, in una tendenza lenta e graduale e che oggi sembra  irreversibile.

In effetti, come si può notare dal grafico seguente, l’affitto per m² di un appartamento dal 2013 a maggio 2023 è quasi triplicato. La tendenza spaventa e come ha dichiarato Regina Baer, ex direttrice del Tresor, non sembra ci possano essere vie d’uscita.

https://guthmann.estate/en/market-report/berlin/

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Resistenza attiva

Nonostante lo sgombero del 9 ottobre 2020 di Liebig 34, Friedrichshain, un collettivo anarchico femminista che occupava l’edificio dal 1990, la popolazione esprime attivamente il proprio dissenso. Manifestazioni e iniziative culturali sono portate avanti dai berlinesi. A inizio luglio, per esempio, gli abitanti del distretto di Pankow hanno organizzato una protesta contro gli sfratti di più di mille appartamenti. 

I berlinesi quindi resistono alla perdita di alloggi a prezzi accessibili con manifestazioni organizzate dal basso. Persone che vivono la città e si oppongono al loro spostamento ai margini urbani. La resistenza passa anche per la cultura: è infatti dello Stadtmuseum l’iniziativa di ospitare una mostra temporanea nell’open space del museo. Una mostra che vuole far riflettere sulla morte simbolica dei luoghi di Berlino attraverso l’installazione “Funeral for affordable rents”. Un’altra iniziativa che vuole sensibilizzare il pubblico è “We’re staying”, un tour guidato di alcuni dei quartieri della città per mostrare i volti della gentrificazioni. Secondo gli artisti che hanno preso parte all’iniziativa, gentrificazione e cultura sono collegate e lo dimostrano attraverso le sculture posizionate per tutta la città.

A cosa siamo disposti a rinunciare?

Forse, però, la gentrificazione la vogliamo tutti. A questo punto quanti di noi sarebbero disposti a rinunciare alle comodità che una città globalizzata ci può offrire? Si devono fare i conti con i pro e i contro di un posto che da un lato ci offre la facile reperibilità di qualsiasi prodotto – dal piatto di pad thai al regalo dell’ultimo momento che ci arriva comodamente a casa in poche ore. Dall’altro, l’angoscia di trovarsi senza casa nel giro di un attimo può perseguitare i sogni anche delle persone più chill.

Diventa difficile quando vogliamo tutti vivere esperienze fuori dal comune, che ci facciano sentire unici e originali ma allo stesso tempo inseriti in una comunità internazionale di sconosciuti. Orgogliosi, vogliamo condividere le nostre originali tradizioni, ma nei posti e nelle modalità omologate che si possono ritrovare in qualsiasi metropoli. Penso sia naturale la riflessione successiva in merito alla sostenibilità di questo tipo di vita. Sia per quanto riguarda l’inquinamento dei mezzi che fanno arrivare la burrata napoletana alla Lidl di Kreuzberg, sia per ciò che ha a che vedere con la produzione massiva e il conseguente sfruttamento intensivo del suolo. D’altra parte, non si può certo pensare di cucinare una torta paradiso utilizzando solo farina autoprodotta con grani antichi o uova della gallina del vicino.

Come si fa quindi a coniugare questa duplicità intrinseca, che chiunque arrivi a Berlino, viva senza inserirsi e incentivare un sistema che snatura la città stessa? Domanda a cui , sinceramente, non ho una soluzione. Di sicuro, però, c’è bisogno di ripensare gli spazi della collettività non come luoghi in cui ogni individualità emerga egocentrica, ma dove una comunità possa collaborare e fiorire insieme. Dobbiamo essere capaci di mantenere le nostre diversità senza sopprimerne altre. Chi ha un’idea, a questo punto,  si faccia avanti.

 

Leggi anche: Un meraviglioso video racconta la gentrificazione del quartiere berlinese di Kreuzberg

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