Febbraio 1989: in viaggio nella DDR. Un racconto
Febbraio 1989: a Berlino fa molto freddo, c’è il Muro e la situazione non sembra destinata a cambiare…
di Claudio Petrozzelli (autore del blog Travelling WP)
Tornare indietro nel tempo, a più di 30 anni fa, e rivivere Berlino con un racconto. Un mio racconto, uno di quelli che non hai vissuto in prima persona, ma ti sembra comunque vero. È un freddo sabato di febbraio, piove. Dall’aeroporto di Tegel, Berlino Ovest mi sto dirigendo al Checkpoint di Friedrichstraße. La tensione mi attanaglia. Un permesso di 48 ore e 20 franchi sono tutto quello che ho.
Arrivo a Berlino Est. La mia visita inizia sulla Karl-Marx-Allee. Scorgo il Cafe Moskau e penso subito agli incontri tra Gorbachev e Honecker. Ad ottobre la DDR festeggerà i suoi 40 anni e gli operai sono già al lavoro per rendere tutto perfetto.
Pochi passi e sono già ad Alexanderplatz. È quasi tardo pomeriggio; mentre capisco cosa fare vengo avvicinato da un individuo. Ho paura. Sarà un uomo della Stasi? Tre interminabili minuti dopo scopro con sollievo che è un ingegnere sovietico trasferitosi qui per lavoro. Si chiama Yuri Gueffroy. Gli spiego che sono qui per scoprire da vicino la realtà socialista ed entriamo subito in sintonia. Vuole a tutti i costi invitarmi a casa: accetto.
Abita in uno dei nuovi Plattenbau a pochi passi dalla Haus des Lehres. A fare gli onori di casa c’è sua moglie Christiane. Hanno due figli: Chris e Ariane. Con il Mokka-Fix sul fuoco e i cracker Fillinchen sul tavolo Yuri mi fa visitare la sua dimora. Poi si ferma ed apre una teca. Con orgoglio mi mostra il distintivo di merito per il lavoro collettivo socialista. Mi dice di esserselo guadagnato lavorando alla costruzione della nuova sezione del muro a Bernauer Strasse.
Si è fatto tardi, devo salutarli. Non prima di averli ringraziati e di aver lasciato loro il mio indirizzo; un giorno forse ci scriveremo.
Il mio ostello è sulla Sigmund Jähn Strasse, una strada intitolata al primo cosmonauta della Germania Orientale.
Ho tanti interrogativi che mi passano la testa. Yuri e sua moglie erano davvero convinti che questo fosse il mondo migliore: gli asili nido, gli strumenti di supporto alle famiglie, la vita dignitosa che poteva permettersi anche un semplice operaio. L’economia pianificata era davvero la soluzione?
Non c’è tempo per le risposte, è già giunto il momento di riposare. Il letto è duro ma la stanchezza è troppa, la coperta ammuffita solo un dettaglio. Sono soltanto le 10 e 30 di sera ma il letto in acciaio è il miglior passatempo che Berlino Est può offrire in una fredda notte d’inverno.
La notte è passata lenta ma è ora di svegliarsi, l’inverno mette il gelo nelle ossa ma bisogna andare avanti. È domenica, giorno di festa; nonostante questo i berlinesi dell’est in giro sono pochi. Molto probabilmente, visto il bel tempo, sono tutti fuori città.
Il socialismo è così, quasi paradossale: un medico guadagna quanto un operaio, entrambi hanno la stessa Trabant ed entrambi hanno una piccola dacia fuori città per rilassarsi nei giorni di festa. Nessuno osa lamentarsi, a molti va bene così. Il prezzo da pagare per l’eguaglianza è alto, il regime non fa sconti ma tutto sommato si vive bene. Passeggiando tra Friedrichshain e Lichtenberg e non senza patemi arrivo al Treptower Park.
L’imponenza della statua del Guerriero liberatore mette paura. Il silenzio nell’aria è surreale, riesco quasi ad immaginare l’inno sovietico quando vedo dei garofani rossi posati su una stele ornata da una stella e da 4 lettere: CCCP.
È ormai quasi sera. Passeggiare con le guardie minacciose della DDR in lontananza non è esattamente una cosa piacevole: scavalcare il muro e navigare nella Sprea per raggiungere l’ovest è praticamente impossibile. Alcune fonti parlano di 138 morti fino ad ora, ma potrebbero anche essere di più.
Altra nottata, altro freddo. È lunedì, sono le 6 del mattino ed un sole lucente illumina Berlino; mi dirigo verso il checkpoint di Friedrichstraße. È davvero presto ma già c’è una coda abbastanza lunga. Tempo un’ora e sono all’aeroporto di Tempelhof, il boing 727 di Alitalia è già sulla pista. Si torna in Italia.
Sono passati pochi giorni dalla mia visita a Berlino Est. È sabato mattina, 9 Febbraio. Mentre faccio colazione ed apro un quotidiano, nella pagina delle notizie internazionali mi balza all’occhio una notizia: “Ancora morte a Berlino Est. Un giovane di 21 anni, il suo nome sembra essere Chris Gueffroy, è stato ucciso nella notte tra il 5 ed il 6 febbraio mentre con un amico cercava di passare il confine attraversando un canale nei pressi del quartiere Baumschulenweg“
Poteva davvero essere quel Chris, il figlio di Yuri e Christiane? Magari sarà una coincidenza mi dico.
Pochi giorni e purtroppo l’amara realtà viene confermata da una foto che riesco a trovare in uno dei pochi quotidiani tedeschi disponibili qui in Italia. Quel giovane con il sogno di diventare pilota era stato ucciso, trucidato da 10 pallottole mentre abbandonava la sua famiglia pur di scappare da una realtà che gli stava stretta.
Sono ormai passati 30 anni, non ho avuto il coraggio di scrivere ai Gueffroy ma ogni giorno penso a quella famiglia che mi aveva aperto le porte di casa facendomi sentire come uno di loro. Penso al dolore provato da Yuri e Christiane, penso ad Ariane ed al suo sogno di diventare medico. Penso a Chris.
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A Chris, ultimo caduto sotto il fuoco delle guardie di confine della DDR ed a tutte le 99 persone morte perché speravano di trovare maggiore libertà aldilà del muro.
Tutte le foto sono © Claudio Petrozzelli