Berlino scende in piazza per Mahsa Amini

A più di una settimana dalla morte di Mahsa Amini continuano le proteste in Iran: la condanna delle Nazioni Unite, le manifestazioni a Berlino, le richieste del NCRI al Bundesregierung. Il punto sulla situazione.

A più di una settimana dalla morte di Mahsa Amini non si fermano le proteste in Iran. Dai video che circolano sui social parrebbe anzi continuare l’escalation di violenze tra polizia e manifestanti. Esperti delle Nazioni Unite hanno condannato la morte di Amini ed esortato le autorità iraniane a evitare l’uso di violenza nel controllo degli assembramenti pacifici.

Nel resto del mondo si sono tenute manifestazioni a sostegno delle proteste iraniane, anche in Germania. A Berlino le prime manifestazioni hanno avuto luogo davanti all’ambasciata iraniana e a Kottbusser Tor. Lo scorso weekend una mobilitazione massiva: oltre al presidio dell’ambasciata ci sono stati raduni in diverse parti della città, i più importanti a Brandenburger Tor, Nettelbeckplatz, e il corteo di Kurfürstendamm.

In ogni dove si chiede accountability da parte del regime iraniano e si manifesta contro la sistematica discriminazione contro le donne. Si reclama la libertà di scelta sul proprio corpo.

“Jin, Jiyan, Azadî”: solidarietà dalla capitale tedesca

Anche Berlino si mobilita in sostegno del dissenso in Iran. La capitale tedesca scende in piazza scandendo l’esclamazione curda transnazionale “Jin, Jiyan, Azadî”, “donne, vita, libertà”.

La prima manifestazione si è tenuta davanti all’ambasciata iraniana già sabato 17 settembre. Il Consiglio Nazionale della Resistenza Iraniana in Germania (siglato in tedesco NWRI), organizzatore della protesta, ha criticato il silenzio del Bundesregierung, che non ha fornito per il momento dichiarazioni ufficiali. Gli esponenti dell’opposizione in esilio richiedono una condanna da parte del governo federale.

Un’altra manifestazione ha avuto luogo lunedì 19 davanti alla stazione metropolitana di Kottbusser Tor. Dopo i discorsi in persiano, curdo e tedesco, che hanno sottolineato l’importanza di una resistenza comune, quattro donne si sono tagliate i capelli al centro della piazza.

Venerdì  23 al raduno alla Porta di Brandeburgo, centinaia di persone hanno manifestato la loro solidarietà ai protestanti iraniani. Diverse donne intervistate hanno ribadito l’importanza della libertà di scelta su che cosa e come indossare: “Ognuno può decidere che cosa vuole. Hijab, no Hijab – ogni singola persona può decidere, non il regime, non la religione.”

Foto di Giorgio Laureti

Sabato 24 settembre si sono radunati alle 13 in Kurfürstendamm Ecke i partecipanti che hanno dato vita al corteo lungo Kurfürstendamm,  che è finito in Adenauerplatz. I manifestanti hanno camminato per il viale seguendo, tra le altre canzoni, una versione curda di Bella Ciao.

 

In Nettelbeckplatz in Berlino Wedding si sono infine riunite nel pomeriggio di sabato intorno alle 550 persone, per una dimostrazione contro il regime iraniano e i femminicidi di Stato. La manifestazione è terminata alle 20, con percussioni e danze che accompagnavano lo slogan “Freiheit, Leben, Frau”.

Mahsa Amini: il caso e le proteste

Mahsa Amini, ventiduenne curda, è morta venerdì 16 settembre, ufficialmente per un attacco cardiaco. Arrestata dalla “polizia morale” martedì 13 settembre a causa dell’outfit non islamico, è caduta in coma durante la detenzione in circostanze che rimangono misteriose e portata all’ospedale di Tehran, dov’è rimasta per tre giorni.

Sorge presto una narrazione diversa rispetto a quella ufficiale: Amini sarebbe morta per un trauma cerebrale causato da più colpi alla testa. Sarebbe arrivata in ospedale già in morte cerebrale. Cresce quindi il sospetto che le cause della sua morte non siano naturali. A crederlo i civili iraniani che scendono in piazza per manifestare contro l’uso della violenza da parte della polizia e la discriminazione delle donne. La polizia respinge fermamente le accuse.

Dalla morte di Amini, le proteste si sono sparse velocemente in diverse città iraniane, sono arrivate a Tehran, hanno scavalcato i confini del Paese. Le donne bruciano in piazza i loro hijab e si tagliano i capelli, gesto ripreso nelle manifestazioni di solidarietà all’estero. Con la crescita delle proteste, è stato bloccato l’accesso a internet in alcune parti di Tehran e del Kurdistan, come alle diverse piattaforme social, nel tentativo di delimitare la diffusione di video che riportano le manifestazioni e la violenta repressione delle forze dell’ordine.

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Immagine di copertina: foto di Paola Cirino