© Schering AG

Berlin Chemie, la casa chimico-farmaceutica della DDR fatta risorgere dagli italiani

Berlin Chemie: una storia italo-tedesca, la formula di una collaborazione industriale nata tra Berlino e la Toscana.

L’azienda chimico-farmaceutica Berlin Chemie ha iniziato il suo lungo percorso 125 anni fa, che l’avrebbe portata a superare due guerre mondiali e a rinnovarsi dopo la caduta del muro grazie a una collaborazione manageriale con l’Italia.

La Berlin Chemie

Era il 1890 quando Johannes Kahlbaum fondava la fabbrica chimico-farmaceutica Chemische Fabrik Kahlbaum a Sud est di Berlino.  Lo spazio di 400 mila metri quadrati si trova nel cuore di Adlershof. Il percorso della Berlin Chemie, iniziato 125 anni fa, rispecchia Berlino in molteplici tappe storiche. Fondata in età guglielmina, si fuse nel 1927 con la Schering AG, una delle maggiori industrie chimico-farmaceutiche tedesche, dando vita al complesso Schering-Kahlbaum AG. Questo permise all’azienda di spostarsi nel campo dell’industria farmaceutica della Schering AG. L’inizio della Seconda Guerra Mondiale portò all’arruolamento di molti dipendenti del complesso aziendale, la società iniziò così ad inviare pacchi al fronte classificandosi come “compagnia strategica a scopo bellico”, in tedesco kriegswichtiges Unternehmen. Sei anni dopo aver subito il bombardamento nel 1943, la Schiering AG venne statalizzata dalla DDR : tra il 1960 e il 1970 la rinnovata Berlin Chemie divenne una delle maggiori industrie farmaceutiche di Berlino Est. La produzione iniziò a raggiungere anche i  mercati esteri appartenenti all’area del Patto di Varsavia. L’anno seguente alla Caduta del Muro portò un grande cambiamento: l’azienda riuscì ad adattarsi abbastanza rapidamente alla nuova economia di mercato senza andare incontro al fallimento, a differenza di molti altri colossi industriali della Germania Est. Nacque cosí la Berlin-Chemie AG.

L’inizio della collaborazione italiana

In un periodo durante il quale molte aziende europee avviavano processi d’internazionalizzazione all’interno del mercato unico europeo e nordamericano, l’industria italiana colse un’occasione in controtendenza. Malgrado il  contesto di collasso e di chiusura economica all’interno degli ex Paesi comunisti, la Menarini di Alberto Aleotti azzardò, nel 1992, la coraggiosa scelta imprenditoriale di acquistare la Berlin Chemie per preservarne le competenze e rilanciarla. Decisione rivelatasi lungimirante non solo dal punto di vista finanziario, ma anche in termini di  penetrazione commerciale nell’Est Europa, con cui l’azienda tedesca aveva già canali di vendita storici. Degna di nota è infatti la distribuzione della Berlin Chemie in 31 Paesi dell’Europa orientale, compresi in un’area che si estende dall’Albania all’Uzbekistan.

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Il settore chimico-farmaceutico italiano

Aziende come la Menarini sono parte di un indotto chimico e farmaceutico italiano di tutto rispetto che vede le sue radici svilupparsi fortemente negli anni 20, in particolare in Toscana. Il settore venne lanciato da scienziati e tecnici come Fauser, Luigi Casali e Giulio Natta: grazie anche al loro intervento furono introdotti laboratori di ricerca nelle maggiori società, dalla Montecatini alla Snia Viscosa, dalla BPD all’Anic. In questo contesto, la Menarini, fondata da Archimede Menarini nel 1886, operava nella ricerca, produzione e commercializzazione di farmaci. Acquistando la Berlin Chemie integrò   strutture di supporto ai medici e di dislocazione delle vendite nel sistema produttivo berlinese. Oggi l’Italia è il primo produttore farmaceutico dell’Unione Europea: dopo anni di inseguimento, ha infatti superato nel 2017 la Germania con una produzione di 31,2 miliardi di euro, contro i 30 dei tedeschi. Un successo dovuto al boom dell’export, che oggi sfiora i 25 miliardi.

© Schering AG

© Schering AG

La formula vincente italo-berlinese

Coordinamento produttivo, alto contenuto tecnologico e collaborazione italo-tedesca: questi gli ingredienti della formula che hanno reso la Berlin Chemie un’eccellenza italiana all’estero con un fatturato annuo di 1.6 miliardi di Euro e una produzione cresciuta del 15% in 5 anni. Berlin Chemie è un simbolo del superamento delle barriere politiche ed economiche tra Italia e Germania, ma anche un’esempio di come le aziende italiane siano in grado di acquisire un know-how tedesco e farlo fruttare, superando l’idea che avvenga solo il contrario. Se da un lato infatti l’azienda riflette la storia di Berlino, sua città natale, dall’altro la capacità d’innovazione e l’alto contenuto tecnologico italiano, spesso sottovalutati, hanno avuto nella Berlin Chemie la loro massima espressione. Dalla produzione al marketing, dalla logistica al controllo qualità, dalla ricerca all’informazione scientifica: oggi la Berlin Chemie ospita in questi settori oltre 6259 lavoratori (660 assunzioni in più di due anni), di cui 2364 tedeschi.

Una collaborazione ricca di vantaggi.

L’apporto italiano ha prodotto diversi frutti: secondo il manager Attilio Sebastio, la Berlin Chemie è attualmente il maggiore nucleo produttivo della Menarini, superando gli stabilimenti di Roma, Barcellona e Singapore. Vanta la produzione di 184 milioni di scatole di compresse e 14 milioni di confezioni di sciroppi, in particolare antidiabetici (53%) e cardiovascolari (23%). Il segreto del successo permanente è stato la creazione di una sinergia: “La nostra sfida dal 1992, anno dell’acquisizione di questa azienda statale prima appartenente alla DDR, è stato mantenere management locale molto esperto del mercato tedesco, cui trasmettere anche la visione imprenditoriale italiana, improntata all’internazionalizzazione” (da 2016: Menarini investe in Italia in ricerca e produzione, in Germania amplia la sua sede, 6/09/2016; Menarini Group).

Berlin Chemie oggi

A quasi di trent”anni dalla Caduta del Muro, la multinazionale è cresciuta con la sua città, divenendo più internazionale ed europea. Berlin Chemie è parte integrante della rinascita della “Perla sulla Sprea” e dell’amicizia italo-tedesca. L’attuale clima politico e giornalistico che enfatizza la collaborazione problematica tra Germania e Italia, screditando la capacità imprenditoriale italiana trova nella Berlin Chemie un esempio lampante di come tali affermazioni spesso non rispecchino la realtà dei fatti.

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