Europa inasprisce le politiche migratorie

A Lussemburgo, il Consiglio europeo si è riunito giovedì per decidere sulle nuove politiche migratorie europee

Da inizio giugno sono iniziate le trattative tra i primi ministri dei Paesi membri per arrivare a una decisione che sarà alla base dei negoziati tra Presidenza del Consiglio e Parlamento europeo. Lo scopo è la creazione di un patto sulla migrazione e l’asilo che possa aggiornarnare le norme contenute nel Trattato di Dublino. Firmato nel 1990, il Trattato disciplina la materia relativa al sistema di accoglienza e delle richieste d’asilo all’interno dell’Unione europea.

Il fine ultimo è quello di negoziare una soluzione giuridica finale entro l’inizio del prossimo anno. In particolare, la maggioranza degli Stati membri richiede una protezione più efficace delle frontiere esterne all’UE per prevenire l’aumento della “migrazione illegale” insieme a delle politiche di rimpatrio più restrittive.

Non sarà di sicuro una sfida semplice dato che i governi nazionali hanno posizioni diverse e divisive sul tema migrazione. Molti politici dell’UE, inoltre, temono che un eventuale fallimento delle nuove politiche migratorie possa essere sfruttato dai partiti populisti di destra in vista delle elezioni europee di giugno 2024.

I punti chiave del nuovo patto sulla migrazione e l’asilo

Il nuovo regolamento fissa delle procedure comuni in tutta l’UE e stabilisce degli standard per i diritti dei richiedenti asilo, come per esempio la possibilità di avere un interprete o assistenza legale, al fine di prevenire gli abusi del sistema.

Le procedure a cui fa riferimento l’APR (regolamento sulla procedura di asilo) regolano le modalità secondo cui le persone che presentano domanda d’asilo, in un punto qualsiasi di frontiera esterno all’UE, saranno sottoposte a uno screening dalle autorità competenti. I dati raccolti – quali identità, sicurezza e salute – serviranno a selezionare i migranti che hanno buone possibilità di ricevere lo stato di protezione, i quali potranno passare alla procedura d’asilo vera e propria. Nel caso invece di espulsione, questa sarà facilitata per via del fatto che i centri d’asilo non sono considerati territorio dell’Unione europea.

Ciò di cui si è sentito parlare spesso, anche nell’ultimo incontro bilaterale tra Scholz e Meloni, è la volontà di distribuzione solidale di responsabilità e competenze. Il nuovo meccanismo di solidarietà previsto non delega più la responsabilità al solo Stato membro di arrivo, ma fa riferimento a una “solidarietà obbligatoria con flessibilità degli stati membri per quanto riguarda la scelta dei contributi”. Come per esempio la ricollocazione, i contributi finanziari o misure di solidarietà alternative, come l’invio di personale competente.

Le conseguenze per i Paesi membri

Il regolamento scoraggia i movimenti secondari, riducendo la possibilità per i richiedenti asilo di scegliere lo Stato membro in cui presentare la domanda. Concretamente c’è l’obbligo di presentare la domanda negli Stati membri di primo ingresso o di soggiorno legale. La misura in questione ha particolare rilevanza per la Germania, in quanto nel 2021 ha ricevuto 140.175 richieste d’asilo nonostante non abbia confini esterni all’Unione europea, a fronte delle 45.200 richieste ricevute nello stesso periodo in Italia.

La posizione del Parlamento differisce però da quella dei ministri degli Interni. Ad esempio gli eurodeputati chiedono che le procedure d’urgenza nei centri per richiedenti asilo alle frontiere non siano rese obbligatore, ma rimangano volontarie per gli Stati membri alle frontiere esterne. È quindi probabile che le opinioni differenti tra Consiglio Europeo e Parlamento possano ritardare la gestione burocratica delle richieste d’asilo.

 

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