Muore a 76 anni Christian Boltanski, l’artista della memoria la cui famiglia sfuggì alla deportazione

Ci lascia a 76 anni Christian Boltanski, uno dei più importanti artisti del nostro tempo. Rivive nelle sue opere la memoria della sua famiglia, sfuggita ai nazisti e alla deportazione

E’ morto Christian Boltanski, artista della memoria che tra le derive poetiche e le spinte concettuali ha sempre spostato un po’ oltre le trame del possibile. Diceva che se non avesse fatto l’artista, sarebbe diventato sciamano. In effetti, sono molti i risvolti spirituali, mistici e misteriosi delle sue creazioni. Che sempre vanno a indagare il tema del tempo e del ricordo. E ha vissuto un tempo denso questo grande dei nostri giorni, che ci lascia all’età di 76 anni a Parigi. Nato il 6 settembre 1945 nella capitale francese, pochi giorni dopo la Liberazione, ha portato la storia della sua famiglia come tassello imprescindibile d’ispirazione. L’occupazione nazista della Francia ritorna come memoria storica e personale in molte sue opere.

Quei racconti familiari che costruiscono un’identità

La madre era una scrittrice cattolica di origine corsa. Marie Elise Ilari Guérin, questo il nome, nascose il padre, medico ucraino di origini ebraiche, nell’appartamento di famiglia di rue de Grenelle. In una botola sotto il pavimento. Poi, per evitare sospetti chiese i documenti per la separazione dal marito e ne finse la scomparsa. Una storia familiare intessuta agli orrori della Seconda guerra mondiale è narrata dal nipote di Boltanski nel romanzo pubblicato da Sellerio. Il titolo, Il nascondiglio (2017), rimanda a quella possibilità di salvezza cucita al pavimento di casa. E così fu, e così Christian Boltanski è riuscito a raccontare, non testimone oculare della guerra, ma custode di racconti familiari dalla nascita.

Il peso della memoria

E’ una storia che travolge e un dolore che trova senso e guarigione attraverso l’arte. Afferma Cristophe, autore de Il nascondiglio: “Il mio bisnonno fuggì da Odessa che era investita ogni dieci anni da terribili pogrom. La paura ci teneva insieme come un cemento concreto. Una paura sconnessa dal trauma originale, anonima, onnipresente, paura della strada, dell’acqua, della bomba atomica. Eravamo diversi, lo sapevamo, e la diversità veniva dall’ebraismo. Non uscivamo. Non si lavavamo. Dovevamo stare continuamente insieme”. Nipote e zio lasciano in eredità il peso della memoria. Christian Boltanski ci lascia con una consapevolezza in più sul dovere del ricordo. Ogni sua opera parla di mancanza che va sanata, di vuoto che torna pieno se attenti gli diamo forma.

 

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Immagine di copertina: Boltanski “Anime”, screenshot from Youtube