Der Spiegel: “Siamo alla fine della prosperità della Germania e degli altri paesi democratici”
Secondo il settimanale Der Spiegel l’era della globalizzazione è finita, mentre il numero di paesi democratici al mondo sta diminuendo pericolosamente. Le conseguenze, sociali ed economiche, potrebbero essere gravi per tutti
Secondo gli studi più recenti, dal 2010 ad oggi i regimi autocratici sono diventati più numerosi e più forti economicamente. Al tempo stesso, in particolare in occidente, i paesi democratici sono diventati meno autosufficienti per quanto riguarda settori chiave come l’energia, la manifattura e l’industria.
Travolta da anni difficili in cui si sono incrociate crisi economiche e umanitarie, cambiamenti climatici, Brexit, Covid e adesso anche la guerra in Ucraina, l’Europa è chiaramente in difficoltà. Der Spiegel, rivista di stampo moderato con la maggior tiratura in Germania, prova a fare il punto della situazione e una previsione per il futuro.
La fine dell’era della globalizzazione
“Per tre decenni ha definito l’ordine mondiale ed è stato il principio guida che ha indirizzato le decisioni politiche” così Der Spiegel definisce la globalizzazione. I legami economici tra le nazioni avrebbero dovuto portare più prosperità e soprattutto pace; cosa succederà adesso che l’attacco della Russia all’Ucraina ha fatto crollare ogni certezza in Occidente? Già il Presidente Biden ha affermato che l’America non deve più fare affidamento sull’import dall’estero. Molti dei più grandi businessmen di ogni paese condividono questo pensiero e infatti sempre più spesso i capitali esteri stanno abbandonando la Cina, complici anche le restrizioni dovute al covid, ritenute eccessive e spesso antidemocratiche per gli standard occidentali.
Il declino della globalizzazione non è iniziato con la guerra in Ucraina. Negli ultimi anni i governi populisti di Ungheria, Brasile e Stati Uniti hanno spinto per una nazionalizzazione dell’economia. In Germania, intanto si pone anche un problema di natura etica: il sistema economico tedesco dipende largamente da quello cinese per quanto riguarda l’import/export, ma se la Cina diventasse aggressiva la Germania non potrebbe imporre sanzioni come ha fatto con la Russia, se non con gravi conseguenze per la sua stessa economia, già in crisi.
La soluzione sembra essere un nuovo modello di globalizzazione che liberi i singoli stati dall’interdipendenza. I tempi di attuazione, però, sono lunghi.
Il futuro dell’economia occidentale
Il vice-cancelliere e ministro dell’economia tedesco Robert Habeck sta cercando nuovi mercati e nuovi partners, specialmente in Medio Oriente, e possibilmente un modello economico più giusto e sostenibile. Nel futuro della Germania il ministro vede una maggiore autonomia, ma anche anche una stretta partnership con un piccolo gruppo di alleati: USA, Canada, Francia e Italia.
In accordo con il Cancelliere Olaf Sholz, Habeck sostiene infine che la totale dipendenza dai mercati delle sorti del mondo deve finire.
Interessante il punto di vista di Larry Fink, fondatore del colosso della finanza Blackrock, raccolto da Der Spiegel. Fink sostiene che l’inflazione, a questo punto, è inevitabile, ma adesso le compagnie hanno imparato che una produzione sicura è più importante di una produzione economica, sarebbe auspicabile quindi uno spostamento verso mercati dove diritti umani e costi contenuti possano convivere, per esempio Messico e Brasile. Al tempo stesso è importante che le industrie si rendano conto che il tema ecologista è ormai di dominino pubblico e non può essere più sottovalutato: ovunque siano i nuovi mercati, si dovrà tenere conto del rispetto dell’ambiente.
Quanto all’Europa, conclude Fink, dovrà investire di più in tecnologia e farlo rapidamente.
Anche la Commissione Europea concorda sulla necessità di liberarsi dalla dipendenza dai regimi autocratici dove materie prime e manodopera sono a basso costo. Prima tra tutti, naturalmente, la Cina. Sfruttare meglio le risorse dell’Europa stessa è un piano comune, per quanto una completa autosufficienza non è realizzabile.
La Cina a porte chiuse
Sempre più spesso le grandi compagnie occidentali lasciano la Cina, messe in crisi dai lockdown che hanno reso quasi impossibile viaggiare da e verso il Paese. Ma non è tutto qui. I consumatori cinesi vengono sollecitati ad acquistare prodotti locali in nome dell’orgoglio nazionale. Sotto la guida del presidente Xi-Jinping la Cina si sta chiudendo sempre di più e la propaganda voluta dal governo sta educando i giovani a guardare con sfiducia, se non proprio ostilità, tutto ciò che viene dall’estero.
La campagna anti-Cina voluta da Trump ha ovviamente aiutato a spingere il Paese in questa direzione.
Quanto alla Germania, conclude Der Spiegel, è chiaro che la Cina non sarà più considerata solo una partner commerciale, ma anche una rivale.
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Immagine di copertina CC0 – foto di mediamodifier