Razzista? Dopo gli Usa, la Germania è il più popolare paese al mondo per gli immigrati
Premessa: il razzismo esiste in tutti i Paesi minimamente ricchi. È difficile estirparlo completamente, basta che qualcuno abbia poco affinché lo straniero che gli vive o passa accanto ogni mattina diventi il capro espiatorio di tutti i suoi mali. In Germania il razzismo esiste, a volte è palese (come dimostra l’NPD, il partito nazional-democratico), a volte mascherato dietro comportamenti circoscritti, che siano anche una battuta (“Italiano? Lavativo e mafioso” . “Greco? Debitore e paraculo”, ecc) che però lasciano intendere, nel fondo, una certa predisposizione a ragionare attraverso stereotipi. I tedeschi non ne sono esenti, ma le colpe del secolo scorso hanno creato una società più accogliente e tollerante di quanto si è soliti pensare. Prova ne è il recente studio realizzato dall’OECD – Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico secondo cui la Germania è il secondo paese più popolare al mondo dopo gli Stati Uniti. Lo stessa opinione è confermata da un sondaggio della Welt e forse non potrebbe essere altrimenti: sempre secondo l’OECD un quinto dei tedeschi ha origini straniere.
La popolarità della Germania nasce prima di tutto dall’impegno che lo stato tedesco assolve nel resto del mondo, tra missioni diplomatiche e creazione di centri culturali e linguistici. Come ha spiegato recentemente il ministro degli esteri Frank-Walter Steinmeier: “Per noi è molto importante che si impari il tedesco già stando nel proprio Paese e che questo apprendimento sia possibile dai primi anni di scuola fino all’università, coadiuvato dal Goethe-Institut e dalle borse di studio universitarie come il DAAD“. Portali come Make It in Germany che tengono aggiornati lavoratori qualificati che hanno desiderio di trasferirsi in Germania sulle reali possibilità di trovare un impiego, così come il numero sia degli immigrati comunitari (in continua crescita) che di rifugiati (si aspettano 300.000 richieste d’asilo nel solo 2015, più di ogni altro Paese europeo) dimostrano quanto la Germania cerchi – ricambiata – immigrazione.
Molto c’è ancora da fare, soprattutto per quanto riguarda il riconoscimento dei titoli di studio ottenuti all’interno dell’UE spesso – a torto – non automaticamente riconosciuti a livello legale, ma ancor di più visti con diffidenza, come se un’università francese, spagnola, italiana o polacca non valga una tedesca, ma è indubbio che quando si parla di Germania, oggigiorno, vale la pena fare una piccola pausa e ragionare bene su dove e cosa si intenda per Paese razzista e se fuori, in Italia, Francia, Olanda, Austria o Stati Uniti, la situazione sia davvero migliore.