Germania, tribunale per chi scriverà messaggi d’odio sui social network
Il Governo Merkel si prepara a inasprire le leggi sul linguaggio online. Le piattaforme social saranno chiamate a un più rigoroso controllo
Date le sempre più numerose minacce contro i politici e il crescente pericolo dei gruppi di estrema destra, la Germania è pronta a inasprire le leggi sul linguaggio online. In particolare sui social network. Mercoledì, i ministri del governo Merkel saranno chiamati a prendere provvedimenti in merito. Il progetto di legge aumenterà le pressioni su società come Facebook e Twitter per rimuovere rapidamente i contenuti considerati offensivi. Si prevede anche una collaborazione tra i giganti della Silicon Valley e la polizia federale tedesca. Le piattaforme dovranno denunciare alcuni tipi di contenuti illegali alla polizia, che a sua volta comunicherà i dati ai pubblici ministeri. Dovranno essere denunciate la propaganda neonazista e piani per un attacco terroristico. Ma non solo. Saranno denunciate anche quelle persone che approvano i crimini, minacciano di morte o stupro e condividono immagini pedopornografiche. Per questi ultimi Berlino chiede la reclusione in carcere fino a 3 anni. Il disegno di legge renderebbe ancora più severe le pene per i crimini derivanti da un movente antisemita, che secondo il ministero della giustizia sono aumentate del 40 per cento dal 2013. Le piattaforme che si rifiuteranno di cooperare dovranno pagare una multa fino a 50 milioni di euro.
La Germania dice basta ai crescenti casi di razzismo e incitazione all’odio degli ultimi mesi
Il ministro della Giustizia Christine Lambrecht fa sapere, attraverso il sito ufficiale del ministero, che «in futuro, coloro che fanno minacce o diffondono l’odio online saranno perseguiti più duramente e più efficacemente». Affermazioni che arrivano solo dopo diversi giorni dall’arresto di 12 uomini che avevano pianificato attacchi terroristici alle moschee. Le norme avranno dei limiti, lasciando alla persona direttamente interessata la scelta a procedere per ingiuria o diffamazione. Nei casi più gravi, come terrorismo e omicidio, il giudice può ordinare alle piattaforme di fornire le credenziali degli utenti in questione. «I crimini d’odio finiranno finalmente al loro posto: davanti a un tribunale», ha detto il ministro degli Interni Horst Seehofer.
Hate speech, la piaga della nostra società
L’incitamento all’odio o “hate speech” è una delle piaghe della nostra società così come la disinformazione e le fake news. A confermare l’influenza che questi fenomeni hanno sulle nostre vite digitali ci sono diverse ricerche e sondaggi, come quello condotto qualche mese fa su Parole Ostili. Da quel sondaggio emerse che il 39% degli italiani teme di essere abbindolato dalle fake news che circolano sui social. Mentre il 68% considera la violenza verbale “il nuovo modo di comunicare ai tempi di internet”. Ipotizziamo che sia possibili mettere tutti d’accordo su cosa sia l’incitamento all’odio e sulla necessità di fermare il flusso di fake news. E che i grandi capi delle piattaforme si mostrino sempre disponibili a rivedere i propri regolamenti interni secondo le disposizioni di ogni singolo. Siamo sicuri che tutto questo basterebbe a fermare il fenomeno?
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Immagine di copertina: pixabay