La Turchia vuole regolamentare la ricetta del Doner Kebab. La Germania si oppone

La Turchia richiede la protezione del Döner Kebab come specialità tradizionale garantita. La Germania si oppone. Un dibattito tra problemi economici e culturali

La Udofed (International Doner Federation), associazione turca, ha chiesto all’Unione Europea di stabilire degli standard per un autentico Döner Kebab. La Turchia ha chiesto la protezione del Döner Kebab come STG, “Specialità tradizionale garantita”, per introdurre rigide linee guida sugli ingredienti e le modalità di preparazione. Questo ha generato una forte opposizione da parte della Germania.

Il Ministero dell’Agricoltura tedesco, guidato da Cem Özdemir, ha presentato un ricorso alla Commissione Europea contro l’iniziativa. Si mostra preoccupato che le nuove normative possano influire notevolmente sul mercato nazionale, aumentando ulteriormente i prezzi e limitando la possibilità dei produttori locali di adattare il piatto ai gusti regionali.

Questo dibattito, inoltre, va oltre le questioni economiche, toccando temi di identità culturale e integrazione. Il Döner Kebab si presenta come simbolo di ibridazione tra tradizioni turche e tedesche, ma un’attenta riflessione rivela anche che sia frutto di una forte gentrificazione gastronomica e che agisca più come una facciata piuttosto che da specchio alla reale situazione di integrazione, pessima, a Berlino. 

La commissione Europea avvierà una procedura di consultazione della durata massima di 6 mesi, in attesa di una raccomandazione dell’Ufficio Europeo per la proprietà intellettuale, prima di prendere una decisione sul caso Döner Kebab.

La proposta della Udofed e la reazione della Germania

La Udofed vuole standardizzare e disciplinare la produzione del Döner Kebab. La proposta  vuole che i kebab di carne rossa siano tali solo se si usa carne bovina di almeno 16 mesi o carne ovina di almeno 6 mesi. Anche i tagli sono specificati: devono provenire dalla parte della zampa e/o del dorso. Per i kebab di pollo, invece, l’associazione ha specificato un rapporto di miscelazione di 100 kg di petto o coscia di pollo, 8-10 kg di grasso animale e 2-3 kg di cipolle. Questo oltre al limite dello spessore delle strisce di carne tra i 2 e i 5 millimetri.

Il ministero dell’agricoltura tedesco ha presentato un ricorso contro l’iniziativa turca presso la Commissione UE. Questo perchè le linee guida imposte dalla Udofed si discostano notevolmente da quelle comunemente in uso in Germania. L’impatto che avrebbero sul mercato tedesco sarebbero molto significative. L’ulteriore aumento dei prezzi è una delle conseguenze (già saliti dai 4 ai 10 euro nel giro di due anni). Le specifiche richieste da parte della Udofed potrebbero richiedere cambiamenti nella produzione e nell’approvvigionamento degli ingredienti, oltre alle possibili modifiche alle tecniche di preparazione.

Bernd Lange dell’ SPD ha sottolineato come la produzione del Döner Kebab si sia affermata in modi diversi nei vari paesi, che presenta molte varianti regionali poichè frutto di un’ibridazione culturale nata proprio a Berlino. È proprio per la sua diversità che è ampiamente apprezzato e standardizzarlo sarebbe contro producente.

La DEHOGA Bundesverband ha scritto inoltre che le proposte della Turchia differiscono dalle preparazioni tipiche tedesche per il Döner e che i regolamenti porterebbero inevitabilmente a problemi economici per i negozi di kebab. “L’economia tedesca del Döner Kebab non dovrebbe sottostare alle regole turche, la diversità del kebab deve essere preservata“.

Le conseguenze in Germania

L’acquisizione dello status STG porterebbe a un disciplinare molto rigido a cui la Germania e i produttori di Döner Kebab si stanno opponendo. Il kebab è un settore che genera un fatturato annuo di circa 7 miliardi di euro, ormai un vero e proprio pilastro del cibo di strada. Delle regole più severe rischierebbero di penalizzare i piccoli produttori e rendere meno competitivo il settore. Il quale oggi continua a rispondere in modo più o meno flessibile alle preferenze di target piuttosto variegati.

Secondo i tedeschi, riconoscere il Döner Kebab come specialità tradizionale turca significherebbe ancorarlo alle sue radici, limitando in questo modo la libertà dei produttori di tutto il mondo di modificarlo secondo i gusti locali.

Il riconoscimento del prodotto solleva anche un’altra questione, legata all’identità culturale. Si tratterebbe infatti, secondo i tedeschi, di un tentativo di appropriazione di un piatto che però nasce in un contesto migratorio ed è frutto di ibridazione culturale, di mescolanza tra la tradizione culinaria turca e influenze tedesche.

Durante i 6 mesi in cui la Commissione Europea avvierà la procedura di consultazione sarà possibile per le parti interessate presentare osservazioni e argomentazioni a favore o contro la proposta dell’ Udofed. Permettendo così un dibattito approfondito e una valutazione equilibrata degli interessi in gioco.

Il Döner Kebab nasce a Berlino, un incontro tra culture

La parola “Döner” deriva dal verbo turco “dönmek“, che significa “girare”. La carne viene grigliata allo spiedo per ore e tagliata a fette fino ad ottenerla croccante e marrone. In Turchia, il piatto era originariamente fatto di carne di agnello e veniva venduto solo su piatto, come ancora oggi. Ma negli anni ’70 gli immigrati turchi a Berlino decisero di servirlo in una focaccia e di cambiare la ricetta in modo che avesse un sapore particolarmente buono per i berlinesi.

L’invenzione si riconduce a un lavoratore turco, Kadir Nurman. Arrivato a Berlino con numerosi altri operai provenienti dalla Turchia, si accorse subito che la Germania era un paese di lavoratori e che la gente mangiava di fretta. Per questo ebbe l’idea di adattare il tradizionale kebab turco per berlinesi in cerca di un pasto veloce e conveniente.

Invece di servirlo nel piatto lo propose in un panino pita, farcito con carne di agnello o vitello tagliata finemente, accompagnata da verdure e salse. Questa variante del kebab si diffuse a tal punto da diventare un’icona dello street food in molti paesi europei, modificandosi e adattandosi ai gusti locali. 

Il Döner Kebab (in piadina) nasce quindi proprio in Germania in concomitanza con i movimenti migratori degli anni ’60 e ’70 durante il periodo del Gastarbeiter (accordo tra governo tedesco e turco per soddisfare la crescente domanda di manodopera nel paese durante il periodo di boom economico del dopoguerra). Per questo motivo il kebab viene considerato il piatto multiculturale per eccellenza, rappresentante l’incontro tra diverse tradizioni culinarie e dell’evoluzione delle pratiche gastronomiche con i nuovi e diversi contesti sociali.

Kebab: tra multiculturalismo e “gentrification” gastronomica

Il kebab è senza dubbio un piatto multiculturale, ma è importante riconoscere anche che sia frutto di un processo di gentrificazione culturale e gastronomica. Il Döner Kebab è stato infatti reinterpretato e adattato per soddisfare le preferenze di una clientela differente e più abbiente rispetto ai lavoratori turchi da cui proviene.

Nel tempo il Kebab ha conquistato un pubblico più vasto, attraversando un processo di valorizzazione e riqualificazione. Oggi lo troviamo nei ristoranti fusion che utilizzano ingredienti di alta qualità e tecniche culinarie sofisticate, comportando un aumento dei prezzi. Questo fenomeno è un chiaro esempio di gentrificazione gastronomica: un piatto tradizionalmente economico e popolare che diventa alla moda, rivolgendosi a un nuovo target di consumatori.

Uno dei timori legati a questa trasformazione è che il kebab possa allontanarsi completamente dalle sue radici. I turchi temono proprio questo distacco, ma è importante notare che, come molti altri piatti tradizionali adattati in nuovi contesti culturali (es. sushi), il kebab si evolve per incontrare i gusti locali. Anche se può sembrare che si perda l’autenticità, l’essenza del kebab – la carne cotta su uno spiedo e affettata – rimane fedele alle sue origini medio-orientali. Inoltre, molti ristoranti di kebab in Europa sono gestiti da persone di origine turca o kurda, mantenendo vivo il legame con le tradizioni originali.

Tutti i cambiamenti che il kebab ha subito non rispondono quindi a un totale abbandono delle radici, quanto a una loro re-interpretazione. Si tratta di ibridazione culturale, più che di totale distaccamento, il che dimostra come le tradizioni si trasformino, si fondino e si adattino a nuovi contesti per far nascere qualcosa di nuovo.

Lo stretto legame con i flussi migratori

Il kebab è spesso celebrato come simbolo di multiculturalismo e di ponte tra cultura tedesca e turca. Tuttavia, dietro questa narrazione, si cela una storia complessa di emarginazione e ghettizzazione, che evidenzia la contraddizione tra l’accettazione di un simbolo culturale e la mancata inclusione delle persone che lo rappresentano. La comunità turca è arrivata in Germania negli anni ’60, per contribuire al boom economico del dopoguerra. La comunità giunse per un periodo che doveva essere temporaneo dove lo stato e i cittadini tedeschi non si impegnarono affatto a favorirne l’integrazione.

Oltre la poca volontà dei turchi ad integrarsi, la Germania contribuì di canto suo all’isolamento e alla ghettizzazione dei turchi con politiche di cittadinanza fortemente razziali. Modelli poco inclusivi, basati più su una politica di assimilazione che di integrazione, dove molti turchi si sono sentiti costretti a rinunciare a parte della loro identità. Un esempio è il mancato riconoscimento della doppia cittadinanza.
Ciò ha fomentato l’odio razziale, acuendo la segregazione di un gruppo già di per sè appartato, che si radicò tra Neukölln e Kreuzberg, oggi noti come i “quartieri turchi di Berlino,
diventati micro-società con attività orientate esclusivamente alla comunità turca. Qui l’emarginazione e l’assenza di prospettive di crescita economica hanno prodotto disoccupazione, dispersione scolastica e criminalità.

Il paradosso del Kebab che in realtà nasconde una storia di emarginazione e ghettizzazione

In questo contesto, la storia del kebab come simbolo del multiculturalismo e di ibridazione rappresenta nient’altro che un paradosso. Racconta una storia completamente diversa dalla realtà, in contrasto con un’integrazione che nei fatti è stata un completo fallimento. La comunità turca è ancora oggi ghettizzata nonostante le trasformazioni della società. Presenta ancora difficoltà di accesso a opportunità equivalenti a quelle della popolazione autoctona, in un parziale radicamento culturale e linguistico.

Il Döner kebab è entrato al centro della cucina tedesca ma i suoi creatori ne stanno ai margini, economicamente e socialmente. Non si può parlare di integrazione quando ad essere inclusa è solo la manifestazione più superficiale, commerciale e sfruttabile di una cultura senza le persone che la incarnino. I negozi di kebab vengono apprezzati e frequentati, ma i proprietari rimangono intrappolati in un sistema che li percepisce come “altri”. Questa dinamica paradossale riflette quanto il multiculturalismo possa essere usato in chiave consumistica e superficiale, piuttosto che di reale integrazione: il segno di una finta multiculturalità riuscita che in realtà maschera ignoranza, sfruttamento ed emarginazione.

La vera integrazione, quella che include e valorizza ogni individuo a prescindere dalla provenienza, non si misura dal numero di kebab venduti. È il “mercato” a garantire alle generazioni future di sentirsi pienamente parte di una società che non li consideri semplicemente come “altri” ma parte di qualcosa.

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