Lei medico, lui paramedico, si sono conosciuti ad Arezzo, ma lavorano in Germania: «Covid? Qui gli ospedali hanno pianificato per tempo»

Il punto di vista di Nicoleta e Daniele sul sistema ospedaliero tedesco in questo momento di emergenza sanitaria

«Il maggior numero di infrastrutture sanitarie presenti in Germania ed il sistema di assicurazione sanitario tedesco sono strumenti che permettono di offrire cure ai pazienti di ogni tipo in modo più veloce e con liste di attesa più corte ed di combattere meglio eventuali epidemie e crisi come quella che stiamo vivendo adesso. I numeri per adesso parlano chiaro a favore del sistema tedesco». a parlare così sono Nicoleta e Daniele Bellia, rispettivamente medico alla St. Barbara Klinik di Hamm e paramedico al St. Franziskus Hospital di Ahlen, entrambi in Nordreno-Vestfalia. Sposatisi in Sicilia, è un matrimonio da Unione Europea. Lei è rumena, mentre lui è catanese. Si sono conosciuti nel 2007 ad Arezzo. All’epoca Nicoleta stava passando un periodo di vacanza durante le ferie estive del suo corso di laurea in Medicina Interna che stava frequentando nella sua natia Iasi (Romania). Dopo tre anni di storia a distanza Nicoleta si è trasferita in Germania. Daniele l’ha raggiunta due anni dopo frequentando prima dei corsi di lingua tedesca e poi uno per diventare soccorritore. “Nel 2015, finita la preparazione, ho subito mandato curriculum a varie cliniche della zona trovando subito un impiego nella stessa struttura dove ancora lavoro come Rettungssanitaeter, una via di mezzo tra operatore socio-sanitario e paramedico». 

Lavorare negli ospedali tedeschi ai tempi del Coronavirus

«Appena sono cominciate a giungere le drammatiche notizie italiane ovvero di una rapida crescita dei contagi e dei decessi, entrambi gli ospedali in cui lavoriamo si sono attivati con una serie di misure eccezionali. Sono state immediatamente annullate tutte le operazioni e le visite non urgenti liberando almeno il 70% di spazio in ospedale
per lasciare posti letto liberi. Sono stat bloccate tutte le visite ai pazienti da parte di amici e parenti a prescindere dalla ragione per cui il loro caro era ricoverato. Le uniche eccezioni dovevano essere approvate dal primario tramite l’uso di un pass speciale firmato dal medico responsabile per un totale di massimo 2 ore la mattina ed 2 ore il pomeriggio. Chiunque lavorasse in ospedale ha indossato le mascherine e, nel caso in cui dovesse avere contatti con potenziali casi positivi, anche altre speciali protezioni» spiegaDaniele. Specifica Nicoleta: «Io lavoro in Cardiologia, ma facendo guardie mediche per tutti i reparti di medicina interna in due ospedali differenti, ho visto cambiare la struttura organizzativa degli stessi per assicurare pronto interventi sufficienti nel caso di grosse ondate di pazienti sospetti o confermati positivi al Covid19. Ho assistito molti pazienti Covid 19, In parallelo sono stati organizzati dei corsi sia per i medici, soprattutto per i colleghi responsabili della terapia intensiva che per il personale infermieristico riguardo le terapie specifiche, come la ventilazione polmonare, misure igieniche extra, metodi di diagnosi specifiche, documentazioni per ogni caso sospetto, etc…». Sia per Daniele che per Nicoleta la risposta delle loro strutture è stata “eccellente ed esemplare”.

La vita fuori dall’ospedale 

Racconta Nicoleta: «I pazienti Covid hanno necessitato di molte attenzioni e impegno, ma il totale del carico di lavoro è stato leggermente superiore a quello dei periodi invernali degli anni passati quando di solito i casi di altre malattie respiratorie infettive sono stati maggiori». Fuori dall’ospedale ci si è comportati come qualsiasi altro cittadino:«Non abbiamo avuto un enorme cambiamento nelle nostre attività giornaliere, se non solo per alcune rinunce tipo non andare al ristorante o a non fare shopping. Siamo andati comunque sempre in giro a passeggiare dopo l’orario di lavoro perché non è mai stato vietato finora come in Italia. L’unica regola per non essere multati é stata quella di rimanere con i propri membri di famiglia o abitanti della stessa casa o al massimo di due persone insieme all’esterno della propria abitazione». Sui punti di forza del sistema sanitario tedesco Daniele si sofferma sull’innumerevole numero di infrastrutture su tutto il territorio:«Sono sparse in modo capillare quasi in ogni città. L’assicurazione sanitaria obbligatoria permette a tutti di usufruire di servizi  di ottima qualità. Il contro è che spesso ci troviamo pazienti che, proprio perché hanno l’assicurazione, spesso affollano il pronto soccorso  con casi non urgenti e che potrebbero essere trattati anche dal medico di famiglia. Non a caso in Germania si parla sempre più come limitare l’abuso dei pronto soccorso».

La storia di Nicoleta e Daniele

Ci racconta Daniele: «Sono nato e cresciuto a Catania, diplomato in Elettronica e Telecomunicazioni sempre a Catania. Prima della Germania ho lavorato per sei anni come tecnico per gli uffici prendendomi cura di manutenzione e funzionamento di stampanti, fotocopiatori, fax ed scanner. Ho lasciato lavoro, famiglia e amici per raggiungere Nicoleta in Germania. Era il 2012, lo stesso anno in cui abbiamo celebrato il nostro matrimonio in Sicilia. Qui in Germania ho imparato la lingua da zero seguendo vari corsi locali. La fase di integrazione è stata dura, ma ora sono contento della scelta ed entrambi siamo felici di trovarci qui».

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