Berlino, ristorante israeliano annulla e rinvia a data da destinarsi l’apertura per paura di proteste
Nel cuore della capitale tedesca, l’apertura di un ristorante israeliano è stata annullata dopo le forte proteste di un gruppo di attivisti
Lo scorso 16 luglio, alcuni gruppi di attivisti filopalestinesi hanno protestato contro l’apertura di un ristorante israeliano. Il locale coinvolto, situato a Gendarmenmarkt, si chiama Gila and Nancy ed è di proprietà dell’imprenditore israeliano Shahar Segal. Il proprietario del ristorante israeliano è l’ex portavoce della GHF (Gaza Humanitarian Foundation), organizzazione sostenuta da USA e Israele che si occupa della distribuzione di generi alimentari in Palestina.
Il ristorante israeliano ha rinviato l’apertura a data da destinarsi.
Il gruppo di attivisti da tempo accusano GHF di essere complice della morte di oltre 800 civili palestinesi a Gaza a causa dell’organizzazione di alcune distribuzioni di cibo. L’accusa è stata a lungo rigettata. Solo qualche qualche settimana fa, GHF ha confermato la propria responsabilità di uno specifico episodio, avvenuto la settimana scorsa
I gruppi partecipanti
Alla manifestazione contro il ristorante israeliano hanno preso parte diversi gruppi di attivisti, tra cui IJAN Germany (International Jewish Anti-Zionist Network), Jewish Voice for Peace, Palästina Spricht e Palestinians and Allies. La protesta è stata lanciata sui social con una grafica che riportava lo slogan Stop feedeing genocide (Basta alimentare il genocidio). Si tratta di un chiaro gioco di parole, che collega il ristorante israeliano all’operato della GHF.
Il post ha generato sin da subito un’ampia cassa di risonanza, tanto da far allarmare Tel Aviv e il suo Ministero per la lotta contro l’antisemitismo. Sul luogo era presente anche una contro manifestazione con bandiere di Israele per mostrare solidarietà al ristorante israeliano. La presenza delle forze dell’ordine ha scongiurato lo scontro tra i gruppi.
Gli slogan della protesta e l’accusa di pinkwashing
Diversi gli slogan apparsi durante la manifestazione contro il ristorante israeliano. Tra questi, Free Palestine, Blut in eurem Essen (Sangue nel vostro cibo) e No Pride in Genocide. Quest’ultimo slogan, che richiama al Pride Month, ha attirato particolare attenzione. Infatti, i gruppi organizzatori hanno accusato il ristorante israeliano anche di pinkwashing. Si tratta dell’uso della visibilità LGBTQIA+ per distogliere l’attenzione, secondo i critici, dai crimini di guerra o dalle violazioni dei diritti umani commessi da Israele a Gaza.
Il caso del ristorante israeliano mostra come le tensioni legate al conflitto israelo-palestinese si riflettano sempre più spesso anche a Berlino, capitale europea simbolo della convivenza multiculturale. Resta ora da capire quando il locale riuscirà ad aprire, e con quale risposta da parte della comunità berlinese.
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