Mobilità sociale, Germania 11esima al mondo. In Italia invece se nasci povero rimani (probabilmente) povero
Le disuguaglianze e la mobilità sociale nel 2020
Per anni abbiamo sentito la storia della globalizzazione che porta opportunità e posti di lavoro e dell’economia di mercato come cura a tutti i nostri mali. Purtroppo, gli ultimi venti anni ci hanno mostrato un mondo dove a dominare sono ancora le diseguaglianze: sia diseguaglianze tra i vari paesi del mondo sia all’interno degli stessi Stati. Il World Economic Forum ha rilasciato uno studio sulla distribuzione della ricchezza alla vigilia del suo annuale meeting a Davos e i numeri sono preoccupanti. Il report Oxfam evidenzia l’assurdità di questi numeri: 2153 persone – i miliardari di tutto il mondo – posseggono la stessa ricchezza di 4,6 miliardi di persone! Questi super ricchi possono contare su un patrimonio di 2.019 miliardi che equivale a quanto possiede il 60% degli esseri umani sulla Terra. Inoltre, i magnati non pagano le tasse in base al loro patrimonio (nonostante le differenze tra vari Paesi): solo il 4% degli introiti fiscali mondiali deriva da forme di tassazione della ricchezza. Soprattutto dopo la crisi finanziaria del 2008, molti esperti hanno indicato nelle crescenti disparità economiche la vera causa delle tensioni sociali. L’avanzata di Trump, Salvini o dell’AfD è insomma riconducibile ad un capitalismo sempre più ingiusto che lascia i cittadini alla propria miseria e fragili alle manipolazioni elettorali. Angus Deaton, premio Nobel per l’economia, parlando della situazione britannica ha espresso questa idea: «La sensazione che il capitalismo contemporaneo non porti benefici a tutti è molto diffusa. Nel Regno Unito molti pensano che Londra assorba gran parte della ricchezza e che ci siano altre città con buoni risultati, mentre grandi aree del paese sono in difficoltà».
Il Social Mobility Index: dove sono Italia e Germania
Gli studiosi del World Economic Forum hanno elaborato un indice per misurare la mobilità sociale. A dominare le prime cinque posizioni sono i paesi del Nord Europa: Danimarca, Norvegia, Finlandia, Islanda e Svezia. Il primo paese del G7 è la Germania, che occupa l’undicesimo posto. A seguire troviamo la Francia alla 12° posizione, il Canada alla 14°, il Giappone alla 15°, il Regno Unito (21°) e gli Stati Uniti (27th). Fanalino di coda del G7 è il Belpaese che si classifica solo al 34° posto. Secondo i dati di metà 2019, l’1% dei ricchi italiani possiede quanto il 50% della popolazione totale. Inoltre, nei vent’anni appena trascorsi, la ricchezza dei più facoltosi è salita del 7,6%, quella del 50% dei più poveri si è ridotta del 36,6% (Dati Eurostat, rielaborazione Oxfam). Non dimentichiamo che in Italia a pagare di più le diseguaglianze sono i giovani e le donne. Secondo i dati di fine 2019, la disoccupazione giovanile (fascia 15-24 anni) è pari al 25.7 % rispetto ad un dato nazionale del 9.8%: è più del doppio ed è sicuramente questo il motivo principale dietro alla cosiddetta ‘fuga dei cervelli’.
Il World Economic Forum e le critiche al sistema
E’ interessante che a rivolgere l’attenzione dell’opinione pubblica verso le crescenti diseguaglianze sia proprio il World Economic Forum. Il meeting annuale di Davos infatti ha sempre rappresentato il cuore del sistema economico e politico: un incontro tra i potenti di tutto il mondo per discutere sullo stato di cose presente e pianificare manovre future. Klaus Schwab, professore di business all’Università di Ginevra, fu il fondatore del WEF nel 1971. Alle origini doveva essere solo un incontro tra gli industriali europei e quelli americani per la condivisione di nuove pratiche di management. Il meeting invernale di fine gennaio con il tempo si è sempre più allargato fino a diventare una sorta di campeggio delle elitè globali. Negli ani ’90, movimenti di tutto il mondo hanno contestato la mancanza di democrazia di questo ente così come di organizzazioni simili (dal G7 al Forum Economico Mondiale). Per contrastare i meeting a porte chiuse, per esempio, si sono organizzate iniziative in contemporanea di carattere pubblico come il Public Eye Award. Questo contro-evento denunciava le multinazionali che compiono i crimini più spudorati: tra i ‘premiati’, la Chevron per avere disboscato la Bolivia per dieci anni di fila.
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Immagine di copertina: Pixabay