«Io, marchigiana-tedesca, vi racconto le mie estati nella DDR. E perché, a 56 anni, son tornata in Germania»
La bellissima storia di Marina, italo-tedesca (dell’est), a suo modo simbolo dell’unione tra i nostri popoli
«I miei genitori si sono conosciuti nel 1958 a Lipsia in occasione della celebre fiera campionaria cittadina. Mia madre nel 1958 era una studentessa di 20 anni e durante le vacanze scolastiche lavorava alla fiera portando panini e bevande tra gli stand. Mio padre era li come rappresentante per l’ Italia di due grandi aziende marchigiane di strumenti musicali ed aveva 25 anni. Fu un amore fulminante e durato da allora a tutta la vita. C’erano già le due Germania, ma non c’era il Muro. Nonostante tanti problemi logistici, riuscirono a vedersi due volte l’anno quando appunto mio padre andava su, spesso in auto, ma anche in treno, per la fiera. Parlavano lui in italiano e mia mamma con un po’ di spagnolo che aveva studiato a scuola. Si scrivevano tantissime lettere e il loro amore è andato avanti così. Si sono sposati a Berlino Est nel novembre 1959 dove mia madre si era spostata nel frattempo per lavorare nell‘ufficio interpreti statale. Dopo sposati mio padre è dovuto tornare in Italia. Mia madre nel frattempo ha aspettato il giorno in cui tutti i documenti fossero pronti per la patire per l’Italia, cosa che è avvenuta nel febbraio del 1960. Ha dovuto rinunciare al suo passaporto di cittadina della DDR. Arrivò in treno a Bologna. Era incinta. La venne a prendere alla stazione mio padre. Assieme partirono alla volta di Ancona, la città della mia famiglia paterna dove fu accolta subito con calore nonostante non parlasse una parola di italiano. I primi rudimenti li apprese due mesi dopo in ospedale, quando, prematura, nacqui io». Marina, 59 anni, ha alternato fin da piccola la sua vita tra i due paesi. «E così mio fratello, di quattro anni più giovane. Almeno una volta l’anno, in estate e per almeno due settimane, a volte anche per un mese, partivamo per la Germania. Normalmente a Lipsia, dai miei nonni, ma a volte anche a Monaco di Baviera, dove vivevano, e vivono tuttora, altri parenti. Abbiamo davvero avuto modo di conoscere sia l’est che l’ovest. Nella mia mente di bambina e poi ragazza, ho sempre accettato questa diversità tra le due Germanie, cercando di cogliere il meglio che arrivava da entrambe e non giudicandone mai le differenze, semplicemente mi adeguavo».
La vita nella DDR vista da chi ci viveva davvero
«La mia famiglia tedesca orientale era di modeste origini. Non si è mai troppo ribellata allo stato delle cose. Certo vedevano come si stava dall’altra parte, ma ne ricevevano anche un’ idea dello stato delle cose sfalsato, non riuscivano a capacitarsi che non fosse tutto rose e fiori e davano molte cose per scontate. Mia mamma nei suoi viaggi gli portava di tutto. Voleva fargli godere parte del benessere occidentale, sopratutto cose da mangiare o bere per noi basiche come il caffè. Nessuno di loro ha mai pensato ad una fuga, si aveva il terrore della frontiera, sia in entrata che in uscita. Mia nonna prima di poter venire in Italia, da pensionata era possibile ottenere il permesso, fu agitata per giorni. per il fatto che l’avrebbero controllata alla frontiera. Anche noi, quando andavamo su, eravamo abbastanza impauriti. Controllavano tutto, davvero tutto. Ti facevano sentire un delinquente anche se non lo eri. I modi della polizia erano molto bruschi e arroganti e davvero antipatici. Per organizzare il viaggio nella DDR dovevamo chiedere il visto con 6 mesi di anticipo. Richiedeva un’organizzazione importante il viaggio era un argomento importante in famiglia che stressava molto mia madre che nel frattempo, dopo anni da casalinga, aveva iniziato a lavorare per la ditta di mio padre. Era un lungo tragitto, di quasi 24 ore. Prima di arrivare in Sassonia facevamo sosta a Monaco per visitare gli zii e riposarci e intraprendere la seconda parte del viaggio. Eppure, una volta partiti, tutto era anche molto affascinante visto che ci recavamo in un luogo cosi diverso!»
Le memorie delle estati nella DDR di una bambina italo-tedesca
«Il ricordo che ho di quei periodi passati con i nonni tedeschi è a dir poco meraviglioso. Vivevano in una piccola casetta con giardino e orto e galline e conigli. Per me era il massimo della libertà poter stare tutto il giorno in giro scalza a giocare e mangiare le carote o i cetrioli o i pomodori appena raccolti oppure arrampicarmi sui meli o correre nei campi, dato che abitavano alla periferia di Lipsia. Il ricordo è fortissimo e indelebile. Mi ricordo che appena varcavo la frontiera austriaca/tedesca ovest, quei due, tre giorni che passavo a Monaco ero muta e non parlavo. Il mio cervello si doveva adattare alla nuova lingua. Arrivata a Lipsia pero’ poi ero pronta e mi tramutavo in una bambina tedesca a tutti gli effetti. Avevo questa forte capacità di diventare una “Marina” tedesca e di vivere ciò che si viveva li senza fare i paragoni. L’Italia era lontana e quasi me ne dimenticavo l’esistenza. Avevo un’ amica con la quale giocavo tutto il giorno ed era la spensieratezza totale. Non notavo che il latte fosse andato a male già nei negozi, o che non ci fossero gli stessi prodotti al supermercato come in Italia… cioè lo notavo ma lo accettavo. Mi piacevano molto gli odori cosi diversi da quelli italiani. Ancora ho in testa l’odore di Germania. Una volta l’ho sentito anche qui a Duisburg, dove mi trovo in questi anni, e ho capito cosa fosse: il carbone che veniva utilizzato per scaldare».
La vita in Italia di una italo-tedesca ora residente in Germania
«Mia madre ci teneva molto a che sia io che mio fratello crescessimo le culture dei due paesi e imparassimo il tedesco, cosa che è riuscita ad ottenere e per la quale la ringrazierò tutta la vita. Negli anni 60 non era poi cosi usuale crescere bilingui e viaggiare con il treno queste distanze. Vivere in Italia non è stata una scelta. Ci sono nata. Le scuole e l’università le ho frequentate lì. Il rapporto più forte con il tedesco l’ho vissuto forse dall’infanzia fino ai 19 anni quando i miei mi mandarono per un corso di due mesi in un Goethe Institut vicino Monaco. All’epoca forse potuto decidere di rimanere in Germania. All’epoca però ero molto legata all’Italia, amicizie, primi amori…Contemporaneamente all’università iniziai a lavorare in una nota agenzia viaggi di Ancona. Vi “ho sostato” per ben 20 anni. Nel frattempo sono nati i miei 2 figli. Facevo qualche viaggetto a trovare i parenti tedeschi nutrendo sempre una punta di nostalgia verso quel paese che non riuscivo a raggiungere, ma che sentivo tanto affine. Nel 2006 dopo il divorzio e la morte di mio papà, mi sono trasferita con uno dei miei due figli in Trentino e raggiungere il mio attuale compagno. Mia figlia invece é voluta rimanere con il papà nelle Marche e ora fa l’estetista. Lasciarla è stato un grande dolore, ma fortunatamente il nostro rapporto è rimasto bello e fitto. Quel trasferimento per me era anche, idealmente, un avvicinamento alla Germania. In quattro ore da lì si arriva a Monaco. Sono stati anni belli. Anche lì sono stata impiegata da un’agenzia viaggi locale. Il settore però è in crisi. E così, dopo non aver trovato nessun tipo di lavoro in Trentino, tre anni fa, a 56 anni, ho deciso di trasferirmi in Germania. Abito a Duisburg da 3 anni e lavoro nella vicina Düsseldorf per la TUI, sempre nell’ambito del turismo. Ho dovuto ricominciare separandomi da una casa, dai gatti e sopratutto dal mio compagno. Ci incontriamo solo 5 o 6 volte l’anno. Ho un lavoro decente, mi sono ambientata, ma non so però dire fino a quando andrà avanti tutto ciò dato che mi manca quasi tutto. Tutta la mia famiglia, mamma compresa, è in Italia. L’unico in Germania è mio figlio, nato 1989 pochi giorni prima delle caduta del Muro, che dieci anni fa è andato al Goethe Institut di Friburgo per imparare il tedesco finendoci però per rimanere due anni. Ora è a Berlino, dopo una parentesi di Monaco. Ha conseguito un Bachelor of Arts in Electronic Music Production e ha appena compiuto 30 anni. Praticamente è diventato tedesco»
Tornare a vivere in Italia o rimanere in Germania
«Spero invece che questo periodo sia solo una tappa di questo mio percorso di vita. Devo dire che il mio venire a vivere qua stabilmente ha inizialmente accentuato il mio lato italiano. Ho iniziato a vedere tutte le differenze e tutto ciò che mi mancava dell’Italia. Cosa che vivendo in Italia non mi succedeva anzi era l’inverso, avevo sempre o spesso la Germania in testa e pensavo che fosse “perfetta” per me e per il mio carattere. Ho impiegato davvero molto tempo ad adattarmi e ad accettare entrambe i lati delle due nazioni. Solo dopo tre anni posso dire di riuscire a vivere il tutto con equilibrio. Il prossimo anno compirò 60 anni. Sento un gran contrasto dentro: ho fatto lo stesso passo che fanno i ventenni/trentenni di adesso che vengono a lavorare in Germania, con tutto ciò che ne deriva, ma ad un età in cui si ha un bagaglio enorme e pesante e che non ti fa prendere decisioni in modo leggero. Cerco di vivere il momento il più possibile altrimenti impazzirei».
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