Cose che capitano a Berlino quando si prova a rimorchiare in discoteca a fine serata
Certe volte succede che alcuni tuoi amici berlinesi ti raccontino storie che, per quanto sai bene che possono capitare ovunque, Berlino non ne ha assolutamente l’esclusiva, viene comunque da chiederti se ne avresti sentito parlare altrove
Siamo al Club Watergate . Marco, Lena e Fabian sono andati a ballare al Watergate. “C’è una bella serata di musica elettronica”. Sono entrati alle due, ora sono le cinque e mezzo. Lena se ne è andata via già da un po’, Marco si sta baciando con una ragazza conosciuta un’ora fa mentre faceva la fila per un cocktail, Fabian è solo in pista, ma da qualche minuto si sta scambiando una serie di sguardi con una ragazza bionda un po’ in carne, ma con dei begli occhi color nocciola e un viso che in qualche modo lo ispira. E’ da un po’ che non va a letto con nessuna, è un periodo in cui si sente un po’ insicuro con le ragazze dopo una bella serie di rifiuti consecutivi, ma capisce che questa volta ha un po’ di margine su cui lavorare. Non ha nulla di particolare da dire, ma nonostante quanto gli abbia sempre detto suo padre (“Se le piaci già, non hai bisogno di una scusa per parlarle“) decide che si potrebbe presentare da lei direttamente con due birre ed offrirgliene una. Al bancone ormai non c’è quasi nessuno, niente fila, e continuando a girarsi per non perdere di vista la ragazza, ordina due Beck’s. Fatto il carico si avvicina a lei tenendo le braccia e le due birre lungo i fianchi in modo da sembrare il più disinvolto mentre le si avvicina. Quando è ormai ad un paio di metri di distanza lei incrocia il suo sguardo e gli sorride. “Ciao!”, “Ciao!”, “Ti va una birra?”, “Perché no?” le dice lei accettando l’invito di Fabian che nel frattempo le ha mostrato la bottiglia in più. Cominciano a ballare, si dicono parole all’orecchio che la musica copre, lui si fa più coraggioso i suoi passi diventano sempre più vicini ai suoi e i movimenti del corpo, per quanto un po’ impacciati, cercano di seguire le movenze della ragazza. “Mi chiamo Agneska” “Fabian!” le risponde lui. Passano pochi minuti ed ecco che lui le lancia uno sguardo che lei sostiene senza problemi. Si baciano. Lei lo bacia fin da subito con la lingua, quasi gli lecca il viso quasi che lo volesse inumidire in vista di chissà cosa. Le mette la mano sul sedere, lui ci mette un secondo a sentire che se va avanti così rischia di macchiarsi i pantaloni senza neanche che sia successo nulla e così accoglie con piacere la proposta di lei. “Andiamo a casa mia?”.
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Agneska abita vicino al Goerlitzer Park, Kreuzberg, non lontana dal locale. Vanno a piedi. Lungo il percorso non si baciano né si tengono la mano. Lei lo precede, a volte per stare al suo passo Fabian deve quasi corricchiare. Arrivano al portone. Lei apre. Fanno le scale. Lui vuol far sentire che tiene in pugno la situazione e così, appena si apre la porta di casa lui le mette la mano sul fianco e spingendola contro lo stipite la bacia. L’ha presa alla sprovvista, ma nota che a lei ha fatto piacere. I baci diventano sempre più intensi, lei le passa le mani tra le cosce e, sottovoce, nell’orecchio gli dice qualcosa che lui non capisce bene, è troppo eccitato, ma che ha a che fare con il sesso che poco dopo, questo è chiaro ad entrambi, si appresteranno ad iniziare. Fabian rimane in silenzio, non ha capito che si tratta di una domanda, ma quando lei le pone un “e allora?” lui dice di sì senza pensarci troppo. Ha altro per la testa, “queste cose poi si vedono a letto” pensa.
Lei si divincola dalla sua presa. “Devo andare in bagno aspettami in camera da letto, è la prima a destra”. Fabian appende la giacca nell’ingresso ed entra in camera. C’è un letto grande a due piazze che sembra uscito da una casa aristocratica dell’ottocento, legno massiccio, lenzuola bianchissime. Tutto intorno neanche un quadro, nella stanza non c’è altro che il letto, una lampadina, un comodino e una finestra con le serrande abbassate. “Non posso spogliarmi, mi siedo ed aspetto di andare anche io in bagno” pensa Fabian che cerca di respirare profondamente e a prepararsi mentalmente a quanto sta per succedere . Agneska esce dal bagno ancora perfettamente vestita, con tanto di borsetta a tracolla. “Posso andare io ora?”, “Certo, fai pure, se vuoi utilizza l’asciugamano verde”. Fabian passa in bagno tre, forse cinque minuti, non se lo ricorda esattamente, in ogni caso il tempo di darsi una completa rinfrescata. Finalmente esce. Attraversa il piccolo corridoio e apre la porta della camera di Agneska. C’è uno strano odore. Guarda Agneska. E’ nuda, in piedi e di spalle che cerca di rimettere qualcosa di vetro dentro al comodino. Lei si gira. Lo guarda, poi notando il viso contrito di lui dice: “Tanto poi ci laviamo”. Fabian guarda finalmente al centro del letto. C’è un pezzo di cacca fresco. Riavvolge i pensieri e si rende conto che nel comodino Agneska ha riposto un barattolo. L’eccitazione di prima è improvvisamente sovrastata da un conato di vomito che fa fatica a trattenere, corre non verso il bagno, ma verso la porta di casa. Prende la giacca e corre giù lungo le scale, giusto il tempo di rimettere sul marciapiede. Guarda in alto e cerca di capire quale sia la finestra di Agneska. Vede una luce spegnersi. Sarà sicuramente lei. La saluta mentalmente. Non la vedrà mai più.
Cronaca semiseria di un ritorno a casa in s-bahn, un venerdì notte a Berlino
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