Perché non abbiamo bisogno della satira razzista di Charlie Hebdo
Nella notte di capodanno Colonia è stata teatro di molestie, violenze e furti a danno di molte donne (compresa un’agente della polizia) che si trovavano in centro città. Nella stessa notte, a 400 km di distanza, Amburgo viveva lo stesso sgomento. Ancora più a nord, la Svezia. Un’ondata di shock senza precedenti ha così investito la Germania, propagandosi velocemente per l’Europa intera.
A suscitare polemiche ed illazioni è stato il minimo comune denominatore dei drammatici fatti citati in apertura, ossia la provenienza dei responsabili, fin dalle prime ricostruzioni indicati come uomini di origine nordafricana e mediorientale, fra cui dei profughi che avevano da poco richiesto asilo. È bastata una notte a stravolgere e scalfire le parole pronunciate da Angela Merkel a inizio settembre: «non porremo un limite al numero di richiedenti asilo in Germania. In quanto paese solido ed economicamente sano, avremo la forza di fare quanto sarà necessario». I profughi giunti in Europa piangevano di commozione: Germania ed Austria avevano appena aperto le frontiere con l’Ungheria, quest’ultima decisa ad impedire gli spostamenti dei nuovi arrivati.
A distanza di 4 mesi da quest’apertura senza precedenti della Germania, con il sospetto e la paura dilaganti, la cancelliera tedesca ha l’arduo compito di frenare i movimenti ultranazionalisti e xenofobi, fra tutti Pegida e Pro Koehln. La cancelliera non ha soltanto espresso l’intenzione di rimpatriare i rifugiati che si siano macchiati di reato grave, ma si sta anche adoperando su vari fronti per limitarne gli arrivi: fondi alla Turchia per i siriani presenti nei campi profughi, una conferenza internazionale sulla Siria il prossimo 4 febbraio per discutere degli aiuti finanziari ai Paesi che li ospitano e l’intenzione di fissare una quota predefinita di rifugiati da accogliere di anno in anno, oltre la quale respingere nuove richieste di asilo.
Se da una parte il governo tedesco ha assunto posizioni più rigide verso i migranti per non perdere il consenso popolare e fare il gioco dei partiti di estrema destra, in Svezia si è scatenato un vespaio di polemiche in quanto la polizia avrebbe insabbiato diversi casi di aggressione sessuale perpetrati la scorsa estate a Stoccolma da un gruppo di uomini afghani, onde evitare ripercussioni politiche a favore di partiti di destra anti-immigrazione. Anche la Svezia tuttavia intende inasprire la politica di accoglienza: come riportato da molti giornali di oggi, tra cui Der Spiegel e Die Welt, la Svezia sta infatti pianificando l’espulsione di 80.000 rifugiati dal Paese. In Francia, Charlie Hebdo è tornato a far parlare di sé per una nuova vignetta in cui si interrogava su cosa sarebbe diventato da grande Aylan, il piccolo siriano di 3 anni morto mentre cercava di raggiungere la Grecia con la sua famiglia, la cui foto ha fatto commuovere l’Europa intera. La risposta secondo Charlie Hebdo? Un molestatore di donne occidentali.
Di fronte allo sgomento generale, ognuno cerca di gridare la propria opinione un po’ più forte dell’altro, ma ciò che è emerso dagli sviluppi delle ultime settimane è che l’Europa non è preparata a gestire il problema, e non perché non ci siano stati segnali di allarme su quanto sarebbe inevitabilmente accaduto, bensì per la sua innata capacità di tenere la testa sotto la sabbia aspettando che la bufera passi da sé. Finché la bufera la sradica da terra e la travolge con la forza di un uragano.
L’Europa non era e non è pronta, non c’è un disegno comune che guardi oltre i confini nazionali: cos’è rimasto del sogno europeo di Konrad Adenauer, di Winston Churchill, di Alcide De Gasperi? Si parla della generazione Erasmus quasi fosse la bacchetta magica in grado di far rinascere l’Europa, integrandone i cittadini, ma che valori può assimilare la generazione Erasmus se tutto ciò che sembra rimasto dell’Europa è l’opposizione tra gli estremi di austerità e flessibilità, tra South Stream e North Stream, tra hot spot per i migranti e i muri alle frontiere?
Forse è dalla Norvegia che arriva il migliore esempio, un barlume di speranza: corsi sulle differenze culturali nel rapporto tra i sessi, lezioni di parità e di vera e propria educazione ai costumi locali per i profughi appena arrivati, per aiutarli a orientarsi nel Paese che li ha accolti. Forse c’è ancora speranza per credere che in Europa il piccolo Aylan sarebbe potuto diventare chiunque avesse voluto – un dottore, un insegnante, un padre affettuoso: questa la risposta della regina Rania di Giordania alla redazione di Charlie Hebdo. Forse in Europa Aylan si sarebbe realizzato come persona, lontano dalle tragedie che affliggono il suo Paese. Avrebbe realizzato i suoi sogni e sarebbe diventato il cittadino in grado di restituire al prossimo parte dell’ospitalità e solidarietà di cui avrebbe beneficiato al proprio arrivo. Forse Aylan sarebbe stato il modello in grado di ridar vita al sogno europeo.
Foto di copertina © Queen Rania – Facebook