“Come ho fondato la mia ditta di ristrutturazioni italiana a Berlino”
A tu per tu con Francesco Iacopelli che da Roma si è trasferito a Berlino per lavorare nel campo delle ristrutturazioni immobiliari
«Sono nato a Roma, città dove ho anche frequentato il corso di scenografia all’Accademia di Belle Arti. Appena finiti gli studi, ho iniziato a lavorare a Cinecittà come scenografo ma anche in alcuni teatri in giro per la città». Francesco, nato e cresciuto a Roma, ha lavorato per anni come scenografo nella Capitale, prima di trasferirsi a Berlino più di 10 anni fa, dove ha iniziato una proficua carriera nel campo delle ristrutturazioni immobiliari. Una passione, quest’ultima, che Francesco si porta dietro sin da piccolo. «Da quando ero ragazzino mio padre viaggiava per lavoro, e quindi io riparavo tutta casa. Anche grazie ad alcune persone di famiglia che lo facevano di lavoro ho visto e imparato».
«Nel 2011 ho ristrutturato da solo la mia casa a Wedding e da quel momento ho cominciato a fare questo lavoro»
«Ho portato nelle ristrutturazioni ciò che avevo imparato a fare come scenografo. Le case di Berlino sono piccole, quindi è importantissimo ottimizzare gli spazi. Poi è anche vero che uno nasce con una certa manualità e poi riesce a svilupparla col tempo». La qualità del lavoro di Francesco ha fatto sì che riuscisse a fondare una propria società. «Prima ho fatto il selbständig, poi sono riuscito, nel 2017, ad aprire una mia UG, anche un po’ per tutelarmi». L’UG è una sorta di mini GmbH, pensata per facilitare l´ingresso nel mercato di piccoli imprenditori che non dispongano in fase di start-up di un ingente capitale. «È così che è nata la mia azienda, la BauSolution UG».
«Sono molto puntiglioso, per questo posso vantarmi di mettere molta serietà nello svolgimento del mio lavoro. E questo rende i clienti soddisfatti»
«Attualmente insieme a me lavora solo un ragazzo bosniaco – cresciuto a Bergamo – con permesso di soggiorno. Per le consulenze esterne mi avvalgo sempre degli stessi professionisti, gente di cui mi fido e che, come me, svolge il proprio lavoro con la massima serietà. Chiamo sempre lo stesso elettricista italiano e un tedesco che si occupa dell’aspetto idraulico. Con loro, anche se magari so che mi costano un po’ di più, so che vado sul sicuro. La qualità, alla fine, si deve pagare. Chiaramente se la ristrutturazione la paghi 600 euro al metro quadro sai che avrai un lavoro fatto bene. Se la paghi 250 €, sai che, chiaramente, la qualità è minore. Se la cifra è ancora minore, di sicuro, prima o poi, andrai incontro a problemi a svariati problemi».
«Capita molto spesso che debba risolvere i problemi provocati da lavori dozzinali, fatti sia da ditte tedesche che da ditte italiane»
«Molto spesso gli italiani che aprono ditte di ristrutturazione qui in Germania si portano dietro la propria mentalità basata sul risparmio a tutti i costi, e molte volte fanno dei danni allucinanti. Come ho già detto, la qualità si deve pagare e mi è capitato molto spesso di dover intervenire per risolvere problemi provocati da alcune ditte italiane, che pagano pochissimo i loro collaboratori e, quindi, offrono lavori di qualità scadente. Di contro le ditte tedesche offrono magari una cura maggiore nello svolgimento del loro lavoro, ma, il più delle volte, sono caratterizzati dall’essere unfreundlich. Se, ad esempio, devono fare piccole riparazioni, neanche vengono a fartela. Io invece sì».
«Se fossi rimasto in Italia, probabilmente non avrei avuto le soddisfazioni e il successo che ho avuto qui a Berlino»
Francesco ha le idee molto chiare sulla fine che, probabilmente, avrebbe fatto se fosse rimasto a lavorare in Italia. «Se fossi rimasto in Italia a fare lo scenografo avrei dovuto lavorare almeno 17 ore al giorno (come facevo all’inizio) e scontrarmi con tutti quelli che dicevano di essere più bravi di altri. Una vita impossibile. Poi c’è il fattore dell’abbassamento degli stipendi. Ad esempio mio padre, che faceva il capoattrezzista a Cinecittà (figura professionale al di sotto dello scenografo) negli anni ’80 e ’90 guadagnava più di noi negli anni 2000. Ma anche aprire un’azienda tutta mia, come ho fatto qui a Berlino, sarebbe stata un’impresa quasi impossibile a Roma. È sempre la famosa questione della mentalità italiana basata sul risparmio a discapito della qualità. Un atteggiamento che non mi appartiene per niente».
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