Siamo stati a Parigi per vedere DAU, la mostra sull’URSS che Berlino aveva rifiutato
Presentato come l’evento dell’anno, DAU, il titanico progetto del regista russo Ilya Khrzhanovsky, delude i visitatori tra ritardi, code e mancanza d’organizzazione
Trasportare lo spettatore nell’Unione Sovietica. Questa la promessa di DAU, considerato il progetto più controverso e folle della storia cinematografica. La prima mondiale avrebbe dovuto svolgersi a Berlino lo scorso autunno, ma è stata bocciata dalle autorità tedesche per ragioni di sicurezza. In realtà dietro il rifiuto ci sono soprattutto le critiche mosse al regista russo Khrzhanovsky, che voleva ricostruire il Muro di Berlino lungo l’Unter den Linden per ricreare il clima della Guerra Fredda cui si ispira DAU. L’apertura si è svolta quindi a Parigi, con non pochi problemi e tanti visitatori delusi.
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Che cos’è DAU
Ispirato alla vita dello scienziato sovietico Lev Landau (detto Dau), premio Nobel per la fisica nel 1962, DAU è un’opera folle per dimensioni del cast, budget, ore di ripresa. Nel 2009, il regista Khrzhanovsky ha deciso di ricreare a Kharkov (Ucraina) l’istituto psico-tecnico ucraino dove Dau lavorò negli anni trenta. Insieme al regista, più di 400 persone tra cui premi Nobel, politici e artisti, hanno deciso di imbarcarsi in un viaggio verso il passato e vivere nell’Unione Sovietica del periodo 1939-1969. Completamente isolati dal resto del mondo, i partecipanti hanno vissuto per tre anni in una realtà parallela dove tutto, dai soldi alla biancheria intima, era una riproduzione fedele di quegli anni. A metà tra The Truman Show e Goodbye Lenin, DAU supera i limiti del film per diventare un vero e proprio esperimento sociale e artistico.
Dal sogno sovietico al girone infernale
Come denuncia un reportage de Le Monde, violenza, sadismo e caos sono gli ingredienti principali di questo progetto artistico. L’opera di Khrzhanovsky somiglia a un girone dantesco, in cui i dannati devono sopportare violenze verbali e psicologiche, hanno rapporti sessuali non consenzienti e vengono indotti all’ubriachezza sotto l’occhio vigile e onnipresente delle telecamere. Più di 700 ore di riprese che danno vita a 15 lungometraggi, il più lungo di questi di 9 ore, per permettere allo spettatore di spiare le vite dei personaggi con lo stesso disincanto di un agente del KGB. Mescolando cinema, performance artistiche ed esperimenti sociali, DAU vuole essere una mostra-evento totalizzante per visitatori e staff, ma il sogno neo-sovietico deve fare i conti con la realtà.
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L’esposizione di Parigi
Per essere all’altezza del progetto, la mostra parigina ne assume le stesse dimensioni titaniche e un’aura misteriosa. Due teatri del centro, il théâtre de la Ville e quello del Châtelet, attualmente chiusi per ristrutturazione, e il Centre Pompidou sono stati scelti come luoghi dell’evento. Al loro interno interno verranno ricreati gli ambienti dell’istituto ucraino per far vivere ai visitatori un’esperienza unica, riservata però ai maggiori di 18 anni. Sul sito si legge che dal 24 gennaio al 17 febbraio 2019 la mostra sarà aperta tutti i giorni 24h/24. Per accedervi bisogna richiedere un passaporto online, visa, con il quale è possibile accedere per 6 ore, 24 ore o senza limiti. I prezzi variano in base al numero di ore e vanno da 20€ a 150€. Ai visitatori che scelgono una visa 24h si chiede di svolgere un questionario online, con domande molto personali su sessualità, religione e convinzioni, grazie al quale verrà elaborato un percorso personalizzato all’interno di DAU. Inoltre, all’ingresso viene attuata la stessa politica del Berghain, niente foto: cellulari e macchine fotografiche non sono ammessi. L’attesa cresce e tutti aspettano l’apertura delle porte per poter vivere quella che sembra essere l’esperienza artistica dell’anno.
Apertura rinviata, code infinite e grande delusione
Il 24 gennaio l‘organizzazione aspetta ancora il via libera dalla prefettura di Parigi, che arriva alle ore 21 del giorno seguente. Il permesso riguarda però solo il Théâtre de la Ville, mentre il Châtelet resta chiuso al pubblico fino al 2 febbraio. Come se non bastasse, i devicer che dovrebbero guidare il visitatore nel percorso personalizzato sono pronti solo il 5 febbraio e spesso hanno dei bug e smettono di funzionare. I visitatori fanno la coda per entrare nelle sale ma dell’atmosfera sovietica c’è poco e niente. Una volta dentro si assiste alla proiezione dei lungometraggi: sullo schermo si avvicendano in modo interminabile scene di sesso, crisi d’angoscia, isteria e alcolismo. I pochi rimasti in sala fino alla fine di ogni film hanno l’impressione di aver subito la cura Ludovico come Alex di Arancia Meccanica. Ma a differenza del capo dei drughi, nessuna rivelazione catartica segue la vista dei film di DAU. La delusione regna sovrana, e come ha commentato uno dei visitatori incontrati alla mostra: «L’unico aspetto dell’Unione Sovietica che sono riusciti a ricreare sono le ore di attesa che non portano a nulla».
DAU
a Parigi (Théâtre de la Ville, Théâtre du Châtelet e Centre Pompidou)
dal 24 gennaio al 17 febbraio tutti i giorni 24h/24
Biglietti acquistabili online da 20 € a 150€
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