Anche la Germania discute di reddito di cittadinanza, ma il sindaco di Berlino già lo boccia
Come in Italia anche in Germania si discute sulle modalità di lotta alla povertà e alla disoccupazione. Il sindaco di Berlino Michael Müller boccia l’opzione di un reddito di cittadinanza incondizionato, avanzando la proposta di un reddito di base sociale che andrebbe a sostituire in molti casi l’attuale sussidio di disoccupazione Hartz IV.
Una recente dichiarazione del nuovo Ministro della Salute tedesco Jens Spahn (CDU), secondo cui i percettori del sussidio di disoccupazione Hartz IV non sarebbero poveri, ha innescato un’accesa discussione sulle modalità di lotta alla povertà e alla disoccupazione in Germania. Come riportato da B.Z., il reddito di disoccupazione Hartz IV in vigore in Germania dal 2010 è oggetto di controversie da 15 anni, per l’esiguità dei contributi, le tecniche di selezione dei beneficiari da parte dei Jobcenter e la mancata valorizzazione lavorativa dei percettori, spesso prigionieri di una sorta di povertà istituzionalizzata. Per questo c’è chi si batte per un reddito di cittadinanza incondizionato, un contributo subordinato soltanto al requisito della cittadinanza che sostituirebbe qualsiasi sussidio alternativo. Il sindaco di Berlino spinge invece per un reddito di base solidale vincolato allo svolgimento di un lavoro volto a conferire dignità ai percettori e a favorirne l’integrazione nella società.
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L’Hartz IV o reddito di disoccupazione
In Germania l’Hartz IV è tema di dibattito dal 14 marzo 2003, quando fu annunciato dal cancelliere Gerhard Schröder come parte dell’Agenda 2010 con lo scopo di fornire migliore assistenza e prospettive lavorative a disoccupati e percettori di sussidi sociali. Ufficialmente denominato Arbeitslosengeld II (ALG II – tradotto “sussidio di disoccupazione”), l’Hartz IV deve il suo nome a Peter Hartz che guidò la commissione competente in materia di lotta alla disoccupazione del governo Schröder.
Il reddito di disoccupazione Hartz IV è un sussidio indeterminato che può essere erogato al termine del normale sussidio di disoccupazione (Arbeitslosengeld I) oppure a chi non è mai entrato nel mondo del lavoro. I beneficiari devono ricercare attivamente un’occupazione, seguire i corsi di formazione del Jobcenter e accettare dopo un certo periodo gli impieghi proposti, dimostrando così la volontà di uscire dalla propria condizione. Se in Germania la misura ha dimostrato risultati positivi quando utilizzata per un periodo di tempo determinato, il sussidio non ha però prodotto accettazione sociale verso i percettori che finiscono spesso inghiottiti in un vortice di rassegnazione e disagio da cui è difficile emanciparsi, specialmente nelle aree di periferia e in alcune zone della ex Germania Est dove il potenziamento del welfare non è andato di pari passo con le misure di riqualificazione. Altro aspetto ampiamente criticato sono le tecniche adottate dai Jobcenter per stabilire chi ha diritto al sussidio, che spesso puntano a scoraggiare i cittadini dalla presentazione della domanda a fronte della necessità di far quadrare i conti.
Attualmente il contributo Hartz IV ammonta a 416 € al mese se si è single, 374 € a persona per una coppia, 316 € per ragazzi da 14 a 18 anni, 296 € per bambini da 6 a 14 anni, 240 € per bambini sotto i 6 anni. A queste somme possono essere cumulati aiuti per il pagamento dell’affitto e per altre necessità valutate caso per caso. Nel 2017 erano 6,07 milioni i percettori di Hartz IV in Germania; 10 anni fa erano 7,09 milioni. Secondo le statistiche, a inizio 2017 su 6,07 milioni di beneficiari i disoccupati di lungo periodo erano “soltanto” 868.000, un dato ingannevole poiché anche chi esercita una professione per breve tempo non rientra più in questo gruppo. In media i percettori di Hartz IV rimangono oggi più a lungo disoccupati rispetto a qualche anno fa: nel 2016 la durata media della disoccupazione era di 629 giorni, 74 giorni in più rispetto al 2011.
Il reddito di cittadinanza
In Germania c’è chi caldeggia l’introduzione di un reddito di base incondizionato, una forma di sussidio sottoposto esclusivamente al requisito della cittadinanza che garantirebbe a tutti i tedeschi una somma fissa dalla nascita alla morte. Non sono molti i Paesi al mondo a prevedere una tale misura: il caso più conosciuto è quello dell’Alaska, a cui si aggiunge l’esperimento avviato dalla Finlandia nel 2017 riguardante 2.000 cittadini. Esistono diversi modelli di attuazione del reddito di cittadinanza, in molti dei quali il sussidio ammonterebbe a circa 1.000 € mensili e le altre prestazioni sociali come l’Hartz IV verrebbero abolite. Qualora si avviasse un rapporto lavorativo, verrebbe erogata soltanto la differenza rispetto al proprio salario.
Come riportato da Die Welt, la maggioranza dei partiti tedeschi, a prescindere dallo schieramento, si è detta scettica rispetto all’introduzione di un reddito di cittadinanza. La CDU ha sottolineato l’irrealizzabilità della misura poiché sfocerebbe per molti in un rifiuto del lavoro e lo Stato perderebbe consistenti entrate. Secondo la cancelliera Merkel, allo Stato sociale spetta intervenire soltanto in caso di necessità. La SPD teme invece che le aziende diminuirebbero i salari dei propri dipendenti e i cittadini subordinati ad alte prestazioni sociali, come per esempio i disabili, verrebbero svantaggiati. Anche la FDP e AfD sono contrari, mentre all’interno di Verdi e Die Linke ci sono diverse correnti di pensiero.
La proposta di Michael Müller
Il reddito di base sociale proposto dal sindaco della capitale tedesca differisce dal reddito di cittadinanza incondizionato poiché l’erogazione di tale sussidio è vincolata all’esercitazione di una professione di pubblica utilità offerta dallo Stato ai cittadini disoccupati, retribuita secondo la legge del salario minimo (1.500 € lordi per un full time) e soggetta al versamento di contributi previdenziali.
«Nessun posto di lavoro verrebbe inventato» ha dichiarato Müller, sottolineando invece l’utilità delle professioni che verrebbero offerte sia per il singolo sia per la comunità. «Le persone rimaste escluse dal mercato del lavoro moderno e digitalizzato potrebbero integrarsi meglio rispetto a quanto riescano a fare con l’attuale sussidio Hartz IV» così il sindaco a rbb. Tra le attività previste ci sarebbero lo smaltimento di rifiuti ingombranti, la pulizia di parchi pubblici, la cura di aree verdi, ma anche servizi di accompagnamento per anziani e di babysitting. Chi rifiutasse le attività previste non potrebbe percepire il “reddito solidale” e avrebbe soltanto diritto al sussidio sociale del tipo Hartz IV. Secondo un calcolo dell’Istituto Tedesco di Ricerca Economica, l’impiego di 100.000 disoccupati alle condizioni sopra riportate costerebbe allo Stato circa 500 milioni di euro.
Le reazioni alla proposta di Müller sono contrastanti. C’è chi, come l’economista Rudolf Hickel dell’Università di Brema, trova brillante l’idea del sindaco, soprattutto per la dignità che si riuscirebbe a garantire ai disoccupati coinvolti attraverso l’assegnazione di lavori adeguati alle rispettive qualificazioni. C’è però anche chi vede nella proposta soltanto un tentativo dello Stato di reclutare forza lavoro economica, come sostiene per esempio Michael Bohmeyer, fondatore dell’associazione Mein (bedingungsloses) Grundeinkommen (tradotto “Il mio reddito di base incondizionato”). Il ricercatore Christoph Butterwegge denuncia inoltre il pericolo che i percettori di tale reddito vengano “additati” dal personale regolare che svolgerebbe le medesime mansioni.
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La proposta italiana del reddito di cittadinanza
La proposta economica del Movimento 5 Stelle, che con le elezioni del 4 marzo è diventato il primo partito italiano, non è un reddito di cittadinanza nel vero senso del termine, in quanto non corrisponde all’erogazione di un sussidio incondizionato e uguale per tutti, ma è subordinato a una serie di requisiti, tra cui la maggiore età dei richiedenti, lo status di disoccupazione oppure la percezione di un reddito da lavoro o di una pensione inferiori alla soglia di povertà. Gli aventi diritto, esclusi i pensionati, dovrebbero inoltre dimostrare di ricercare attivamente un’occupazione, frequentare corsi di formazione e riqualificazione e accettare eventuali proposte di lavoro. Chi rispettasse tali requisiti e adempisse ai doveri previsti avrebbe diritto a un sussidio di circa 780 € al mese, con variazioni in base alle dimensioni del nucleo famigliare.
Si tratta dunque di una forma di sussidio di disoccupazione o inoccupazione non di molto dissimile dall’Hartz IV tedesco: le somiglianze riguardano l’ammontare del sussidio, il tempo indeterminato, l’erogazione subordinata a determinati criteri e all’impegno del percettore. Se è vero che l’Italia insieme alla Grecia è l’unico Paese europeo a non disporre di una forma di tutela di questo tipo, è anche vero che la proposta del M5S non si discosta molto nei meccanismi dal Reddito di Inclusione (REI), un sussidio destinato a chi si trova in condizioni di povertà, approvato nel 2017 dal Governo Gentiloni e operativo dal prossimo luglio. La differenza principale tra i due provvedimenti sta nella dotazione finanziaria: il REI è dotato di poco più di 2 miliardi, mentre la proposta del M5S ne prevede 17.
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Foto di copertina: Berlins Regierender Bürgermeister Michael Müller während der Langen Nacht der Startups 2015 © Sebaso CC BY-SA 4.0