La storia dello zoo dove una coppia di polacchi nascose più di 200 ebrei alle armate tedesche

La straordinaria storia di Jan e Antonina Żabiński, la coraggiosa coppia polacca che riuscì a nascondere 300 persone, tra ebrei e combattenti, all’interno dello zoo di Varsavia

Una storia di straordinario coraggio e altruismo nel periodo più crudele dell’umanità. Tra il 1940 e il 1944 Jan e Antonina Żabiński hanno nascosto circa 300 ebrei all’interno delle gabbie dello zoo e nei sotterranei della loro villa. Letteralmente sotto il naso dei nazisti – e tutti, tranne due, sono sopravvissuti alla seconda guerra mondiale. Le gabbie, che in precedenza ospitavano animali, hanno lasciato il posto ai deportati. Diverse famiglie di origine ebraica, sono state ospitate nella villa dei Żabiński e sono stati creati dei nascondigli temporanei.

E’ nei momenti più difficili, più disumani che si possono trovare esempi di mirabile generosità e altruismo. L’eccezionalità della storia è stata commemorata nel romanzo La moglie del custode dello zoo di Diane Ackerman, che si è servita del diario di Antonina. Il libro ha successivamente ispirato la trama del film La signora dello zoo di Varsavia di produzione americana, distribuito nelle sale cinematografiche nel 2017  e diretto da Niki Caro. Jessica Chastain, attrice protagonista che interpreta Antonina, ha espresso il suo pensiero sui coniugi polacchi: «Non solo i Żabiński hanno salvato le loro vite, ma hanno rafforzato gli spiriti e alimentato la speranza. È davvero una storia sulla bontà dell’umanità».

 

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Gli inquilini segreti della casa “Under the Wacky Star”

Un rifugio, un riparo, un’arca: così è stato soprannominato lo zoo di Varsavia da coloro che sono sopravvissuti alla seconda guerra mondiale. Per loro quel posto rappresentava una speranza di vita, la speranza di sopravvivere al periodo più buio e cruento della nostra storia. In quei tragici eventi, due cittadini polacchi, Jan e Antonina Żabiński, il guardiano dello zoo e sua moglie, hanno trovato la forza e il coraggio di opporsi alla brutalità nazista. Hanno sfidato il Governo, salvando la vita a quanti più ebrei possibile, mettendo a repentaglio la loro stessa vita e quella della propria famiglia. «Stavo rischiando e ho dato rifugio non perché fossero ebrei, ma perché erano vittime. Se i tedeschi fossero stati perseguitati, avrei fatto lo stesso. Stiamo parlando di persone che sono state condannate, ma non hanno fatto nulla di male. È stato terrificante. Il mio obbligo come uomo era di aiutarli. Era semplice decenza.» ha raccontato Jan Żabiński, ai funzionari del “Yad Vashem”, l’ente nazionale per la Memoria della Shoa di Gerusalemme nel 1965.

Come tutto ebbe inizio

Era il settembre 1939, la Polonia veniva invasa dalla furia nazista e lo zoo di Varsavia subì un grave bombardamento dalla Luftwaffe. Le gabbie erano completamente in fiamme e semidistrutte, i numerosi animali che le occupavano rimasero uccisi o gravemente feriti. Tre le rovine dello zoo, il custode e sua moglie, videro nella distruzione la possibilità di salvare vite umane. Nascosero nei recinti dello zoo e nei sotterranei quanti più ebrei possibile, salvandoli dalle deportazioni nei campi di concentramento. Alcuni rimasero per giorni finché non furono trovati documenti falsi per fuggire dalla Polonia, altri per anni. I loro “ospiti”, come gli Żabiński chiamavano i clandestini, si nascondevano ovunque: dalla tana vuota dei leoni alle gabbie ancora occupate da creature più domestiche come pavoni e scimmie. Una dozzina di giovani ebrei con i capelli biondi furono ospitati nella villa e spacciati per parenti della governante della famiglia. Altri erano stati nascosti nel seminterrato. Moshe Tirosh, 83 anni, ora residente in Israele, aveva solo cinque anni quando si è rifugiato nello zoo con la sua famiglia. In un’intervista al Yad Vashem ha raccontato la sua esperienza: «Era l’ottobre o il novembre del 1942. Allora pioveva tutto il tempo. Gli Żabiński hanno portato me e mia sorella Stefcha nel seminterrato della loro villa. Hanno dato ai miei genitori pezzi di pelliccia e hanno detto loro di rimanere nei recinti degli animali. Non ho molti ricordi del tempo trascorso lì, ma ricordo Antonia che ci strofinava la testa con un liquido chimico che avrebbe dovuto farci sembrare ariani. Ha usato la candeggina per tingere i nostri capelli di biondo ma probabilmente ha strofinato troppo e ci siamo ritrovati con i capelli rossi. Qualcuno ci ha detto che sembravamo scoiattoli ed è così che è diventato il nostro nome in codice. Eravamo gli scoiattoli. Non siamo rimasti a lungo allo zoo perché gli Żabiński avevano una domestica antisemita e non voleva che gli ebrei venissero aiutati. Vivevamo costantemente in pericolo di essere segnalati da lei ai tedeschi».

Oggi lo zoo è stato completamente ristrutturato ed è aperto al pubblico, ospita oltre 12.000 animali e più di 500 specie diverse. La casa di famiglia degli Żabiński, funge da museo e contiene numerose fotografie, libri e cimeli. Vi è inoltre la possibilità di visitare la cantina che ospitava gli ebrei e un tunnel sotterraneo attraverso il quale potevano fuggire in caso di controllo da parte delle SS. All’interno della casa è ancora visibile il pianoforte a coda dove Antonina Żabińska suonava le sue melodie. La scelta dei brani non era certamente causale, “La belle Hélène” di Offenbach, ad esempio, veniva utilizzata per avvertire i suoi inquilini segreti dell’arrivo dei tedeschi. Utilizzava invece un’altra melodia per indicare che il pericolo era ormai scongiurato.

Prima della sua morte nel 1971, all’età di 63 anni, Antonina scrisse diversi libri per bambini. Jan invece ha continuato a ricoprire il ruolo di direttore del giardino zoologico di Varsavia e ed è morto nel 1974, all’età di 77 anni. Affermava spesso che sua moglie era stata la vera eroina, dichiarando: «Antonina era una casalinga, non era coinvolta in politica ed era timida. Eppure, nonostante ciò, ha giocato un ruolo importante nel salvare gli altri e non si è mai lamentata del pericolo. Di tanto in tanto sembrava che si liberasse dei suoi tratti umani e diventasse una pantera o una iena. Capace di adottare il loro istinto combattivo, è nata come un impavido difensore».

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Immagine di copertina: Jan e Antonina Żabińska Screenshot da YouTube