Chi dice che Auschwitz era polacca rischia la prigione. Il revisionismo di Varsavia fa paura
Con una storica decisione il parlamento polacco ha proibito l’uso della locuzione “campi di sterminio polacchi”
Non solo: la legge – approvata il primo febbraio 2018 – ha decretato che sarà passibile di sanzioni chi parlerà di collaborazione polacca con i nazisti o di singoli cittadini polacchi coinvolti. La legge viene applicata a chiunque, cittadino o non cittadino polacco, anche se fosse un sopravvissuto dei lager. Le pene previste arrivano fino a tre anni di reclusione. Forti sono state le reazioni sia da parte delle comunità ebraiche internazionali che di molti intellettuali e personaggi di spicco della società polacca. Alcuni storici polacchi hanno espresso la loro preoccupazione per una legge che di fatto imbavaglia il dibattito storico in atto: nel corso degli anni lo Yad Vashem ha riconosciuto oltre 6.700 polacchi come Giusti tra le Nazioni, ma questo non scagiona una storia profondamente intessuta di antisemitismo assassino.
La memoria dello sterminio e del ruolo polacco
In Maus, il celebre comic book di Art Spiegelman, racconto autobiografico vincitore del premio Pulitzer nel 1992, è raccontata la vita dentro e fuori di Auschwitz attraverso la storia di Wlodek e di suo figlio Artie. Gli ebrei hanno il volto di topi, i tedeschi di gatti, e i polacchi di maiali. Se la metafora di gatti e topi è facile da cogliersi, lo stesso dicasi per quella polacca: i polacchi – per Spiegelman – sono quasi sempre nemici. Se aiutano lo fanno per soldi. Una memoria, quella dell’antisemitismo polacco, suffragata da molte prove storiche: la Polonia ha conosciuto il suo ultimo Pogrom a Kielce nel luglio del 1946, oltre un anno dopo la fine dell’occupazione tedesca. Nel tempo sono stati collezionati Innumerevoli racconti di ebrei fuggiti dal ghetto e riconsegnati agli occupanti tedeschi o uccisi di propria mano.
Il precedente storico
Lo storico canadese Jan Grabowski ha calcolato che oltre 200mila ebrei morirono per mano polacca, direttamente o indirettamente. Per queste sue ricerche, raccolte nel libro Caccia all’ebreo, pubblicato nel 2011, c’era stato un tentativo di boicottaggio accademico. Grabowski aveva dovuto vincere una causa contro il sito di orientamento di destra nazionalista fronda.pl (che per sminuirne l’autorevolezza lo aveva anche ritratto accanto a Joseph Goebbels sotto la scritta “Sieg Heil”) per vedere vedere le proprie ricerche d’archivio come inconfutabili. Qui è in gioco non solo la memoria polacca, ma europea tutta. Si sta accettando un pericoloso precedente: il tentativo di addossare la responsabilità esclusiva della Shoah alla Germania. Si tratta di una soluzione allettante per le destre nazionalistiche europee che così possono usare una memoria nazionale ripulita da ogni responsabilità storica, culturale e legale e in funzione anti tedesca e di riflesso anti europea.
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