Berlino, il volto di Erdogan con baffetti alla Hitler sulla facciata dell’Ambasciata turca
Il polverone sollevato in Germania dal caso Böhmermann continua ad avere strascichi anche a settimane di distanza. Domenica 8 maggio, sulla facciata dell’ambasciata turca a Berlino, è apparso il volto del capo di stato turco Recep Tayyip Erdogan come non si era mai visto: il ritratto di Erdogan, ritoccato con photoshop, lo vede apparire con dei baffetti alla Adolf Hitler, il cui volto peraltro gli compare proprio accanto. Responsabile della proiezione è stato il collettivo PixelHELPER che ha battezzato l’azione “Lui è tornato“, già titolo del libro di successo di Timus Vermes che narra di un ipotetico ritorno di Hitler a Berlino nel 2011 e del film di David Wendt che quest’ultimo ha ispirato. Come dichiarato dagli artisti del collettivo, l’azione mirava ad attirare l’attenzione pubblica verso le condanne che la settimana scorsa hanno colpito i due giornalisti turchi dissidenti Can Dündar ed Erdem Guel. La vicenda viene vista come ulteriore prova della limitazione della libertà di stampa nella Turchia di Erdogan.
Il caso Böhmermann. Sulla facciata dell’ambasciata turca è stato proiettato anche il testo dell’ormai famosissima Schmähgedicht (poesia-vilipendio) per la quale Böhmermann si è visto recapitare due denunce da parte del capo di stato turco, una a titolo privato e una per dileggio di un capo di stato straniero. Il caso ha richiesto l’intervento di Angela Merkel, che oltre alla stampa tedesca ha scatenato anche quella straniera: quest’ultima ha trattato la vicenda come se fosse un capitolo esclusivamente tedesco, dimenticando di menzionare che gli accordi con la Turchia per fermare il flusso migratorio verso l’Europa riguardano tutta la Comunità europea. Rimane tuttavia vero che la Germania, che più di tutti i Paesi europei si è spesa a favore dell’accoglienza e dell’integrazione del flusso migratorio, è anche il Paese in cui gli inquietanti risvolti diplomatici dell’accordo con la Turchia sono stati più discussi, non da ultimo proprio in seguito al caso Böhmermann.
La libertà di stampa nella Turchia di Erdogan. Da quando è stato eletto nell’agosto del 2014, sono circa 2000 i procedimenti legali avviati da Erdogan contro chi è sospettato di aver ironizzato sulla sua persona. In Turchia Erdogan controlla del resto il 90% dell’informazione: giornalisti, docenti, ma anche semplici blogger che osano esprimere dissenso nei confronti del capo di stato possono venire imprigionati o anche torturati.
Il caso Döpfner Quella di PixelHELPER non è l’unica presa di posizione contro Erdogan delle ultime settimane. È del 10 maggio la notizia che la corte di Colonia non ha dato l’autorizzazione a procedere contro Mathias Döpfner, CEO del gruppo Axel Springer, il media group più grande in Germania (editore di Die Zeit e Bild) e uno dei colossi editoriali a livello mondiale: Döpfner aveva scritto una lettera aperta a Jan Böhmermann in cui non solo definiva la sua satira una grande opera d’arte, accostandola alla grande arte performativa e concettuale, ma dichiarava anche di appoggiare la Schmähgedicht in tutta la sua formulazione, offese e conseguenze legali comprese.
Un bilancio. La provocazione di PixelHELPER si inserisce in un dibattito sempre più aspro: tra gli argomenti di chi sulla pagina Facebook del gruppo ha commentato l’azione del collettivo, c’è chi sostiene che l’immagine di Hitler non può essere ridotta a simbolo banalizzandone la portata storica, chi sostiene che la poesia di Böhmermann non è riproducibile per il tipo di offese di ordine razzista che contiene e ancora chi, come Döpfner, sostiene che quando una poesia si presenta come una collezione di luoghi comuni, diventa qualcosa di radicalmente diverso. La “poesia” di Böhmermann va considerata un’opera d’arte se la produzione di un contenuto di fatto disturbante è riuscito in virtù della sua forza a rimbalzare da un media a un altro diventando in questo rilancio un grimaldello critico. È probabilmente vero quello che sostengono in tanti, ovvero che molti tra quelli che si sono rifatti alla poesia di Böhmermann sono stati mossi più dal desiderio di visibilità inserendosi in un trend tanto efficace che da idealismo. D’altro canto è anche vero che l’opera performativa è oggi qualcosa che usa il rimando tra media per creare una tendenza, questa volta per metterci sotto gli occhi le conseguenze di qualcosa che noi europei abbiamo fatto proprio per allontare dalla nostra viste quei rifugiati che ci ingiungono compassione ma ci pongono problemi. Così è stato possibile aprire una breccia nel sistema dell’informazione tale da portare in primo piano quello che di solito viene derubricato a spiacevole conseguenza di atti necessari nel mondo della politica. Questo è ancora vero in quei Paesi che, come l’Italia, trattano il problema sollevato da Erdogan come un problema della Germania che non li riguarda. Non si sa ancora se questa breccia si richiuderà. Nel frattempo Böhmermann ha annunciato che stasera riprenderà la sua trasmissione Neo Magazin Royale.
Foto di copertina © PixelHELPER