La Germania approva il salario minimo orario: ecco la soglia sotto la quale non si potrà scendere
Lo scorso 3 Luglio, con una schiacciante maggioranza di voti – 535 favorevoli, 5 contrari e 61 astensioni – il Bundestag ha approvato l’introduzione a livello federale del salario minimo garantito. Dopo dieci anni di scontri e discussioni animate fra le parti, questa rappresenta una vera svolta epocale per l’assetto salariale e lavorativo tedesco, grazie ad un disegno di legge presentato in primavera e approvato dal parlamento in tempi record, poco meno di tre mesi.
«Il salario minimo si applicherà ora, in tutta la Germania, a Est e a Ovest, a tutti i lavoratori – ha dichiarato la ministro del lavoro Andrea Nahles, dell’SPD – e finalmente introdurrà stipendi dignitosi per milioni di persone che pur avendo lavorato diligentemente sono state sottopagate». Una vittoria significativa per il Partito Socialdemocratico di Sigmar Gabriel e Peer Stainbrück, che ne hanno fatto un punto nodale della loro campagna elettorale, soprattutto con l’obiettivo di riguadagnare i voti dell’elettorato tradizionale andati perduti dopo anni di politiche del lavoro incentrate sulla flessibilità.
Ma in cosa consiste nello specifico il provvedimento? Dal 1 Gennaio 2015, per legge, il datore di lavoro dovrà corrispondere ad impiegati e operai una retribuzione minima non inferiore a 8,50 all’ora, se non vorrà incappare in aspre sanzioni. Una rivoluzione, questa, che cambierà la vita di ben 4 milioni di lavoratori tedeschi. Secondo le stime del governo della Grande Coalizione, infatti, la fetta dei salari inferiori agli 8,50 euro minimi introdotti dalla legge è costituita al momento da una percentuale più bassa nei land dell’Ovest (10-15% della forza lavoro) e più alta in quelli dell’Est della Germania (25-30%), nei quali le sostanziali differenze salariali saranno auspicabilmente riequilibrate.
Non sono mancate le contestazioni alla legge da parte dei sindacati e della Die Linke, i quali lamentano le numerose eccezioni previste dal provvedimento. Restrizioni minime, invece, dal punto di vista della Nahles, che tuttavia ha dovuto accettare delle modifiche e delle estensioni al disegno di legge iniziale. Le categorie che non saranno incluse nella riforma del lavoro, per lo meno in prima battuta, sono quelle degli stagionali e dei venditori di giornali (per i quali è previsto un periodo di transizione di due anni), i minorenni (a cui potrebbe essere corrisposto un salario inferiore agli 8,50 euro l’ora per scongiurare che i costi elevati limitino le assunzioni o l’apprendistato, la cosiddetta Ausbildung) e i cittadini disoccupati da lungo tempo, che per i primi sei mesi non avranno diritto alla retribuzione minima.
Nemmeno gli imprenditori si dichiarano entusiasti della svolta e insieme a loro gli economisti, che hanno già prospettato uno scenario poco incoraggiante. Secondo gli analisti è prevedibile un impatto negativo non solo sui posti, ma soprattutto sui costi del lavoro, la cui competitività finora aveva rappresentato uno dei maggiori punti di forza del paese. Una ricerca di Deutsche Bank valuta che dopo l’introduzione della norma i posti di lavoro a rischio saranno tra i 450mila e un milione, andando ad incrementare un tasso di disoccupazione che già a febbraio scorso si calcolava intorno al 5,1%. Commerzbank, dal canto suo, stima che ci sarà un aumento dell’1% dei costi del lavoro già nei primi dodici mesi di applicazione della nuova legge. Per non parlare dell’impennata che rischiano di subire le cifre dell’immigrazione dai paesi dell’Est Europa, come Bulgaria e Romania, dove il salario minimo è di circa 1 euro all’ora.
Certo è che la componente socialdemocratica del governo ha voluto portare avanti a tutti costi la riforma e la Merkel ha onorato il patto, nonostante le perplessità iniziali. La Germania è il ventiduesimo dei 28 paesi europei ad essersi dotato di una legge che garantisca il salario minimo. I sei ancora fuori? Danimarca, Finlandia, Svezia, Austria, Cipro e la nostra Italia dove i contratti sono regolamentati (ma non sempre e, anche quando dovrebbero, non sempre sono rispettati) per settore. In base a una postilla relativa alla legge, in futuro il livello del salario minimo sarà concordato e stabilito da una commissione composta da rappresentanti di imprese e sindacati tedeschi, con la previsione di un aumento salariale già nel 2017.
A questo punto non resta che attendere e valutare le conseguenze che potrà avere la riforma nell’immediato e sul lungo periodo; per il leader dell’SPD Sigmar Gabriel, il 3 Luglio 2014 ha rappresentato una giornata storica per la Germania, un momento di svolta effettiva, con la certezza che la decisione sarà considerata anche ai posteri come uno spartiacque di grande progresso sociale. Sarà davvero così? Lasciamo che sia l’economia tedesca a parlare e a fornire le prime cifre, siano esse in positivo o in negativo, fermo restando che l’introduzione di un salario minimo in Germania è un passo rivoluzionario in un paese che storicamente ha sempre lasciato le parti sociali negoziare i salari in autonomia.
La foto dell’articolo è © Falk-Fotos CC BY-SA 2.0
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