I 10 più famosi emigrati tedeschi negli Stati Uniti: seconda parte

I più famosi emigrati tedeschi costretti a fuggire negli USA a causa delle loro origini ebree durante la dittatura nazista

Continuano le storie di fuga durante la seconda guerra mondiale. La lista di emigrati tedeschi in fuga dal nazismo è infinita e perciò abbiamo fatto una selezione dei personaggi le cui vicende riteniamo più particolari. Nella scorsa parte ci siamo occupati di emigrati tedeschi più noti a livello storico, come ad esempio Einstein o Hannah Arendt. Proseguiamo dando luce anche a personaggi forse meno conosciuti, ma comunque degni di nota per i contributi che hanno lasciato ai posteri.

William Wyler (1902, Mülhausen – 1981, Los Angeles): regista

Wyler è uno dei registi più importanti e di successo della storia di Hollywood, la mente dietro a film leggendari e sempre apprezzati dalla critica. È diventato famoso per essere un maestro di lavoro senza limiti, che insisteva per fare riprese su riprese. Il suo soprannome era infatti “il Wyler dei quaranta ciak”. I record da lui raggiunti parlano forte: tredici nomination agli Oscar per miglior film e 3 Oscar per miglior regia. Per non parlare degli altri riconoscimenti come il Golden Globe e il British Film Academy Award per Ben Hurpremiato come miglior film.

La madre è stata una figura di riferimento molto importante per il regista. Spesso lo portava a concerti d’opera, a teatro e al cinema. Quando William ha poi cominciato ad allontanarsi dall’attività di merceria familiare, la madre lo ha presentato a suo cugino, Carl Laemmle. Capo degli Universal Studios, era in l’Europa alla ricerca di nuovi talenti per Hollywood.

Il fatto di avere dei parenti così stretti nel mondo del cinema non è stato sinonimo di porte immediatamente aperte e favoritismi. Dopo 3 anni di formazione cinematografica a New York, William diventò il più giovane regista della Universal, all’età di 23 anni. I suoi progetti si sono poi espansi in diversi generi, tra i più celebri ricordiamo “Hell’s Heroes” – il primo film interamente sonoro della Universal; il teso dramma giudiziario “Counsellor at Law“; la commedia romantica, “The Good Fairy“; e dei classici come “Il gobbo di Notre Dame” e “Ben-Hur” negli anni ’20. Senza dubbio, è una delle figure principali della storia del cinema che tutt’ora influenza la cultura americana.
emigrati tedeschi

William Wyler – Oscar 1960

Erich Fromm (1900, Francoforte sul Meno – 1980, Muralto, Svizzera): psicoanalista, filosofo e sociologo tedesco-americano 

Lo psicoanalista e psicologo sociale Erich Fromm ha cercato di combinare il pensiero psicologico a quello sociologico. Le sue opere più famose sono La paura della libertà, L’arte di amare e Avere o essere? Il suo interesse principale era la ricerca dei prerequisiti psicologici per una coesistenza sociale di successo.

Nato da una famiglia ebrea molto osservante, studiò al Berliner Psychoanalytisches Institut (Istituto di Psicoanalisi di Berlino), città che vide poi il suo inizio di carriera come psicoanalista freudiano ortodosso. Dopo l’ascesa del nazismo, fu uno degli innumerevoli emigrati tedeschi in fuga, prima verso Ginevra e poi oltreoceano.

Fu uno dei principali esponenti del movimento “culturalista”: freudiani rivoluzionari affascinati dall’influenza dei fattori sociali nella formazione della personalità umana. Il culmine di questa corrente è rappresentato dal libro Psicoanalisi della società contemporanea (1955), scritto da Fromm stesso. Fromm distingue tra “istinti” – bisogni primari – e “pulsioni” – bisogni secondari di tipo psichico. Il carattere umano è inteso qui come il modo in cui l’individuo usa la sua energia psichica in funzione delle proprie esigenze individuali in un dato contesto sociale e ambientale.

Altre sue analisi lungimiranti si trovano nel best seller Avere o essere? (1976). In questo caso, Fromm analizza queste due filosofie di vita completamente all’opposto. “Avere” è il consumismo sfrenato proprio della società capitalistica. “Essere” è invece la realizzazione di sé stessi di cui hanno parlato i grandi maestri di vita come Buddha, Gesù o Mahatma Gandhi. 

Emigrati tedeschi

Erich Fromm

Walter Gropius (1883, Berlin – 1969, Boston): architetto

Gropius rivoluzionò l’approccio all’arte negli anni Venti grazie al suo ruolo di direttore della scuola d’arte di Weimar, la “Staatliches Bauhaus”. Tutt’oggi è considerato un pioniere dell’architettura moderna. Gropius entrò in contatto con l’architettura molto presto, per lavorare poi nello studio di Peter Behrens, considerato il fondatore dell’architettura industriale moderna e funzionale..

Il suo primo incarico importante – la fabbrica Fagus ad Alfeld an der Leine nel 1911 – diventò poi la tendenza dell’architettura moderna in Germania. Di fatto, Gropius usò in maniera innovativa materiali come l’acciaio e il vetro in un edificio dalle forme semplici.

Nel 1919 fondò a Weimar la Bauhaus, denominata così per riprendere il nome delle capanne medievali in cui si fondevano arte e artigianato. All’interno si tenevano corsi introduttivi sulla forma, il colore e la natura dei materiali. Il suo sogno era creare un “edificio del futuro”, un’opera d’arte totale, che combinasse insomma perfettamente architettura, arte, artigianato, design e industria.

L’ascesa del nazionalsocialismo segnò la fine dell’attività della Bauhaus. La scuola fu una spina nel fianco per i nazisti, che chiusero quindi l’edificio. Viste le condizioni sempre più difficili per gli architetti modernisti, Gropius si trasferì prima in Inghilterra e poi negli Stati Uniti. Insegnò ad Harvard per 13 anni e continuò a lavorare come architetto libero professionista.

Emigrati tedeschi

Walter Gropius

Henry Kissinger (1923, Fürth – ): politico, diplomatico tedesco

Altro importante personaggio tra gli emigrati tedeschi è Kissinger, politico ancora in vita. Appartenente ad una famiglia di ebrei tedeschi di umili origini, Kissinger crebbe coltivando la passione per il calcio e sperimentando personalmente le violenze della Gioventù Hitleriana, il bullismo dei coetanei e le prepotenze delle forze dell’ordine.

A New York, tra un lavoro e l’altro, Kissinger si arruolò nell’esercito americano durante la seconda guerra mondiale. Grazie alle sue origini tedesche e alla sua perspicacia entrò poi nell’intelligence militare. Dopo questa esperienza, la sua vita cambiò per sempre: se la seconda guerra mondiale mise le forze armate a conoscenza di Kissinger, gli anni Cinquanta lo portarono al cospetto della Casa Bianca.

Il destino volle che Kissinger e Richard Nixon si incontrassero ad una festa per diventare poi inseparabili. Questa amicizia cambiò il mondo. Nixon, infatti, appena insediatosi nella Casa Bianca, scelse Kissinger come Consigliere per la sicurezza nazionale. La sua visione delle relazioni internazionali fu molto incisiva durante la guerra Fredda – tanto da fargli conseguire il premio Nobel per la pace nel 1973.

Emigrati tedeschi

Nixon a sinistra e Kissinger a destra mentre discutono

Erich Maria Remarque (1898, Osnabrück – 1970, Locarno, Schweiz): scrittore, ultimo dei nostri emigrati tedeschi

Remarque è uno degli scrittori più conosciuti della letteratura tedesca. Le sue opere sono profondamente segnate dalla storia tedesca del XX secolo: l’infanzia nella cittadina imperiale di Osnabrück, l’esperienza traumatica nell’esercito tedesco durante la prima guerra mondiale e il suo esilio in Svizzera e negli Stati Uniti.

Dopo la prima guerra mondiale lavorò ufficialmente come bibliotecario, insegnante e giornalista. La scrittura, seppur sua grande passione, era ancora una attività per il tempo libero. Per anni ricevette infatti solo rifiuti da parte degli editori, spaventati dalla schiettezza dei suoi testi. Remarque esaminò infatti la crudeltà della guerra in modo toccante. Cercò di far mantenere ai suoi personaggi una vita degna e “umana” nonostante l’oppressione e il terrore.

Il primo romanzo pubblicato fu Niente di Nuovo sul Fronte Occidentale (1929): racconta l’esperienza in guerra di un soldato diciannovenne. Dopo averlo scritto, Remarque ottenne riconoscimenti a livello mondiale per il suo messaggio pacifista. L’anno successivo il romanzo best-seller fu trasportato sul grande schermo, in un film con l’omonimo titolo.

La reazione da parte dei nazionalsocialisti davanti al successo del libro e del film – premiato come miglior film e come migliore regia – non tardò ad arrivare. Accusarono Remarque di anti-patriottismo e sparsero le voci che lo scrittore fosse ebreo e che non avesse mai fatto la guerra. Partì così la campagna diffamatoria senza limiti nei suoi confronti: le copie dei suoi libri furono bruciate e nel 1938 gli venne tolta la cittadinanza tedesca.

Lo scrittore fu quindi costretto a fuggire prima in Svizzera e poi in America. I suoi lavori successivi trattarono questi eventi autobiografici: l’abbandono della Germania, le storie d’amore clandestine, lo smarrimento dei soldati tedeschi e il doloroso esilio.

Emigrati tedeschi

Erich Maria Remarque

Leggi anche: la prima parte di questa lista

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Immagine di copertina: foto di Leni