Ho passato una serata al Ficken3000
Un giovedì dalle mille facce, senza maglietta, con la bronchite e, soprattutto, senza aspettative. Il Ficken3000 è senza dubbio un motivo per parlare di libertà
*articolo di Federica
La serata di Giovedì scorso a Berlino mi ha confermato nuovamente che è proprio vero che le cose migliori della vita sono quelle inattese, perché non ci sono aspettative. Le mie, quella sera, erano molto basse. Partivo da una base poco solida. Avevo preso una bronchite decisamente aggressiva dopo una serata passata in un bar. Nella maggior parte dei bar notturni, infatti, è permesso fumare all’interno. In quello che avevamo scelto per fare due chiacchiere tra amici, sembrava avessero organizzato un incontro tra i tabagisti più accaniti della città. Tra tosse e starnuti mi son fatta forza, solo perché la mia amica, venuta a trovarmi da Torino, scalpitava per uscire.
L’outfit giusto non costruisce la serata, ma è la serata a costruirti l’outfit
La destinazione era lontana, perciò abbiamo optato per un Bolt, un servizio taxi privato che, a differenza dell’Italia, esiste ed è anche ad un prezzo abbordabile. Soprattutto per studenti come noi. Scese dal bolide, come vere dive metropolitane, ci siamo avviate verso il bar-ristorante Paolo Pinkel. L’atmosfera all’interno è molto chic, un ambiente scuro, costellato di piante tropicali e illuminato solo da luci rosse. Un ambiente rilassato e sensuale, dove si bevono cocktail con più ingredienti della mia cena e si fumano sigarette dal fumo denso come un sour. L’utenza era giovane e molto alla moda. Io, malaticcia e frastornata, non mi ero preparata a sfoggiare outfit elaborati. Per salvarmi da questo leggero imbarazzo, erano arrivati gli amici con cui avremmo continuato la serata. Loro ci propongono un altro locale da esplorare: il Ficken 3000, un locale gay, di cui avevo già sentito parlare. Accettiamo subito e volentieri. Senza indugi usciamo dal locale e ci avviamo a piedi, tra chiacchiere e risate, in pochi minuti ci troviamo di fronte una fila disordinata, composta per la maggior parte da uomini in mutande. L’outfit giusto iniziava a essere una necessità lontana.
La selezione, file rumorose e niente donne
Abituati al silenzio tombale delle code dei club, abbiamo optato per il silenzio, nonostante l’atmosfera fosse frizzante e libertina. Questo fino a che un “armadio di buttafuori” 60enne, si gira verso di noi e guardando me e le mie due amiche, circondate dai nostri quattro amici, esclama “le donne non sono gradite all’interno!”. Ci travolge un’onda di perplessità. Non si può supporre, d’altronde, l’identità di genere dall’aspetto esteriore della persona. Forti, anche, dell’evidente apparenza gay di tutti i nostri amici, ci introduciamo nel locale a testa alta, a dimostrazione di non essere intimorite. L’entrata di 8 euro la paghiamo a uno sfarzoso cassiere con mise composta da slip brillantanti e collanine di conchiglie. Finalmente iniziamo a renderci conto di dove fossimo atterrati.
L’interno: platinato, libero e fa caldo. Con la scusa di spogliarci tiriamo le fila di un discorso più complesso
L’interno è composto da un semplice bancone con una piccola dance hall. Il posto, grande quanto un salotto di una casa italiana, è arredato da specchi alle pareti, con grandi schermi agli angoli della stanza, che mostrano in loop video porno degli anni 80. Molto platinati ed esclusivamente gay. Scendendo, poi, da scale in acciaio ripidissime, si accede a un seminterrato. Questo ambiente molto buio e umido è pienissimo di gente, credo molte oltre il limite della capienza legale. Proprio per la densità di persone in movimento, la temperatura percepita è di 50 gradi circa. Le pareti, che sudano quanto noi, fanno scendere goccioline di condensa dal soffitto. Naturalmente ci liberiamo di vestiti ormai diventati obsoleti. Senza neanche accorgercene, io e la mia amica, ci ritroviamo a girare in reggiseno con il sorriso stampato in faccia in una stanza piena di uomini.
Essere liberi di essere ignorati
La consapevolezza che l’intera utenza della serata non fosse attratta sessualmente dai nostri corpi ci ha dato subito lo spazio per poterli esplorare attraverso la libertà della nudità che, di solito, è preclusa alle donne, fuori dalle mura di casa. È facile capire di cosa parlo, se si pensa a quante volte, semplicemente in situazioni di caldo, sia molto frequente e naturale e quasi automatico per un uomo, togliersi la maglietta e restare a petto nudo. Per chi ha un seno, anche se non prosperoso, questo gesto è molto difficile da compiere. Soprattutto in Italia. A Berlino, (non in tutta la Germania) anche nei club più tirati, mi è capitato spesso di vedere ragazze libere da indumenti per motivazioni di ogni genere. Questa emancipazione è possibile in ambienti dove ci si può sentire sicure di non essere approcciate da uomini, che suppongono che tu voglia attirarli, solo perché ti sei tolta una maglia per il caldo. È stato molto facile per noi spogliarsi al Ficken, proprio perché i presenti non erano attratti sessualmente da noi. Un bel sogno che diventa un incubo, quando capisci che normalmente non è così. Nonostante questa mancanza di attrazione, abbiamo ricevuto un sacco di complimenti gentili. La mia amica, girandosi, infatti, ha esclamato “Non mi son mai sentita cosi bella in una serata!”. Ed è proprio questa la liberazione degli ambienti gay: sentirsi valid*, bell* e rispettat* per il modo in cui si vuole apparire e in cui si è, non attraverso la lente distorta della sessualità tossica, spesso relegata al corpo femminile.
Ficken approvato e Philippe che mi ricorda l’Italia (e i suoi limiti)
Questa libertà rende il Ficken anche un luogo dove si possono avere rapporti sessuali. Se non vuoi vedere, puoi uscire. Se non interessa vedere puoi trovare altre cose da fare, come in un qualsiasi altro bar con delle musica, ovvero bere e ballare. Abbiamo, infatti, continuato la nostra serata felici e contente, ballando su ritmi di mix di musica pop, dagli anni 80 alle hit odierne di TikTok , su basi con bpm altissimi in pieno stile queer. Mi è capitato di conoscere personalità interessanti. Philippe, ad esempio, è un ragazzo di Parigi che, stanco dell’aria giudicante della capitale francese, è partito 6 anni fa per Berlino. È proprio 6 anni fa che ha iniziato a fare la drag queen trovando uno spazio di visibilità in Zalando, l’azienda per cui lavora. Philippe, con alcuni dei suoi colleghi lgbtq+ organizza un carro, totalmente finanziato dall’azienda, per marciare durante la Street Gay Pride Parade. Questo mi fa subito pensare alla situazione in Italia, dove le persone non conformi all’identità di genere binaria e alla eterosessualità fanno fatica a trovare un posto di lavoro in azienda. Ci sono persone che sognano di avere un lavoro, figuriamoci essere anche celebrate per quello che sono durante il Gay Pride o il Gay Month di giugno.
Ho sudato e ballato, sognando di sentimi libera per altri 5 minuti
Dopo aver sudato e ballato senza sosta per 3 ore eravamo sfinite. Rimesse le magliette, avevamo bisogno di un po’ d’aria fresca. Nonostante fossimo fuori, è proprio li che ci siamo sentite di nuovo rinchiuse e abbiamo iniziato a sognare di un mondo, dove potessimo sentirci libere come dentro il Ficken.
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