Andreina Noce, in arte Eva Geist: “Dalla Calabria a Berlino per dedicarmi alla musica elettronica”
La musica elettronica gode della stessa legittimazione in Italia e in Germania? Andreina Noce, in arte Eva Geist, racconta la sua esperienza di compositrice emigrata a Berlino
In una pubblicazione del 2007 intitolata The Rest Is Noise: Listening to the Twentieth Century, il critico musicale americano Alex Ross formulò una domanda che da lì a poco sarebbe stata definita da Alessandro Baricco “ingenua e quindi intelligente”: perché i quadri di Picasso e Pollock vengono venduti per milioni di dollari e la musica colta prodotta nello stesso secolo suscita ancora delle perplessità nel pubblico?
Se nell’interrogativo di Ross sostituissimo il termine colta con extracolta – intendendo con quest’ultima espressione quelle istanze che pur possedendo valenza culturale non vengono tradizionalmente trattate in ambito accademico – scopriremmo che la ritrosia da parte del pubblico resta invariata. Non si tratta però di un fenomeno universale: alcuni paesi mostrano un grado di apertura maggiore rispetto ad altri. Per dare testimonianza di ciò si è deciso di comparare la ricezione della musica elettronica tra l’Italia e la Germania attraverso l’esempio di Andreina Noce, in arte Eva Geist, compositrice italiana emigrata a Berlino nel 2013 e residente oggi a Roma.
“Dopo aver iniziato il mio percorso con la musica classica ho scoperto c’era dell’altro: c’era la sperimentazione”
“Ho iniziato a studiare musica classica da bambina in una scuola che si trovava all’interno di una parrocchia in Calabria, la mia regione di origine. Ho trascorso dieci anni studiando pianoforte e cantando all’interno di un coro polifonico. Dopodiché ho sostenuto un esame per entrare al conservatorio di Vibo Valentia. La mia è stata una formazione umanistica, oltre che classica… Finché poi ho cominciato a stufarmi. Il contesto della musica classica è piuttosto duro e io sono una persona introversa e timida. Per cui ho lasciato, laureandomi a Roma in Storia del Cinema e iniziando a lavorare nei set cinematografici, pensando che la musica fosse solo un hobby”.
“Proprio a Roma, tramite mia sorella che collezionava dischi e ascoltava musica alternativa, ho conosciuto delle persone che erano all’interno dello scenario musicale underground. Ho cominciato a frequentare questi concerti, fin quando sono stata io stessa a entrare nella sala prove per guardare le altre band. Un giorno mi hanno messo in mano proprio uno strumento, un organo elettrico, e mi hanno chiesto di suonare con loro! Da lì ho cominciato a capire che la musica è importante e che grazie a essa potevo provare godimento anche nel suonare delle cose semplici composte da me. Ho scoperto che oltre alla musica colta c’era dell’altro: c’era la sperimentazione!”
“Il passaggio dalla musica elettrificata alla elettronica è avvenuto dopo un concerto che vidi all’Auditorium di un duo ormai inesistente: i Pan Sonic. Utilizzavano gli oscillatori analogici e quel suono lì mi ha sconvolto: era talmente caldo, talmente nuovo che dissi di volere fare la stessa cosa. Successivamente ho comprato il sintetizzatore e ho iniziato a sperimentare su di esso”.
“La scelta di trasferirmi a Berlino è derivata dalla volontà di migliorare le mie competenze nell’ambito della musica elettronica”
“In Italia avevo iniziato a fare synth pop, raggiungendo un discreto successo. Ma nonostante il mio progetto avesse trovato un’etichetta, dei finanziatori e dei supporti, continuavo a sentire addosso il pregiudizio di molti: quello che facevo era ancora visto come alieno. Ho lasciato quindi l’Italia nel 2013 per spostarmi nella patria di sperimentatori come Karlheinz Stockhausen, Klaus Schulze e i Tangerine Dream, dove la musica elettronica è ampiamente riconosciuta e istituzionalizzata“.
“Qui i giovani come noi crescono con questo tipo di sonorità e proprio per tale motivo sono abituati ad ascoltare musica elettronica già dalle scuole superiori. Io invece ho l’ho scoperta relativamente tardi, all’età di venticinque anni. Il riconoscimento in Germania avviene anche sul piano burocratico e su quello finanziario. A Berlino, alla Universität der Künste, c’è proprio il corso di “Studio di composizione elettroacustica, sound art e ricerca sonora”. Quando accadeva questo in Germania, non so se i conservatori italiani, dove dalla fine degli anni Novanta si insegna anche musica elettronica, fossero già stati equiparati a università”.
“Pensa inoltre al Berghain: uno dei club più famosi al mondo; la Corte delle finanze di Berlino-Brandeburgo ha riconosciuto le serate come veri e propri eventi culturali. È stato quindi istituzionalizzato. Nel nostro Paese è grosso invece il peso della tradizione e i fondi dei Beni culturali sono spesso devoluti alla musica classica. Ma in realtà l’Italia è al primo posto per sperimentazione musicale! Veniamo molto studiati all’estero e, paradossalmente, ho conosciuto tante cose italiane in Germania”.
“Sono molto legata ai luoghi simbolo dell’underground”
“Ho suonato in tantissimi posti a Berlino, ma ho mantenuto un legame per quei luoghi simboli dell’underground, vicini ai miei esordi romani. Il punk, la sperimentazione, la libertà si provano soltanto in questi posti più nascosti. Alcuni di loro sono cresciuti nel tempo, altri, come il Del Rex a Neukölln, non esistono più. In quest’ultimo ho tenuto il mio primo concerto come Eva Geist”.
“Ho scelto di chiamarmi Eva Geist dopo essere arrivata in Germania”
“Sono arrivata in Germania come tanti italiani, ovvero con il rifiuto. Per questo mi sono trovata un nome tedesco: Eva Geist. Volevo il taglio! Però poi, quando ho iniziato a fare i dischi e i giornalisti scrivevano le recensioni, molti affermavano di percepire delle nuances melodiche mediterranee dove era possibile sentire il mare”.
“Più avanti mi sono resa conto che inconsciamente, negli anni in cui studiavo Storia del Cinema, avevo assimilato delle influenze dalle colonne sonore. E quindi, involontariamente, ho iniziato a fare questa musica elettronica che dicevano essere cinematica, nello stile di Morricone. Man mano ho rivalutato le mie origini e ho inciso un disco pensato appositamente per l’Italia e distribuito da un’etichetta italiana. Il progetto, dal titolo Il quadro di Troisi è nato in collaborazione con Donato Dozzy; alla fine la pubblicazione è avvenuta attraverso un’etichetta tedesca“.
“A Berlino sono stata molto coinvolta nel problema delle donne all’interno del mondo della musica elettronica“
“Ho lavorato insieme a gruppi di attiviste e ho avuto un periodo di attivismo. Difatti, quando è uscito il documentario dedicato alle pioniere della musica elettronica Sisters with transistors, con le mie colleghe ci si lamentava del fatto che chiamavano gruppi intesi come quote rosa. Non è stato un grosso problema per me”.
Attualmente Andrea Noce sta presentando “Aqua Mantras“: una nuova performance nata da una commissione da parte dell’organizzazione no-profit Sound Earth Legacy e progettata con l’artista Maria Torres. L’esperienza che ha condiviso ha permesso di far luce sulle differenze e le somiglianze fra i due Paesi, ma ha anche riferito di un potenziale italiano nel genere della musica elettronica che non è noto o, talvolta, riconosciuto perché commisto a elementi che appartengono a generi diversi. Negli ultimi anni è stato attivato un processo di legittimazione per opera di giovani associazioni che promuovono concerti in tutta Italia, come l’Italian Music Festivals.
Tornando dunque all’interrogativo iniziale sul perché i fruitori mostrino diffidenza rispetto a una produzione che affonda le sue radici nel XX secolo, si potrebbe rispondere al quesito in termini geografici e temporali. I compositori italiani ambiscono alla medesima riconoscenza che viene loro mostrata in Germania; pare però che i tempi di maturazione non siano gli stessi.
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Immagine di copertina: Transistor, screenshot da YouTube