La Germania continua a pressare la Turchia per una legge contro la violenza sulle donne
La Germania ha ammonito Erdogan sulla decisione di ritirare la Turchia dalla Convenzione di Istanbul contro la violenza sulle donne
“Restano sul tavolo le sanzioni dell’Unione Europea contro la Turchia”, questo il monito della Germania al governo di Ankara, accusato di inviare segnali sbagliati all’UE sui diritti umani. Difatti lo scorso sabato, il presidente Recep Tayyip Erdoğan ha emesso un decreto per revocare la Turchia dalla Convenzione di Istanbul, un accordo internazionale promosso dal Consiglio d’Europa, volto a porre fine alla violenza contro le donne. Sempre la scorsa settimana, i pubblici ministeri hanno presentato un atto d’accusa presso alla Corte Costituzionale, il più alto organo giudiziario della Turchia, per chiedere la chiusura dell’HPD, il Partito Democratico dei Popoli. Quest’ultimo è stato accusato dal governo turco di sostenere il PKK, gruppo armato in cerca di autonomia, etichettato come terrorista dagli Stati Uniti e dall’Unione Europea. “In Turchia ci sono luci e ombre. Il divieto del partito HDP e il ritiro dalla Convenzione di Istanbul sono segnali sbagliati”, ha twittato lunedì il ministro degli Esteri tedesco Heiko Maas. Sebbene le decisioni intraprese dal governo turco la scorsa settimana abbiano smorzato le speranze per legami migliori coi i Paesi membri dell’Unione, per la fine di questa settimana è previsto un vertice dell’UE al fine di aggiornare un accordo del 2016 sui migranti, durante il quale i leader europei discuteranno dei rapporti sempre più tesi con la Turchia.
Le reazioni dell’Unione Europea
“C’è una de-escalation nel Mediterraneo orientale, ma la decisione sull’HDP o il ritiro della Convenzione di Istanbul sono certamente segnali sbagliati”, ha detto il ministro degli Esteri tedesco Heiko Maas, dopo aver incontrato gli altri leader europei, in preparazione al vertice di giovedì. Il ministro ha poi aggiunto che l’Unione Europea è pronta a tenere sul tavolo le sanzioni preparate, riservandosi il diritto di imporle qualora la Turchia si allontanasse dal corso costruttivo che ha intrapreso ultimamente su temi specifici. Anche il ministro degli esteri del Lussemburgo, Jean Asselborn, ha descritto le decisioni prese da Ankara come un “ritorno al Medioevo”. Tuttavia, le aspettative sulle sanzioni alla Turchia in vista del vertice UE sono ancora contrastanti. Lo scorso venerdì, la presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen e il presidente del Consiglio europeo Charles Michel hanno tenuto una videoconferenza con Erdoğan. A seguito della chiamata, hanno rilasciato una dichiarazione che “ha sottolineato l’importanza della riduzione dell’escalation” e altre misure di rafforzamento della fiducia, non facendo cenno ai diritti umani o alla decisione di chiudere l’HDP. Occorrerà quindi aspettare fino a domani per capire se l’Unione europea intraprenderà azioni forti contro la Turchia e se deciderà di sanzionare le ultime decisioni intraprese da Ankara, considerate antidemocratiche da più di un leader europeo.
I motivi del ritiro della Convenzione
La Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, è un accordo internazionale promosso dal Consiglio d’Europa nel 2011 ed entrato in vigore nel 2014. La Turchia fu il primo Paese a firmare l’accordo, noto anche come Convenzione di Istanbul proprio perché fu ratificato nella Capitale turca. Sebbene non siano ancora chiari i motivi della decisione intrapresa da Erdoğan lo scorso sabato, già da più di un anno si parlava di un possibile ritiro della Turchia dalla Convenzione. Questa ipotesi aveva acceso il dibattito pubblico, scatenando proteste e manifestazioni da parte di quanti rivendicavano l’alto tasso di casi di violenza domestica e di femminicidi all’interno del Paese. Alcuni conservatori, al contrario, hanno appoggiato la decisione, nella convinzione che danneggi i valori familiari tradizionali e sostenga la comunità LGBTQ. Da parte sua, il governo turco ha assicurato che il ritiro dalla convenzione non rappresenta un passo indietro nelle normative sulla violenza domestica e sui diritti delle donne. “La garanzia dei diritti delle donne è presente nelle nostre leggi attuali e in particolare nella nostra costituzione. Il nostro sistema giudiziario è abbastanza dinamico e forte per attuare nuove normative secondo necessità”, ha scritto su Twitter il ministro della Famiglia e delle Politiche Sociali Zehra Zumrut Selcuk. Nonostante questa dichiarazione, la decisione non può che allarmare: nel Paese si contano più di 400 casi di femminicidio l’anno, senza contare come già un rapporto del 2018 del Consiglio d’Europa sulla Turchia avesse rilevato come il Paese violasse la Convenzione di Istanbul in diversi modi anche mentre questa era in vigore.
Studia tedesco a Berlino o via Zoom con lezioni di gruppo o collettive, corsi da 48 ore a 192 €. Scrivi a info@berlinoschule.com o clicca sul banner per maggior informazioni
Non perderti foto, video o biglietti in palio per concerti, mostre o party: segui Berlino Magazine anche su Facebook, Instagram e Twitter
Immagine di copertina: Erdogan/ ©geralt | Pixabay / CC0