Germania, carbone colombiano sostituirà quello russo. Ma preoccupano le conseguenze ambientali e umanitarie

El Cerrejon, la più grande miniera di carbone a cielo aperto dell’America Latina e una delle più grandi al mondo. Questa, secondo il Cancelliere Scholz, è la più facile alternativa ai rifornimenti di carbone russo, ma non senza grosse conseguenze umanitarie

Negli ultimi anni, consumo e produzione di carbon fossile nell’Unione Europea sono diminuiti, in linea con gli obiettivi di decarbonizzazione. Tuttavia, se da una parte l’Unione Europea ha tagliato la produzione, dall’altra ha raddoppiato l’importazione passando dal 30% a oltre il 60% del consumo interno. Un po’ come per il gas, Mosca ha svolto un ruolo importante nel colmare il divario tra il consumo interno europeo e la produzione, con le importazioni in aumento da 8 milioni di tonnellate (7% delle importazioni totali dell’Unione Europea) nel 1990 a 43 milioni di tonnellate (54% delle importazioni totali dell’Unione Europea) nel 2020. La quota russa delle importazioni di carbone termico è quasi il 70% con Germania e Polonia che sono i paesi più dipendenti.
Con l’interruzione dell’importazione di carbone dalla Russia, la paura è che diversi Paesi europei si trovino a dover affrontare crisi energetiche ancora più gravi quando la domanda di riscaldamento aumenterà il prossimo inverno, così come bollette più alte per i consumatori e l’industria. Ci sono però delle contromisure. A livello globale, i maggiori produttori di carbone sono Indonesia, Australia, Russia, Colombia, Sudafrica e Usa. In linea di principio dunque, le spedizioni dai paesi che negli ultimi anni hanno ridotto le esportazioni verso l’Unione Europea sono ancora ampiamente disponibili per sostituire il carbone russo.

Il Cancelliere tedesco Olaf Scholz avverte che se la Germania vuole porre fine alla sua dipendenza dal carbone russo, deve trovare urgentemente un’altra via. L’alternativa di cui parla Scholz risiederebbe in Colombia, nella più grande miniera di carbone a cielo aperto dell’America Latina e una delle più grandi al mondo: El Cerrejon. La gente del posto lo chiama non a torto “The Monster”, per la sua estensione su oltre 69.000 ettari e il suo consumo di 30 milioni di litri d’acqua ogni giorno nell’arido semi-deserto del secondo dipartimento più povero della Colombia, La Guajira. Secondo le intenzioni del Cancelliere tedesco, El Cerrejon potrà giocare un ruolo importante nel garantire le future riforniture di carbone per la Germania.

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Miniera carbonifera colombiana El Cerrejón

Gli spaventosi risvolti umanitari dell’iniziativa economica

Scelta certamente più economica che umanitaria quella del Cancelliere Scholz, che nei suoi piani pare aver trascurato di considerare gli assai scarsi standard ambientali e di diritti umani dell’enorme miniera colombiana. Dietro le allettanti prospettive di arricchimento e rifornitura di combustibile, si nascondono infatti realtà non altrettanto piacevoli: sfruttamento, espropriazione, reinsediamento forzato, espulsione, distruzione, danni ambientali irreparabili. Negli ultimi anni il tasso di mortalità infantile nelle comunità circostanti è aumentato notevolmente: circa 5.000 bambini Wayuu sono morti di fame e sete nella regione intorno alla miniera. “Tutto ciò è causato dalla carenza d’acqua, perché fiumi e torrenti sono contaminati o si sono prosciugati”, spiega Rosa Maria Mateus Parra, avvocato per i diritti umani. “E dalla mancanza di cibo, perché ora viene estratto il carbone dove le comunità indigene coltivano le loro verdure. I bambini che sopravvivono hanno eruzioni cutanee e malattie respiratorie a causa dell’inquinamento da particelle fini. Lo abbiamo dimostrato in tribunale”.

Le persone del luogo conducono un’esistenza di povertà e di stenti: la grande miniera rappresenta per loro al contempo fonte di sostentamento e causa di malattia e morte. Dulcy Cotes, una dei quasi 700.000 indigeni Wayuu che vivono in Venezuela e Colombia, ha descritto molto accuratamente in un’intervista i turni di lavoro massacranti a cui sono costretti i lavoratori della miniera, le infezioni e i decessi causati dalla eccessiva polvere di carbone inspirata ogni giorno. Tutto ciò senza alcuna forma di risarcimento. Una situazione di massimo sfruttamento.
Questo popolo fu fra i primi, più di 500 anni fa, ad essere perseguitato dai conquistadores europei. Mezzo millennio dopo, fu tra le vittime dei cartelli illegali della droga armata, che li uccisero, estorsero loro denaro, e li cacciarono fuori. Adesso la storia si ripete per la terza volta per i Wayuu, la maggior parte dei quali vivono vicino all’oro nero di El Cerrejon.

Apüshi wayuu, Leonfd1992, Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0,https://commons.wikimedia.org/w/index.php?search=Wayuu&title=Special:MediaSearch&go=Go&type=image

Famiglia Wayuu

Qualche speranza per il popolo dei Wayuu

Una speranza per il popolo dei Wayuu è ancora rappresentata dal possibile e augurato futuro governo di Gustavo Petro. Economista ed ex sindaco della capitale Bogotà, leader di sinistra, Petro appare come l’unico candidato critico sullo sfruttamento della natura, mentre gli altri ancora promuovono la continuità delle esportazioni del carbone per tenere sotto controllo la situazione economica interna, a scapito delle condizioni umanitarie al limite del sostenibile.
Stefan Ofteringer, consulente per i diritti umani tedesco, lavora in Colombia per Misereor, l’organizzazione umanitaria della Chiesa cattolica in Germania. Ofteringer ha raccontato di aver visto “The Monster” con i suoi occhi. Alcuni anni fa ha camminato lungo il bordo della miniera nel caldo ardente di La Guajira. “Da un lato, c’è questa massiccia distruzione. Poi c’è l’enorme quantità di inquinamento da particelle fini, sia dall’estrazione mineraria che dal trasporto di carbone. E i tremori della terra e il rumore delle esplosioni quotidiane. La miniera tedesca di Garzweiler (una miniera di lignite a cielo aperto, una delle più grandi del paese) è un gioco da ragazzi in confronto”, queste le parole di Ofteringer.
Verrebbe da chiedersi a questo punto se reagire economicamente all’offensiva bellica di Putin perpetuando e inasprendo lo sfruttamento a cui da decenni sono sottoposte popolazioni del così detto “Terzo Mondo”, non sia esso stesso un comportamento altrettanto deprecabile e biasimabile. Se rispondere alla terribile crisi umanitaria attualmente in corso in Ucraina trascurandone e perpetrandone un’altra, di cui meno si parla e discute, a fini di profitto economico e indipendenza dai rifornimenti di combustibile russi, possa davvero essere la giusta risposta. Ma soprattutto sarebbe legittimo chiedersi se può ed è giusto che il fallimento o la mancata stipulazione di un accordo fra gli attuali vertici delle potenze mondiali, riguardante l’importazione ed esportazione di combustibili fossili, provochi conseguenze tali su un intero popolo, costretto a convivere quotidianamente con mortalità infantile, malattie, distruzione.

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 Immagine di copertina: © Foto Hour.poing da Wikimedia Commons