Fuoco incrociato a Natale, perché vedere (o non vedere) la dark comedy tedesca di Netflix
Firmata dal regista e attore Detlev Buck, Fuoco incrociato a Natale è dal 4 dicembre visibile su Netflix
Oderburg, piccolo paesino del Brandeburgo, notte poco prima di Natale. Una coppia in fuga con un assassino alle calcagna suona al cancello di una residenza piena di richiedenti asilo. Esce la custode che, da dietro il cancello, gli vieta l’ingresso. “Mi spiace, ma abbiamo avuto troppi problemi con i tedeschi”. È la scena più riuscita di Fuoco incrociato a Natale (in originale Wir können nicht anders, che tradotto letteralmente Non possiamo fare altrimenti), commedia nera appena caricata su Netflix e visibile sia da chi ha l’account in Germania che chi ce l’ha in Italia (con tanto di doppiaggio in italiano). La domanda generale però è: a parte questa simpatica scena dal carattere politico, vale o meno la pena dedicare 106 minuti della propria vita a questa pellicola? Facciamo un passo indietro e partiamo dalla trama.
Fuoco incrociato a Natale, la trama
Lui conosce lei in un bar e decide di passarci assieme anche il giorno dopo andando prima a sballarsi (canne e sesso) in campagna e poi andando al compleanno del padre che non vede da 5 anni. È mattino, in mezzo al bosco. Pensano di essere soli ed invece improvvisamente sentono una voce. Lui esce e vede che a due passi da loro sta per avvenire un’esecuzione a sangue freddo. Prova ingenuamente a fermare il tutto trovandosi di lì in poi al centro di una disperata fuga costellata da vecchie conoscenze e omicidi…
Fuoco incrociato a Natale, il nostro giudizio
Cattivi improbabili, comportamenti spesso illogici e un uso spropositato di coincidenze per fare andare avanti la trana sono gli elementi distintivi di un film probabilmente realizzato a tavolino, senza alcuna inventiva o spontanea capacità di creare simpatia, intesa come capacità di provare agli spettatori le stesse emozioni dei suoi protagonisti, fosse anche il timore di essere catturati dalla band criminale.
Che si tratti dell’uso di una femme fatale come il personaggio interpretato dalla it-girl Sophia Thomalla o del desiderio di ironizzare sulla dicotomia intellettuale imbranato/proletario pratico, tutto è affrontato ad uno stato così superficiale che è molto difficile (anche se non impossibile) sorriderne quando arriva la battuta o la scena clou che dovrebbe rappresentare il momento clou.
Se l’obiettivo era un film alla Fargo, il risultato è abbastanza modesto e oltremodo lungo.
Il film, per chi è italiano e si sta ancora confrontando con la lingua e la cultura tedesca, può essere interessante se visto in lingua originale e ha curiosità di vedere luoghi poco raccontati dal cinema tedesco che si vede fuori dai confini, per il resto meglio lasciare perdere.
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