«La mia vita di ricercatore e scienziato tra Berlino e l’Italia. Ora testo gli effetti collaterali dei vaccini Covid »
Stefano Gaburro, classe 1981, veronese, ha lasciato l’Italia nel 2006, ma il suo rapporto con il Belpaese è stato riallacciato – anche se solo lavorativamente – dopo 13 anni
Vivere a Berlino mantenendo costante il contatto con l’Italia. È la quotidianità di Stefano Gaburro, classe 1981 che forse in Italia ci sarebbe anche rimasto se il caso non l’avesse “costretto” a partire. «Nel 2006 avrei dovuto cominciare a lavorare nella sede veronese della casa farmaceutica GlaxoSmithKline, ma il dipartimento ricerca, dove ero stato assunto, chiuse il giorno dopo il mio inizio. Mi rimaneva solo la possibilità di fare un dottorato internazionale. L’università di Padova infatti aveva soldi per finanziarmi il dottorato, ma non una struttura e la strumentazione per farmelo fare. E così partii per quattro anni di lavoro a Innsbruck. Il tutto pagato dall’Italia». Da allora Stefano non è più tornato anche se dal 2019 lavora (finalmente) per un’azienda italiana, la Tecniplast Spa, leader mondiale nel settore dello stabulario e ora impegnata anche nei test dei vaccini anti Covid. Stefano, veronese, classe 1981, ne è il direttore scientifico. Lo fa da Berlino dove vive con la sua famiglia. «Generalmente mi occupo specificamente di guidare tutti gli studi scientifici su ciò che aiuta il benessere degli animali, ma in questo periodo siamo anche impegnati nella produzione di tecnologie necessarie per i test dei vaccini Covid come quello di Astrazeneca e di CureVac e nei loro potenziali effetti collaterali, ad esempio sul cervello e come il virus può portare a malattie neurodegenerative come Demenza, Parkinson o Alzheimer. È un momento piuttosto intenso».
Lo stato attuale dei vaccini Covid
Stefano non può parlare liberalmente dell’argomento, ma ci spiega comunque il suo punto di vista. «I vaccini della Biontech/Pfizer e Oxford-Irbm-
Un passo indietro: come Stefano Gaburro è arrivato a fare ricerca in Germania
«All’Università di Padova ho fatto la triennale in Biologia Molecolare e la specialistica in Biologia Sanitaria. Nel 2004 ho fatto l’Erasmus a Würzburg. Lì ho lavorato al Rudolph Virchow Zentrum. Mi sono occupato di studiare la regolazione della proteina p53 coinvolta nel cambiamento di una cellula normale in tumorale. Tornato in Italia, come detto, avrei dovuto iniziare GlaxoSmithKline, ma la mia avventura finì ancora prima di iniziare. Ho così iniziato un dottorato internazionale di Farmacologia Molecolare tra le Università di Padova, Innsbruck e Friburgo. Finito il dottorato ho fatto un post-doc a Munster sotto il prof. Hans Christian Pape, attuale Presidente della Fondazione Humboldt Stiftung, occupandomi di modelli di Stress Post Traumatico e le relative cure come la L-Dopa (usata per il Parkinson), il tutto in collaborazione con l’Università di Amburgo. È durato due anni. Quando è finito ho fatto il grande passo: ho lasciato la ricerca per passare al privato».
Perché, anche in Germania, succede che si lasci la ricerca pubblica per passare al settore privato
«La Germania offre un meccanismo di dottorati e post doc pagati normalmente relativamente bene. Se si vuole ogni 2-3 anni si trova posto. Il problema è che dopo circa 10 anni di ricerca , più eventuali due anni per ogni bambino nato, è necessario raggiungere o un posto fisso o decidere di uscirne come ho fatto io. So di ex colleghi che a 45 anni sono stati costretti ad uscire dalla ricerca e non è stato facile. Ad ogni modo le ragioni del mio passaggio al privato sono state essenzialmente due. La prima è che volevo un lavoro più stabile che non comportasse il doversi spostare di laboratorio in laboratorio ogni due 3 anni, durata normale della borsa di studio, in città diverse. La seconda è prettamente economica che il privato alla fine retribuisce meglio. È così che ho deciso di lavorare, per i successivi sette anni, come responsabile scientifico per la statunitense Harvard Biosciences, Branch Data Sciences International come responsabile scientifico lato neuroscienze a livello globale e venditore per la Germania. Nel frattempo avevo messo sù famiglia e mi sono trasferito a Berlino lavorando in home office. Un’opportunità che, sette anni dopo, mi è stata data anche da Tecniplast. Stare qui ad ogni modo è ottimo ci sono molti clienti con cui collaboriamo come Bayer, il Max Delbruck Zentrum e lo Charitè. In aereo poi è facile andare a visitare la sede centrale dell’azienda a Buguggiate, provincia di Varese».
Non solo lavoro: l’aiuto di Stefano Gaburro ai genitori italiani a Berlino
«Da qualche anno con l’associazione Infermieri Italian di Clorinda De Maio aiuto a fare traduzioni dal tedesco e dall’ inglese all’italiano, e viceversa, per bambini affetti da malformazioni vascolari, che non possono essere operati in Italia vanno fino ad Eberswalde. Chi vuole può contattarci via mail a assistenza@infermieriitaliani.com »
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