Perché il Museo di Pergamo si trova a Berlino?
Per quale motivo la collezione dell’Ara di Pergamo si trova in Germania e non in Turchia? Come sono giunti questi reperti sino a Berlino? La storia della collezione
Il Museo di Pergamo, situato sull’isola dei musei di Berlino, contiene una tra le collezioni archeologiche più significative e famose al mondo. Al suo interno, oltre alla famosa collezione di antichità classica – che ha poi dato il nome al museo – sono presenti anche il museo delle antichità del vicino Oriente e il museo di arte islamica. Una caratteristica importante lo contraddistingue dagli altri musei: è l’esposizione permanente con le più grandi opere monumentali al mondo. L’attrazione principale è l’altare dedicato a Zeus, originariamente situato nell’antica città di Pergamo e risalente al 160-180 a.C. L’opera monumentale fu fatta erigere da Eumene II in onore di Zeus Sotér e Atena Nikephòros dopo una vittoria decisiva contro i Galati. Il fregio è tutt’ora uno dei capolavori più significativi dell’arte ellenistica. Di eguale monumentalità è la porta del mercato di Mileto del 100 d.C., un vero e proprio capolavoro dell’architettura romana.
Le collezioni d’arte medio-orientale e islamica
La collezione delle antichità del Vicino Oriente Antico è altrettanto imponente. Nella sua esposizione sono presenti oggetti databili ad oltre sei millenni, e 500.000 oggetti tra questi sono tra i reperti più spettacolari mai scavati nella storia dell’archeologia tedesca. Come la porta babilonese di Ishtar e la via processionale. Il Museo di Arte Islamica, aperto dal 1904, non è sicuramente da meno, anch’esso è uno dei più significativi e importanti del suo genere e racchiude capolavori artistici di quei popoli che dal VII al XIX secolo furono influenzati dall’Islam. Le tracce del Medio Oriente sono particolarmente significative nella monumentale facciata di Mshatta del VIII secolo e nella sala di Aleppo del XVII secolo.
Ma come sono giunti questi reperti monumentali sino a Berlino?
La Germania ha da sempre un grande interesse per l’archeologia e fin dall’800 alcuni dei più grandi scavi in Europa e Medioriente furono finanziati e spesso guidati dall’impero. Ad esempio, l’altare di Pergamo fu ritrovato dal tedesco Carl Humann così come è tedesca la scoperta di tanti altri manufatti che si trovano qui dentro. Ma loro collocazione è legittima o è frutto di quella febbre di competizione coloniale che per secoli ha caratterizzato i musei di mezzo mondo? La storia del patrimonio artistico è piena di episodi di rinvenimenti, esportazioni e acquisizione di opere da parte di istituzioni museali o collezionisti privati che entrano in possesso di opere il cui itinerario di trasferimento è difficile da ricostruire. Spesso, nel corso degli anni, i Paesi in cui è avvenuto il ritrovamento, chiedono la restituzione dei reperti archeologici sottrattagli. E’ piuttosto complicato però gestirne i negoziati. Le nazioni più impegnati nella rivendicazione di opere trafugate sono come sempre i Paesi con una maggiore testimonianza artistica, come per esempio Turchia, Grecia e Italia.
Le azioni della Turchia per riappropriarsi dei tesori di Pergamo
Già da diverso tempo la Turchia si è mossa per chiedere al museo di Pergamo di Berlino la restituzione di numerosissime opere. Tutti i reperti pare furono concessi formalmente alla Prussia dall’allora sultano dell’Impero Ottomano Abdul Hamid II nel 1866. È facile presupporre come questo scambio avvenne con finalità reciproche. Infatti proprio in quell’anno partirono i lavori per la ferrovia dell’Hegiaz, realizzata per collegare più facilmente le città sante dell’Arabia a Damasco. Lo scopo presunto era quello di facilitare il pellegrinaggio alla Mecca, anche se sembra più realistico supporre che il sultano perseguisse l’obiettivo di rendere più rapido il trasporto delle truppe verso quei territori. Parallelamente a Berlino veniva costruiti alcuni dei Musei dell’isola dei Musei, tra cui, per l’appunto il Pergamon. Gli oggetti vennero disassemblati e trasportati in Germania e collocati al suo interno. Risulta quindi difficile al giorno d’oggi, se non impossibile, restituire opere di questo tipo. Come però riportato dall’archeologo Paolo Matthiae, «l’insistenza perentoria» delle autorità della Turchia per la restituzione di opere di carattere artistico e culturale, detenute a Berlino sulla base di accordi poco trasparenti, ha consentito la restituzione ad Ankara nel 2012 della Sfinge di Yerkapı, ed una delle porte urbiche della capitale hittita Hattusa, allora collocata a Berlino per restauri.»
Tutela del patrimonio
In assenza di regolamentazioni ufficiali sul traffico illecito del patrimonio culturale, molti reperti archeologici sono stati trafugati, donati o venduti alle principali capitali europee. Tuttavia, sempre più spesso, diversi manufatti sono stati restituiti ai Paesi dove erano stati scoperti e poi illegalmente esportati. La Turchia è particolarmente attiva nel settore. Già nel 2015 riuscì a rivendicare oltre 30.000 oggetti archeologici ottenendone il loro rimpatrio grazie alle restituzioni di diversi Paesi, i cui atti di acquisizione erano alquanto dubbi. Al momento non sembra che ci siano grandi possibilità di successo, anche se è di pochi giorni fa la notizia che la Germania restituirà al Benin due celebri bronzi finora esposti finora all’Humboldt Forum. Ma la strada da percorrere è ancora lunga e molti sono i problemi da risolvere. Le pene da infliggere a chiunque risulti colpevole di delitti contro il patrimonio culturale del proprio Paese o di altri per mezzo di scavi clandestini o trafugamento di opere non sono infatti ancora ben definite.
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Foto di copertina: “Pergamom museum” © Helena – CC BY SA 2.0