Sempre più giovani tedeschi si uniscono ai jihadisti: in Germania scatta l’allarme

“Sempre più genitori in pensiero si rivolgono ad una hotline di consulenza dell’Ufficio Federale per la Migrazione ed i Rifugiati, in quanto temono che i loro figli siano diventati radicali.” Inizia così l’articolo del Frankfurter Allgemeine Zeitung di domenica scorsa, intitolato “Halten Sie mein Kind auf!”, “Fermate mio figlio!”. La paura di vedere i propri figli coinvolti in azioni terroristiche legate agli jihadisti cresce: la linea telefonica messa a disposizione dal Governo Tedesco monitora il fenomeno e cerca risposte.

I casi sono in aumento, soprattutto dall’inizio del conflitto in Siria. Come dice Florian Endres del Beratungsstelle Radikalisierung all’Augsburger Allgemeine: „Possiamo riscontrare che dall’inizio dell’anno abbiamo ricevuto un numero di telefonate nettamente più alto.” La linea telefonica è attiva da due anni e mezzo ormai e ha raccolto le voci e le preoccupazioni di oltre 1.000 persone: 100 di loro si sono rivolte ai centri di assistenza tra giugno e settembre; da quando il conflitto è in corso, si riscontrano tra le tre e le cinque telefonate alla settimana. Sono circa trecento i casi presi in esame finora dagli sportelli: due anni fa erano solo 70. Si tratta di un caso d’isteria collettiva, oppure ci sono le basi per preoccuparsi? Le fonti parlano di circa una dozzina di ragazzi che hanno già raggiunto la Siria, cui vanno aggiunti altri trenta casi di giovani che hanno manifestato la volontà di partire e prender parte al conflitto o che sono stati fermati per tempo dalla polizia prima di raggiungere la meta. Parliamo di Siria, ma dalle voci alla cornetta trapela il terrore per l’Iraq: a telefonare sono soprattutto mamme preoccupate e nella maggior parte dei casi si parla di ragazzi tra i 18 ed i 24 anni, provenienti da situazioni familiari difficili. Eppure, non ci sono solo i giovani. E soprattutto, non solo i figli di immigrati: più di due terzi dei genitori che chiamano non hanno un background di migrazione.

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La hotline di cui stiamo parlando è stata attivata all’inizio del 2012. Gli sportelli regionali di consulenza sono quattro: Berlino, Bochum, Brema e Francoforte; le telefonate vengono smistate da tre operatori presenti a Norimberga. I centri raccolgono le preoccupazioni di familiari ed amici, cui forniscono consigli su come gestire la situazione. Come dice Endres: “Cerchiamo di dare speranza ai genitori e di renderli più forti, di reinstaurare la fiducia e di gettare le basi della comunicazione”. Una buona idea insomma, tanto da venire presa come modello anche oltre i confini tedeschi, come diceva il Presidente del Bundesamt Manfred Schmidt il 28 Maggio al Nordbayern: “[Lo sportello] è unico nel suo genere in Europa. Ci chiedono consiglio e spunti a livello internazionale.” La linea telefonica non è il solo programma attualmente presente: c’è chi punta alla prevenzione, come nel caso di “Wegweiser”, progetto attivo nel Nordrhein-Westfalen. Di prevenzione parla anche il Ministro degli Interni Peter Beuth: “Il Salafismo è attualmente il movimento sul territorio nazionale più dinamico e con la crescita più rapida.” Sottolineando la gravità della situazione e la necessità di salvare i giovani dall’estremismo, “l’Hessische Landesregierung ha deciso di sviluppare una rete nazionale eccezionale contro il Salafismo. Fino alla fine dell’anno vi verranno stanziati oltre 200.000 euro.”

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Che non si tratti di esagerazione lo dicono le cifre: secondo l’Augsburger “Dallo scoppio dei combattimenti in Siria nel 2011, più di 400 islamisti dalla Germania sono partiti alla volta della “Guerra Santa”. Circa 40 devono avere trovato la morte, alcuni anche in attentati suicidi.” Quali ragioni portano a partire? Come diceva Endres in un’intervista rilasciata al Badische Zeitung già il 12 Marzo di quest’anno “La maggior parte proviene da famiglie nelle quali la trasmissione dei valori non ha avuto un ruolo importante. Molti non conoscono nemmeno bene la propria religione.” Come si sottolinea nell’articolo, i radicali li adescano sui social media, fornendo loro dei punti di riferimento che paiono saldi per dare un senso alla propria vita. Ma ci sono anche quelli che lo fanno per sfidare i propri genitori: è nato il termine “Pop-Jihadismo”.

Il Medio Oriente non smette quindi di fare parlare di sé, stimola anzi a cercare risposte laddove i fenomeni si complicano: se guardiamo il caso che ha scioccato la Scozia, la ragazza era “ben integrata nella società”. Come si identifica allora il pericolo? Ma soprattutto, come guardare a questi giovani tedeschi: in quanto maggiorenni e quindi grandi abbastanza per essere responsabili dei propri gesti, oppure come fascia debole facilmente strumentalizzabile? “Gli eroi son tutti giovani e belli”, ma sono soprattutto figli di un’epoca che non sempre fornisce loro gli strumenti per compiere scelte cosapevoli. Più che distinguere tra approcci buonisti ed intransigenti, dovremmo forse chiederci quanto soddisfacenti siano per questi giovani i modelli d’integrazione proposti. La domanda, potrebbe partire da Berlino e abbracciare l’Europa intera.

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Come i genitori di Aqsa, la ragazza scozzese partita per sposare un combattente, dicono riguardo al Regno Unito: “Siamo preoccupati che il crescente clima di paura in questo Paese significhi che i figli non parlino con familiari ed amici di come si sentono, e ciò significherà solo il disastro per la società.” Resta da chiedersi se la situazione sia o meno differente nella iper politically-correct Germania.

La linea telefonica è attiva dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 15:

(0911) 943 43 43.
Per chi preferisce le mail: beratung@bamf.bund.de
Per ulteriori informazioni e dettagli, vi rimandiamo al sito

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