Berlino, riapre il mercatino di Breitscheidplatz. Blitz e fermi in tutta la Germania

A tre giorni dall’attacco che ha colpito Berlino la sera di lunedì 19 dicembre, riapre il mercatino di Natale di Breitscheidplatz.

Dopo il lutto e lo sgomento, Berlino prova a ripartire. E lo fa riaprendo dopo meno di 72 ore il Weihnachtsmarkt in zona Ku’damm duramente colpito dall’attentato. In segno di rispetto non ci saranno illuminazioni ed eventi musicali. Già stamattina tante persone deponevano candele e fiori e sfilavano nell’area per commemorare le vittime del brutale attacco. La polizia ha provveduto a rinforzare l’area degli stand con blocchi di cemento. Molti altri mercatini della capitale tedesca erano stati già riaperti ieri.

Blitz e fermi in tutta la Germania

Mentre prosegue la caccia a Anis Amri, il 24enne tunisino sospettato di aver pianificato l’attacco con il camion, le forze dell’ordine tedesche hanno effettuato stamane numerosi blitz tra Berlino (dove sono state perquisite abitazioni a Kreuzberg, Moabit e Prenzlauer Berg), Dortmund e Emmerich am Rhein,. Le operazioni hanno condotto finora a quattro fermi che, spiega la procura federale, non sono direttamente “legati all’attentato”. In mattinata i fermati sono stati già rilasciati.

Il fratello di Amri: “Costituisciti”

Abdelkader Amri, uno dei fratelli di Anis, lo invita intanto a costituirsi: “Non posso credere che sia stato lui a commettere questo crimine”, ha dichiarato all’agenzia AP. Ma se così dovesse essere, ha continuato, “mio fratello merita ogni pena”. Secondo alcuni quotidiani tedeschi Anis Amri avrebbe fatto ricerche su internet per la fabbricazione di esplosivi e avuto contatti diretti con l’Isis.

Manifestazioni della sinistra e di AfD

Nella giornata di mercoledì Berlino è stata teatro di manifestazioni di impronta molto diversa: non lontano da Breitscheidplatz la NPD, partito da molti considerato su posizioni neonaziste, ha indetto una manifestazione dal titolo “Chiudiamo i nostri confini”, a cui secondo la polizia avrebbero partecipato non più di 130 persone. In zona Regierungsviertel circa 200 persone hanno risposto all’appello di Alternative für Deutschland e hanno sfilato al motto di “Più sicurezza per la Germania”. Circa 800 persone, tra cui esponenti dei Verdi e di Die Linke, hanno invece invitato alla solidarietà e alla tolleranza scandendo lo slogan “né nazisti né islamisti, da nessuna parte”.

Il leader di Pegida a due ore dall’attacco: “È stato un tunisino”

Intanto il Germania scoppia un caso Lutz Bachmann. Il leader del movimento xenofobo e anti-Islam ha twittato alle 22:16 di lunedì sera di essere in possesso di informazioni riservate della polizia che portavano a un tunisino. Questo in un momento in cui le indagini ufficiali si concentravano ancora sul 23enne pachistano, poi rilasciato. La polizia smentisce le illazioni di Bachmann, ma in Germania si solleva qualche voce scettica, anche a causa della rilevante presenza di estremisti di destra tra le file della polizia e del singolare ritrovamento dei documenti di Amri, emerso solo ore dopo l’attacco.

Cosa sappiamo con certezza dell’attentato

Il bilancio dei morti rimane fermo a 12, quello dei feriti a 49. Purtroppo da magistratura tedesca e dal ministro degli Esteri Angelino Alfano è arrivata la conferma che anche Fabrizia Di Lorenzo è tra le vittime. Dall’autopsia effettuata sul corpo dell’autista polacco sono emersi segni di una colluttazione. Martedì Stato Islamico ha rivendicato l’attacco. Ecco tutto ciò che sappiamo con certezza dell’attacco di Breitscheidplatz.

Anis Amri. Nell’abitacolo del camion che ha provocato la tragedia la polizia ha trovato dei documenti di soggiorno che riconducono a Anis Amri, 24enne tunisino transitato (e incarcerato) in Italia prima di arrivare in Germania. Stando a quanto riportato da Die Welt, il sospettato risiedeva a Berlino ma si spostava anche nella regione del Nordrhein-Westfalen e sarebbe stato classificato come “soggetto pericoloso”. Anis Amri era arrivato in Germania a seguito dell’intensificarsi della crisi migratoria ma dal 2011 al 2015 avrebbe soggiornato in Italia, prima a Lampedusa, dove partecipò all’incendio del centro di accoglienza, poi in carcere all’Ucciardone per quattro anni. La richiesta di espulsione sarebbe stata respinta dalla Tunisia e così Amri si sarebbe spostato in Germania. Ad aprile 2016 aveva presentato richiesta d’asilo in Germania che però era stata respinta in estate. Da allora era “tollerato” sul suolo tedesco grazie al dispositivo giuridico della Duldung, un temporaneo differimento della procedura di espulsione. Il respingimento sarebbe stato rimandato anche perché Anis A. era privo di documenti e dalla Tunisia negavano che il giovane fosse un loro cittadino. Sempre secondo Die Welt quei documenti di identità sarebbero stati inoltrati “casualmente proprio ieri”, sebbene fonti tunisine neghino che il 24enne sia possa essere coinvolto in attività terroristiche. Ad agosto 2016 Anis Amri era stato fermato in possesso di un documento italiano falso presso Friedrichshafen. Le forze dell’ordine si sono messe sulle sue tracce indagando su scala federale. Secondo Sueddeutsche Zeitung Anis Amri era attivo nella cerchia del predicatore salafita Abu Walaa, arrestato lo scorso novembre. Non è ancora chiaro come sia riuscito a sfuggire alla polizia pur essendo stato dichiarato soggetto pericoloso. Ad ogni modo si erano perse le sue tracce dal mese scorso.  Al momento le forze dell’ordine pensano che il ricercato sia ferito e probabilmente armato. Chiunque avvisti Amri deve avvertire immediatamente la polizia e non mettersi in situazioni di pericolo. Le forze dell’ordine sperano inoltre in informazioni sulla sua residenza passata o sui suoi spostamenti. Il numero  da chiamare è eventualmente lo 0800-0130110.

Il conducente polacco. Dall’autopsia cui è stato sottoposto il corpo dell’uomo polacco trovato morto nell’abitacolo al posto del passeggero è emerso che la vittima era ancora viva al momento dell’impatto. Tuttavia il corpo di Lukasz Urban riporta ferite d’arma da taglio e d’arma da fuoco, segni che testimoniano una lotta avvenuta nel veicolo. Originariamente Urban era l’autista del camion che ha investito la folla lunedì sera, probabilmente dirottato. Urban era arrivato a Berlino con un carico di acciaio nella mattinata di lunedì 19 novembre. Il carico avrebbe dovuto essere consegnato nella mattinata di martedì 20 novembre, ma Urban ha tentato di anticipare la consegna a lunedì mattina. Dopo aver ricevuto un rifiuto dall’azienda, Urban ha telefonato al cugino titolare della società di spedizioni in Polonia. Questo è l’ultimo contatto che i due uomini hanno avuto prima del drammatico evento.

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Il camion. Il navigatore del veicolo sequestrato ha registrato spostamenti anomali proprio nella giornata di lunedì, come se qualcuno con poca esperienza avesse tentato di manovrare il camion.

La rivendicazione dell’ISIS. Nella serata di martedì lo Stato Islamico ha rivendicato l’attacco attraverso un canale online, ma la fonte non è ancora stata verificata. È strano che la rivendicazione sia avvenuta un giorno dopo l’evento, senza che il responsabile sia stato arrestato o ucciso. La rivendicazione non contiene informazioni sull’attentatore; si limita a dichiarare la responsabilità di un soldato dello Stato Islamico. Ci sono due fattori che già all’inizio delle indagini lasciavano pensare all’esistenza di una matrice islamica: il tipo di luogo colpito ovvero un mercatino natalizio di fronte a uno dei monumenti simbolo della città e la dinamica del fatto ovvero l’impiego di un camion come già nell’attentato di Nizza. A novembre 2016 l’ISIS aveva infatti diffuso online delle “istruzioni” su come utilizzare camion in attentati terroristici.

Foto di copertina © Linda Paggi

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