I finalisti dello Strega all’Istituto Italiano di cultura a Berlino

Martedì 20 giugno, i cinque finalisti del premio Strega sono stati ospiti dell’Istituto Italiano di cultura a Berlino

Nonostante siano passate alcune settimane dall’evento, ci sembra interessante approfondire la presentazione della Cinquina del premio Strega, usando l’evento come pretesto per delle riflessioni sul mondo della narrativa e dell’editoria italiana al giorno d’oggi.

L’evento si è inserito nel contesto della “Cinquina on tour” che porterà i finalisti del premio Strega ad incontrare il pubblico in 16 diverse tappe, di cui Berlino è l’unica non italiana. In effetti l’Istituto Italiano di Cultura Berlino è membro della giuria dal 2021. Nella capitale tedesca, inoltre, votano per il Premio Strega Giovani anche allieve e allievi del liceo italo-tedesco Einstein. Tra il pubblico erano quindi presenti non solo membri della giuria, ma anche italiani all’estero, tedeschi interessati a seguire le novità culturali italiane e giovani studiosi. 

Gli autori presenti erano Rossella Pastorino, Maria Grazia Calandrone, Andrea Canobbio e Romana Petri. La scrittrice Ada D’Adamo, venuta a mancare due giorni dopo l’annuncio della candidatura al premio, è stata rappresentata dall’editrice Loretta Santini. 

Mario Desiati, vincitore della scorsa edizione del premio Strega con Spatriati, ha moderato l’incontro. Gli scrittori hanno potuto confrontarsi con il pubblico, raccontando come abbiano trovato la voce del libro e qual è stato il percorso che li ha portati a narrare la loro storia. 

Come vendersi al meglio?

La prima richiesta fatta agli autori è stata quella di fingersi promotori editoriali a una mostra del libro e convincere il pubblico a leggere, e quindi comprare, il libro. In generale la sfida è stata accolta con una certa serietà nel voler presentare la propria opera come un testo fatto di duro lavoro e grande dedizione. 

I cinque libri hanno come comune denominatore le relazioni familiari. Tutti gli autori, chi in modo più esplicito, chi meno, affrontano i rapporti generazionali che li hanno segnati. A volte il legame è diretto, come nel caso di Dove non mi hai portata di Calandrone o Come d’aria di D’Adamo. Altre volte invece c’è un rapporto indiretto o più distante che fa comunque percepire una costruzione dell’identità basata sull’assenza/presenza delle figure genitoriali, come in Rubare la notte di Petri. In generale i finalisti del Premio Strega affrontano la relazione con gli antenati, parlando alle nuove generazioni di “come si stava meglio quando si stava peggio”, per quella che si spera sia una delle ultime volte. 

La “voce” della storia

Le esperienze che hanno portato gli autori a trovare la “voce” della storia sono state diverse e sicuramente molto personali. Spesso è successo in seguito a lunghi periodi di studio della tematica trattata nel libro. Rosella Pastorino ha avuto l’idea per Mi limitavo ad amare te successivamente alla lettura di un articolo di cronaca. Ha così deciso di approfondire lo studio della guerra in Jugoslavia degli anni ‘90. Ma è stato solo con l’avvento della pandemia e le difficili situazioni familiari presentatesi che è riuscita ad entrare nel vivo della tematica. Forse in modo un po’ audace paragona la sua esperienza con la malattia e la morte in famiglia alle vicende traumatiche vissute dai bambini di Sarajevo durante e dopo la guerra, ma come ha affermato l’autrice “ho sentito che l’articolo [di cronaca] mi riguardava”. 

Non solo studio storiografico però. Andrea Canobbio è testimone di quanto la letteratura possa intersecarsi con la vita quotidiana e in particolare con la topografia di una città. La traversata notturna, infatti, è un libro che “parla di depressione senza essere deprimente” e riesce in questa ambizione proprio grazie alla particolare fisionomia del romanzo. Il lettore viaggia nella Torino della seconda guerra mondiale e del successivo boom economico grazie ai luoghi simbolo della relazione coniugale prima, e famigliare poi. Questa “macchina della memoria” privilegia lo spazio al tempo e crea un romanzo disarticolato che mescola senza ordine felicità e tristezza. 

Un mercato che vale più dei libri che vende

La sensazione, quando si parla di narrativa italiana, è che il mercato abbia più rilevanza sociale del contenuto dei testi in questione. L’inserimento dei testi, sotto etichette che parlino del libro prima ancora che possa essere letto, porta i lettori ad avvicinarsi ai testi, solo quando non si sentano estromessi da quelle etichette.

Vestire un testo di tematiche socialmente rilevanti è importante, ma estromette tutto quel pubblico che si avvicinerebbe al testo spontaneamente, senza passare dalla categoria. La sensazione da lettore è quella che sia, per il mondo editoriale italiano, molto più importante tracciare il pubblico per prevedere incassi e resa, invece di trattare la narrativa per quello che è: uno spazio spontaneo di espressione creativa che, di questo passo, avrà veramente poche differenze con la televisione.

Perché allontanare i giovani dalla letteratura?

Il problema generazionale della narrativa, è proprio quello che non esiste l’intento di parlare ai giovani: si parla alla storia, come se questa fosse avulsa dalle persone che ci vivono. Un dialogo invecchiato quello premiato dallo strega quest’anno, in cui c’è sempre un rapporto genitore figlio in cui, i figli, sono sempre i genitori, se non i nonni, di adesso. In Italia abbiamo paura del cambiamento, come se ci portasse a perdere qualcosa di imprescindibile che, però, culturalmente ci castra.

Risulta strano, infatti, sentire la presentazione dei testi a Berlino, città che, nonostante sia molto consapevole della sua storia, non ha paura di trasformarsi. I lettori sono meno del passato perché la letteratura italiana è stata allontanata dai processi di riappropriazione giovanile. Non vi è più una rottura, una rivendicazione di libertà dentro le narrazioni “alte” del presente come quella scritta, bensì un radicamento ossessivo verso l’auto-conservazione come quella dannunziana ne “Il Piacere” , l’arte come contemplazione del bello, che si esaurisce nel non voler cambiare.

I nostri complimenti vanno necessariamente ai cinque scrittori selezionati, essendo lo strega un premio prestigioso. La critica che avanziamo, però, tocca la gestione del premio, che cerca di conservare un’identità letteraria, chiudendosi nei preconcetti tematici novecenteschi. Questo serve a salvaguardare il valore culturale della letteratura oppure a tenersi stretto quel pubblico che ha portato la narrativa ad allontanarsi dai giovani?

 

Articolo di Irene Ciprian e Simone Speciale

 

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