Volkswagen in crisi: la Germania vuole aiutare l’azienda a non licenziare
Berlino valuta di supportare Volkswagen con un investimento di 585 milioni. Ancora nessun compromesso con i lavoratori, rischio sciopero dal 1 dicembre
Il governo federale tedesco e la Bassa Sassonia stanno valutando l’ipotesi di erogare aiuti statali alla società automobilistica Volkswagen per assisterla a uscire dalla crisi. Berlino stanzierà 585 milioni di euro di incentivi per aziende che scelgono auto green.
Il ministro dell’Economia, Robert Habeck, ha dichiarato: “Il Land della Bassa Sassonia e il governo federale stanno pensando a come possiamo sostenere l’azienda. È chiaro che la società e i posti di lavoro sono di straordinaria importanza per la Germania”. Il ministero, inoltre, sta valutando come affrontare la continua debolezza delle vendite nel mercato delle auto elettriche, settore in cui Volkswagen sta particolarmente soffrendo. ”È certamente un compito politico far sì che i mercati abbiano gli strumenti per rafforzare e incentivare la vendita di veicoli elettrici”, ha affermato il ministro.
Nel frattempo il 25 settembre si sono tenuti i colloqui tra IG Metall e Volkswagen, dove non si è giunti ad alcun compromesso. Il gruppo automobilistico ha ribadito l’annullamento dell’accordo sulla sicurezza del lavoro stipulato nel 1994 e continua a minacciare la chiusura dell’impianto di Wolfsburg. I dipendenti si preparano ad uno sciopero, dal 1 dicembre 2024.
Se Volkswagen dovesse attenersi ai suo piani, ciò “incontrerebbe una forte resistenza da parte della forza lavoro di Volkswagen” ha annunciato Thorsten Groger, responsabile distrettuale dell’IG Metall per la Bassa Sassonia. “Se necessario migliaia di persone si troveranno davanti ai cancelli delle fabbriche e nelle strade dei siti Volkswagen”.
Berlino vara un maxi-investimento
Secondo un provvedimento emanato il 4 settembre, Berlino stanzierà ben 585 milioni di euro per le aziende che scelgono auto green per i propri dipendenti. In questo primo momento i privati resterebbero esclusi. Il progetto di legge deve ancora essere approvato dal parlamento, ammontando a 585 milioni di euro nel prossimo anno e a 650 milioni entro il 2028.
Gli incentivi governativi rappresentano un tentativo di sostenere la produzione nazionale, salvaguardare l’occupazione ed accelerare la transizione verso la mobilità ecologica. Il provvedimento è infatti in linea con alcune delle cause che hanno fatto sprofondare Volkswagen nella crisi. È stato pensato proprio per contrastare la concorrenza estera e rafforzare la posizione della Germania, leader da sempre nel settore automobilistico.
Nel 2025 le imprese avrebbero modo di detrarre le tasse nel primo anno successivo all’acquisto fino al 40% del valore delle vetture full electric. Gli aiuti continuerebbero a essere concessi pure negli anni successivi, sebbene in percentuale inferiore, fino al 6% al sesto anno. A partire dal 1° luglio 2024, l’agevolazione fiscale sarebbe estesa a veicoli con un prezzo di listino pari o inferiore a 95.000 euro, rispetto ai precedenti 70.000 euro. Attraverso questa manovra, il cancellierato tenterebbe di stimolare la domanda e mitigare gli effetti della crisi del settore.
Sicuramente ci sono dei limiti a ciò che il governo può fare per sostenere Volkswagen. La struttura e la sostenibilità del business dipendono dalle politiche aziendali. “Gran parte dei compiti devono essere gestiti da Volkswagen stessa”, ha dichiarato il ministro Habeck.
Volkswagen smentisce il taglio di 30.000 dipendenti
Volkswagen ha smentito la notizia secondo cui starebbe progettando di licenziare fino a 30.000 dipendenti, notizia riportata da numerosi giornali, ma per i dirigenti Volkswagen frutto di un fraintendimento. “Non confermiamo questa cifra, non ha alcun fondamento.” La speculazione è nata da un giornale che ha scritto: “Rapporto mediatico: la Volkswagen vuole tagliare fino a 30.000 posti di lavoro!”
La speculazione, che ora è stata chiaramente respinta, ha però ricevuto moltissima attenzione da parte dei media.
Nessuna convergenza nei colloqui del 25 settembre, il rischio sciopero è concreto
Mercoledì 25 settembre ad Hannover i comitati di contrattazione collettiva di Volkswagen AG e le sezioni IG Metall della Bassa Sassonia e della Sassonia-Anhalt, hanno avviato i colloqui per la contrattazione collettiva, inizialmente previsti per fine ottobre ma anticipati di un mese.
Thorsten Gröger, negoziatore capo e responsabile di Ig Metall in Bassa Sassonia, ha richiesto un aumento salariale del 7% e un pagamento base di 170 euro per gli apprendisti.
Arne Meiswinkel ha respinto le richieste di IG Metall, affermando “Possiamo garantire il futuro di Volkswagen solo se siamo competitivi. Per riuscirci, abbiamo bisogno di riduzioni sostenute dei costi e di una struttura a prova di futuro per le condizioni di lavoro coperte dal nostro contratto collettivo (…) Dobbiamo anche ridurre il costo del lavoro in Germania. Possiamo mantenere la nostra posizione al vertice e salvaguardare i posti di lavoro nel lungo termine solo se lavoriamo in modo più economico. Nelle prossime fasi della contrattazione collettiva, quindi, cercheremo soluzioni che rafforzino sia l’azienda che i dipendenti nel lungo periodo. Ora spetta a noi, in quanto parti del contratto collettivo di lavoro, collaborare per definire la futura redditività dell’azienda e tutelarla a lungo termine”.
La prima fase dei negoziati si è conclusa dopo 3 ore ed entrambe le parti hanno dichiarato di essere molto lontani da un compromesso. Una data per un secondo giro di colloqui non è ancora stata fissata. Il gruppo nel frattempo minaccia di chiudere la fabbrica e i lavoratori si preparano a scioperi a partire dal 1 dicembre.
La delusione dei dipendenti
Daniela Cavallo ha ammesso che le parti non hanno fatto alcun passo avanti, ma si dimostra comunque convinta e resistente: “Volkswagen non si ammala esattamente delle sue sedi tedesche e dei costi del personale tedeschi. Ma Volkswagen è malata del fatto che il consiglio di amministrazione non fa il suo lavoro. Ognuno dei 130.000 dipendenti è un motivo sufficiente per lottare. Non si tratta solo dei 130.000 colleghi, ma anche delle loro famiglie, dei fornitori e dei prestatori di servizi che li circondano e non da ultimo delle intere regioni in cui si trovano gli stabilimenti. La pari importanza della sicurezza dei posti di lavoro e della redditività non è negoziabile”, spiega Daniela Cavallo al tavolo delle trattative davanti a circa 25.000 dipendenti.
Inizio delle proteste, alcune anche in Italia. La crisi dell’automotive è europea
I colloqui il 25 settembre sono stati accompagnati già da forti proteste contro le misure di riduzione dei costi. Diversi dipendenti hanno protestato davanti all’edificio in cui si tenevano le trattative ad Hannover, con tamburi, sirene e razzi che hanno coperto la piazza di fumo rosso. IG Metall ha parlato di oltre 3.000 partecipanti. Striscioni con su scritto “futuro invece di tagli”.
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In Italia nel frattempo Fiom-Cgil protesta contro il gruppo Stellantis, preparando uno sciopero unitario il 18 ottobre con una manifestazione nazionale a Roma. “Scioperiamo per salvare l’auto e il lavoro. Siamo a un punto di non ritorno, l’Italia è alle prese con una cessazione industriale dell’automotive con una condizione drammatica per migliaia di lavoratori dell’auto e dell’indotto. Servono risposte per il futuro dell’industria dell’auto italiana ed europea”.
In Italia si protesta anche a fianco di Volkswagen, una delegazione composta da Compagne e Compagni della Fiom Emilia Romagna, della Fiom di Bologna e della Cgil di Bologna ha partecipato alla manifestazione indetta da IG Metall ad Hannover: “È importante essere qui oggi per sottolineare che la situazione che sta attraversando Volkswagen non è semplicemente un problema relativo ad un’azienda o ad un Paese, ma rischia di mettere in crisi un intero settore a livello europeo e un sistema industriale che può essere fortemente colpito da questa situazione, con ricadute nella componentistica delle imprese metalmeccaniche e per i lavoratori. Una giusta transizione capace di non lasciare indietro nessuno non si può affrontare senza politiche industriali dei singoli stati e dell’Europa”.
Non si può accettare di affrontare questo enorme cambiamento tecnologico chiudendo stabilimenti, licenziando lavoratrici e lavoratori, senza importanti investimenti pubblici e privati. Questi sono i temi rivendicativi che uniscono le lavoratrici ed i lavoratori in Europa. “Come organizzazioni sindacali abbiamo il dovere insieme alle lavoratrici ed ai lavoratori di unificare le lotte e di mobilitarci contro un sistema che sta lasciando la gestione della transizione al mercato trattando il lavoro a mera merce di scambio“.
Ciò che è necessario è una politica industriale nazionale ed europea in grado di stare al passo con Cina e Stati Uniti. “Non accetteremo tutto questo, oggi in Germania, domani in Italia, con lo sciopero previsto il 18 ottobre per rilasciare il futuro dell’industria dell’auto in Italia e in Europa”.
La crisi di Volkswagen quindi sta riflettendo, oltre che la crisi dell’intera nazione tedesca, (il cui marchio fa ormai parte del tessuto socio-culturale tedesco), una crisi che si sta innescando a catena in tutta Europa sia sul piano economico che occupazionale e sociale.
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