«Io, designer di moda, vedo in Italia il bello della tradizione e a Berlino il bello dell’azzardo»
Giulia Falletta a Berlino ha trovato una possibilità in più per esprimersi. Per lei però l’Italia ha una marcia in più nel settore della moda: la tradizione
«A Berlino non è scandaloso abbinare il giallo e il fuxia ». Chi potrebbe descrivere con una definizione del genere, così legata ai colori e all’estetica, la differenza di contesto tra il Belpaese e la capitale tedesca se non una designer di moda? Lei si chiama Giulia Falletta, è nata nel 1983 a Palermo, si è laureata a Viterbo in Conservazione e Restauro dei Beni Culturali (pelle, tessuti ricamati, arazzi e tappezzeria) e dal 2 dicembre 2015 vive a Berlino. «Questa città mi ha scelto e mi ha dato tanto» ci dice quando la incontriamo per questa intervista nella nostra redazione. «L’Italia e Berlino sono due realtà differenti, con i loro pregi e i loro difetti».
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«A Berlino è importante l’idea che proponi»
«La realtà di Berlino è piena di fermento. Hai possibilità di esprimerti. In italia puoi farlo, ma ci sono degli ostacoli. Senza critiche né giudizio, qui c’è una cultura più aperta. A Berlino non c’è uno stile. Le proposte azzardate vengono accolte. In italia c’è un contesto più strutturato. In italia i nomi, le grandi firme sono quelle di sempre. Qui conta più il prodotto che proponi del nome di chi lo produce. Credo che a Berlino ci sia molta curiosità. Stando tra la gente vedo che qui sei libero di esprimerti. Il fuxia e il giallo sono abbinabili. I tacchi per andare in discoteca, non sono d’obbligo, anzi sei selezionato fuori dai club se sei troppo elegante. In italia invece c’è un concetto diverso di “elegante”. Nessun posto è migliore o peggiore. Qui però puoi sperimentare e lasciarti andare, Il contesto te lo permette. Non ho dei progetti, il sogno più grande però è di tornare in italia e lavorare per un’ azienda made in italy. Al momento vivo quest’esperienza e cerco di lasciare qualcosa di me e di offrire al meglio le mie competenze».
Cosa offre di speciale un’artigiana della moda italiana a Berlino
«L’italiano ha una manualità nella realizzazione di vestiti e accessori che pochi altri popoli tradizionalmente hanno. Per fortuna questa artigianalità sta tornando di moda. Viene considerato speciale ritornare alle origini. Dolce e Gabbana, Fendi, artisti che adoro, tornano alla tradizione, vivono di tradizione. La tradizione è bella mostrarla. il Made in Italy, all’estero è ancora molto sentito, anche a Berlino. La gente conosce i prodotti italiani, come le scarpe. Per non parlare della materia prima, come la qualità dei pellami toscani, riconosciuti ovunque. Anche noi usiamo pellami toscani. Io mi sento una rappresentante fuori sede del nostro background culturale».
Le importanti esperienze in Italia
«Ho lavorato anche in Italia. Berlino mi ha concesso di esprimermi un po’ di più . Prima del trasferimento ho svolto diverse esperienze bellissime sia a Roma che in Sicilia. Dopo la laurea, a Roma, ho fatto uno stage di un anno nel settore del restauro nel dipartimento Cultural Heritage di Unicredit occupandomi di gestione del patrimonio artistico e culturale, un lavoro poco creativo, molto di ufficio. Poco dopo le Sorelle Fontana mi hanno offerto di tenere un corso intitolato “Piccolo stilista” dedicato ai bambini tra i 9 e i 12 anni e ho ottenuto un lavoro per i Musei Vaticani. Supportavo il team di restauro del laboratorio di tessuti e arazzi gestendo archivi immensi e mi occupavo delle manutenzioni delle opere museali e di interventi di restauro. Terminata l’esperienza però mi sono chiesta dove davvero volessi andare. Sentivo una spinta creativa che non era stata valorizzata fino a quel momento. Ho così iniziato da autodidatta a lavorare la pelle. Era un gioco, ma anche una passione. Le mie prime borse sono nate nella mia stanza. Cucivo di notte. Poi ho deciso di seguire un corso di modellistica per pelletteria in una scuola di alta moda, tenuto da Salvatore Nicosia, apprendendo le competenze necessarie per realizzare qualche serio prototipo di borse. Poi ho scelto di tornare in Sicilia, dove ho lavorato in una fabbrica di borse che si chiama L’Officina della Pelle. Un’azienda a gestione familiare dove ho raggiunto la consapevolezza del mestiere. Ho conosciuto così le lavorazioni della fabbrica come la modellistica, il taglio, il montaggio, cucitura e il controllo qualità. È stata un’esperienza totale. Ho visto il ciclo completo per arrivare al prodotto finale».
«Berlino ha scelto me, ma non è detto che sia per sempre»
«Stavo lavorando a Palermo per una fabbrica di borse in pelle quando sono stata selezionata per un posto di lavoro a Berlino. Si ricercava un’esperta in pelle come supporto al lavoro di Marina Hoermanseder, una designer metà francese e metà austriaca, ma di base a Berlino che ha dato il nome all’omonima azienda. Il brand unisce abiti in tessuti semplici con l’uso per esempio della pelle e del cuoio. Sono tutti pezzi unici lavorati a mano. Io sono una dipendente e mi occupo del designer delle borse: gestisco la collezione, trovo il filo conduttore tra la collezione degli abiti e gli accessori, propongo la linea per le collezioni future. La designer dà le linee guida, Io cerco di servire con la mia professionalità quello che lei vuole e cerca. Io con la mia professionalità esprimo le sue idee. Sono libera di usare le tecniche che più mi piacciano e i materiali che preferisco. Ho libertà di gioco nella scelta dei colori, posso sperimentare. Ciò non toglie che penso all’Italia e non è detto che non vi faccia ritorno. Abbiamo tante qualità e ogni tanto è, penso, ancora possibile intercettarle».
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