La poesia bastarda e berlinese di Lorenzomonfreg

“il sesso è ora solo per chi si spacca le mani contro i muri

il sesso è ora solo per chi urla di nuovo la notte

è per me e te che strappiamo via la gioia

che la strappiamo via da questa cazzo di Storia”

“La lingua bastarda è la sola in cui scrivo poesie mentre corro con altri randagi. La lingua bastarda è quella che uso per scrivere quello che importa, è la lama che agito nell’aria quando non valgono più le lingue d’affari, gli idiomi convenzionali, le parole che convengono.”

E’ con queste parole che “Lorenzomonfreg” , originario di Genova e residente da alcuni  anni a Berlino,  apre la prefazione al suo primo libro di poesie, pubblicato recentemente  in  formato e-book dalla casa editrice toscana goWare.

L’autore,  che  ha iniziato a scrivere alla tenera età di otto anni e che si divide tra il lavoro di Content  Marketing Manager e la scrittura, ha  raccolto   67  tra le poesie composte  negli   ultimi tre anni della sua vita, per lo più di notte, utilizzando tutta l’originalità della lingua digitale. Nella versione per e-reader iBook-Apple Lorenzomonfreg è andato ancora oltre, collegando  i vari componimenti  tra di loro tramite l’utilizzo di  interlink, ossia  di link interni nei quali un verso rimanda a quello di una poesia differente, creando un  interessante gioco di richiami  ipertestuali.

Vorresti  approfondire  questo concetto di lingua bastarda?

Con l’avanzare della tecnologia, uno dei principali cambiamenti a cui stiamo assistendo è quello della parola. La parola ha subito una metamorfosi, ha cambiato forma, ritmo,organizzazione.  Questa mutazione non la si può evitare, è un dato storico, dal quale non si può scappare ma che  va, anzi, cavalcato, e nessuno meglio di noi, della nostra generazione, può farlo. E’ proprio adesso che dobbiamo approfittarne per cercare strade nuove e sperimentare  forme e  contenuti alternativi.  E’ per questo che parlo di lingua bastarda, perché la mia è la   lingua della poesia digitale, una lingua contaminata dalla mutazione della comunicazione e della tecnologia. Si tratta di  una  lingua che vuole  raggiungere un’astrazione, un’ambiguità, per poter sfuggire a qualunque  paradigma  interpretativo.

Cosa intendi con lo  “sfuggire ai paradigmi interpretativi”?

Esistono  vari  livelli di profondità nella scrittura: ci sono dei livelli che vengono usati nella scrittura commerciale,  livelli usati in maniera strategica nella scrittura giornalistica, e poi ci sono dei livelli in cui, senza giudizi di valore,   si cerca  di andare oltre i soliti paradigmi esplicativi ed interpretativi,  e riuscire a sfuggire ad un paradigma interpretativo oggi, in cui tutto è interpretazione, in cui tutti sono critici, è  una delle cose  più belle  che ci siano.

 Quali sono le principali tematiche alla base della tua raccolta?

Sicuramente la  tematica principale è quella del corpo, delle sensazioni legate al corpo.  Altrettanto forte,  anzi, forse persino un’ossessione per me,  dato che ho studiato storia, è il tema  delle ere, del  tempo, del  modo in cui esso, beffardamente,  si dilata e si restringe.  Un’altra tematica fondamentale è quella tecnologica, ossia come cambia l’uso degli strumenti da parte dell’uomo e, soprattutto, come  l’uomo viene cambiato dall’uso degli strumenti.

Parlami delle  letture che ti hanno influenzato:

Sono stato sempre un lettore vorace, per cui sono tantissimi  gli autori che mi hanno influenzato, ma i più importanti sono senza dubbio  i Situazionisti, Ernst Jünger, Albert  Camus, e poi, naturalmente, Rimbaud.

Ho trovato molto interessante  La lingua strappata di Dante. Leggendo questo componimento, mi è sorta spontanea una domanda: la poesia può costituire  un elemento di  salvezza?

Non è una salvezza, è una bellezza, ma non una salvezza. Può, forse,  costituire una salvezza sul piano strettamente individuale, ma, in generale, io sono molto pessimista sulle potenzialità culturali della poesia, gioisco solo delle  sue potenzialità estetiche. Per questo motivo,spero che quello  che scrivo resti sempre un po’ ambiguo, perché, invece, quando si dice  qualcosa di chiaro, quel qualcosa viene subito banalizzato e giustiziato.

In Poesia numero colpa concludi  affermando  che “avere ragione non serve più a nulla”.

Penso che in Italia ci sia un’ orgia di critica totalmente autogiustificante, e questo ha profondamente distrutto le potenzialità attive della cultura. Abbiamo sempre avuto una cultura che si è beata dell’essere unicamente critica, però viviamo in un momento storico in cui avere ragione non serve più a nulla. Non serve più a nulla se non si riesce a creare qualcosa di alternativo che sia almeno altrettanto funzionale e altrettanto bello, oppure decisamente più funzionale e più bello. Penso sia un inganno pericolosissimo quello di vivere pensando che, avendo ragione o mostrando di avere ragione, si sia svolto il proprio compito. Credo che questo sia il più vero atto di vanità.

Esiste una ragione precisa per cui tu abbia scelto di scrivere poesie e non racconti? Hai in progetto di scrivere altro?

Lavoro   tutto il giorno come Content  Marketing Manager,  quindi  gran parte della mia creatività è utilizzata a livello mercenario.  La  chiamo creatività mercenaria senza giudizio di valore, poiché sono costretto a guadagnarmi da vivere,  non avendo una ricca famiglia che mi mantenga.  In questo senso, lavorando a contatto con la velocità e la frammentarietà del web, le mie poesie sono piccoli atti di guerriglia personale, e non ho il tempo per scrivere qualcosa di più lungo. Ciò che mi ha inoltre condizionato nello scrivere poesie e non racconti è ciò che diceva anche Edgar Allan Poe:  un testo che si legge in una sola seduta ha una potenza incommensurabile in confronto ad un testo che viene interrotto dalla vita, perché la vita è potente, quindi una vita borghese, una vita noiosa, interrotta da un libro,  può rischiare di infestarlo,  mentre invece un pugno in faccia, secco (una poesia) è impagabile.

Un progetto che  ho in mente è quello di collaborare con persone che  esplicano  la loro creatività in altri modi, ad esempio designer o  programmatori,  autentici artisti dai  quali non  posso che  imparare.

Che significato ha nella tua esistenza lo scrivere poesie?

Per me scrivere poesie è essenziale per  non interpretare tutto quello che mi  succede  utilizzando solo i paradigmi e i modelli precostituiti.  Inoltre è un esercizio  costante di ricerca della bellezza.

Cosa speri di trasmettere a chi legge?

Io mi sento solo  una tra le tante  persone che scrivono poesia al momento e non credo nella presunzione dell’arte educativa. Ma  penso,  comunque, che il compito dell’arte sia  quello di creare delle sensazioni e portare chi le vive ad esprimere qualcosa  autonomamente. Ecco,  in questo  senso spero di poter  essere utile a qualcuno.

“altra cosa che mi importa

è strapparmi il cuore

tirarlo contro il sole

e andarmelo a riprendere più bello”

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La Lingua Bastarda – 67 poesie
di Lorenzomonfreg
goWare, 2013
2,99 euro
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Blog di Lorenzomonfreg

http://lorenzomonfreg.com/