Berlino, la Sicilia e il senso del ritorno: il mio cammino di 3740 chilometri
Ormai 35 giorni fa ho cominciato un viaggio lunghissimo: 3740 chilometri. Sto camminando da Porto, in Portogallo, fino alla Sicilia, precisamente a Milazzo.
di Mauro Mondello*
È un’escursione dell’anima, del corpo e soprattutto della mente, quella cui mi sto sottoponendo, quattro mesi in strada, a una media di 35-40 chilometri al giorno, per sostenere due due progetti importanti: la crescita dell’hub creativo Settentrionale Sicula, con il quale abbiamo in questi anni prodotto e continueremo a produrre contenuti editoriali che abbiano nei diritti umani, nel cambiamento climatico e nel femminismo le loro stelle polari; e poi la nascita di Aitna, una start-up di impatto sociale che produrrà “calze solidali”, creando un modello di sviluppo sostenibile con quattro differenti livelli di “business positivo”.
In tutta questa folle avventura di me che cammino per quasi 4000 chilometri, da solo e senza smartphone (e chissà se ce la farò davvero), c’è chiaramente un senso personale che va ben oltre le iniziative che promuovo e che è racchiuso in un concetto: il ritorno.
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Perché c’è una differenza, infinitesimale eppure decisiva, fra tornare e ritornare. Tornare è un unicum, una cosa che succede, concettualmente, una volta soltanto. Mentre ritornare è una ripetizione continua, costante, di un viaggio verso un luogo, verso un posto, sempre lo stesso: tornare, di nuovo, lì dove si è già ritornati più e più volte. La decisione di intraprendere questo cammino si immerge così nella sublimazione radicale dell’idea stessa di ritorno e quest’avventura diventa allora un atto di resistenza, un momento nel quale cristallizzare il concetto per cui la costruzione del cambiamento passa attraverso le azione concrete. Camminare, oggi, può sembrare un gesto anacronistico, eppure è l’atto più naturale, più essenziale, più autentico, per riconnettersi con il mondo e con sé stessi. Ed è anche un modo per rallentare, per osservare, per ascoltare: per dare valore non solo alla meta, ma anche e soprattutto al viaggio. Un passo alla volta.
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L’idea di questo cammino nasce proprio a Berlino, una città nella quale ho vissuto quasi otto anni e dove ho vissuto un momento di passaggio fondamentale nella definizione dell’essere umano che sono oggi.
Il pensiero di tornare a casa camminando si è lentamente insinuato in me fra le strade di Neukoelln, nei ritorni a casa il lunedì sera in bici, dopo le partite di calcetto, in quei momenti, per me ancora oggi i più intensi dei miei ricordi berlinesi, nei quali stai tornando a casa, da una cena, da una riunione, da una festa, da una partita, e resti solo e a un certo punto Berlino ti guarda, ti avvolge, e ti sentire parte di un mondo, parte di qualcosa.
Ecco è così, in quell’universo di energia che è Berlino, che ho cominciato a strutturare dentro di me l’idea del ritorno, e quanto quell’idea sia così radicale per chi dal posto in cui è nato se n’è andato presto, e di come quel “ritorno a casa”, da una parte e dall’altra, nella casa in cui è nato e in quella che si è costruito da sé, sia una costante, un loop infinito della propria esistenza, che in qualche modo scandisce gli eventi: per chi vive da “expat”, da espatriato, il momento del ritorno non si esaurisce mai.
*Mauro Mondello è un reporter freelance, corrispondente di guerra, documentarista e Yale World Fellow del 2020.