Stateless, la nuova serie Netflix di e con Cate Blanchett alla Berlinale

Con un cast tutto Australiano, Cate Blanchett presenta il suo ultimo lavoro Stateless alla Berlinale

Tra le persone più attese per questa edizione della Berlinale, Cate Blanchett presenta in prima mondiale Stateless. La serie, divisa in sei parti, è stata comprata da Netflix e tra poco entrerà a far parte del suo copioso catalogo. La premiere mondiale ha visto una grande affluenza: anche gli attori e la regista erano in sala con il pubblico a godersi il primo episodio. Con una narrativa multistrato, uno dei personaggi principali è una Australiana che, fingendosi tedesca grazie a un falso passaporto, cerca di spostarsi in Germania e iniziare una nuova vita.

La trama di Stateless

Quante prospettive e quante storie possono accadere in un unico posto, nello stesso momento? Una hostess che fugge dalla sua vita di routine, oppressa da una setta di auto-ottimizzazione che la abusa psicologicamente. Un padre Afgano, emigrato dal suo paese, cerca di salvare il futuro della sua famiglia preservando la sua dignità di persona, sfidando tutte le difficoltà che conseguono a questa scelta. Una guardia nel campo profughi, insoddisfatto e sorpreso di quanto sia ingiusto il suo ruolo. Una burocrate pronta a seguire meticolosamente qualsiasi regola pur di fare un salto di carriera, ma a quale prezzo? Nel deserto dall’Australia, le vite di queste quattro persone si intrecceranno drammaticamente.  La serie della ABC contribuisce alla discussione sulla migrazione ed estende la dimensione politica nello spettatore. Cosa succede se le persone, separate dai confini, sono profondamente accomunate dal bramare un luogo da poter chiamare casa?

Cate Blanchett su come è nata Stateless

«La struttura della serie è complessa e ci abbiamo voluto pensare particolarmente bene, abbiamo iniziato a parlarne nel 2014. Inizialmente, io e la mia coproduttrice Elise McCredie volevamo solo creare un progetto televisivo insieme: ci siamo trovate entrambe interessate al tema dell’immigrazione. Avevamo già in mente delle idee che ci hanno ispirato a produrre la trama e le storie principali sono venute a galla da sole, riflettendo sull’argomento. Abbiamo intervistato diverse persone e visitato veri compi profughi per avere una documentazione il più autentica possibile. Parlare con loro è stato molto toccante. Stateless è nata così.»

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Immagine di copertina: ©Berlinale