5 tipologie di hater che incontrerete (e odierete) sui social
La fregatura più grande dei social network (o meglio, una delle tante fregature) è la possibilità che chiunque possa commentare qualsiasi cosa quasi totalmente impunito perché protetto da uno schermo che lo rende anonimo, almeno apparentemente. Certo, l’idea di totale libertà di espressione alla base di internet è di per sé grandiosa ma, come tutte le cose “grandiose”, ha la facile tendenza a trasformarsi in una vera piaga, fatta di tuttologi e vomitatori d’odio di professione: gli hater. Vero è che i commentatori da bar o le pettegole di paese sono figure antiche quanto l’umanità stessa, ma fino a qualche anno fa restavano confinati tra le quattro mura del caffè, del barbiere o del balcone, mentre adesso hanno una potenziale platea di miliardi di persone. Queste poche righe già potrebbero valere una bella fetta di hater: adesso non bisogna far altro che decidere a quale categoria appartengono. Ecco dunque la nostra classifica, chiaramente basata su splendide e in alcuni casi indimenticabili esperienze dirette.
Il nostalgico. Il nome stesso lo identifica come perennemente nostalgico dei bei tempi andati, come il ventennio fascista o “l’età dell’oro” del colonialismo europeo. Basa principalmente le sue tesi su post di altre pagine social e siti dai nomi edificanti, che non staremo qui ad elencare ma che vengono citati come fossero fonti storiche, e le stesse fonti storiche magari ufficiali tacciate invece di falsità. Che ne volete sapere voi della bellezza delle dittature, quelle che avevano una soluzione rapida a ogni problema? Poco male si trattasse di soluzioni finali, anzi, ancora meglio. A ogni obiezione sulle proprie asserzioni la tendenza sarà quella di andare ancora più a ritroso nella storia, se la prima metà del Novecento è troppo confutabile. Magari altri periodi ancora più lontani nel tempo potranno essere presi come esempio di un’umanità migliore, che so, le crociate o la Santa Inquisizione. Ah, i bei tempi andati in cui se il vicino di casa era rumoroso ti bastava tacciarlo di stregoneria per toglierlo di mezzo! Quella sì che era gente che sapeva farsi rispettare. Quanto si stava bene quando l’aspettativa di vita era di trent’anni e lo ius primae noctis allietava le vivaci notti medievali. Stolti!
Il signor no. Il signor no non è schierato politicamente, non ha religione e non ha orientamento sessuale. Il signor no è semplicemente una figura quasi leggendaria, super partes e onnipresente. Non importa cosa posterete, il suo commento sarà sempre e comunque negativo. Foto di voi con l’ultimo cucciolo di panda al mondo? «Fai schifo, ti fai le foto coi panda per prendere più like, vergogna!». Scrivete uno status in cui vi dite felici per il sole estivo? «Vergogna, andate a lavorare invece di non fare un cazzo e poi lamentarvi». E via dicendo. Insomma come il sergente istruttore di Full Metal Jacket, per il signor no non esistono italiani, neri, ebrei o messicani, semplicemente sono disprezzabili tutti. Spesso la tipologia del signor no tende ad ibridarsi e fondersi con le altre elencate, portando alla ribalta una figura che potremmo definire il super hater, dotato di poteri speciali e in grado a volte di insultare anche se stesso. Perché di questi personaggi si può dire molto, ma mai gli si potrà negare la coerenza e la costanza del loro operato. Chapeau!
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L’emigrato imbruttito. Lasciare il proprio luogo natio per cambiare città o addirittura nazione può essere un processo difficile, integrarsi in una nuova cultura anche. Forse sulla base di questi alibi, un parte degli expat si trasforma (dietro la tastiera) in hater da competizione. Innumerevoli gli esempi a cui è possibile assistere sulle pagine dei social e sui forum dedicati. Provate a postare una semplice ed ingenua domanda, del tipo: «Dove posso mangiare una buona pizza in città?»; nei primi tre commenti ci sarà qualcuno che vi insulterà dicendovi: «Se volevi mangiare la pizza dovevi restartene in Italia, provinciale». Peggio ancora se provate a chiedere informazioni di carattere burocratico: il vaso di Pandora verrà scoperchiato e il meglio che potrete augurarvi sarà un: «Venite qua senza sapere un cazzo e fate fare brutta figura a chi invece è arrivato da anni, tornatevene in Italia» oltre ad insulti di varia natura totalmente gratuiti. Poco importa che, se le farneticanti teorie venissero applicate, colpirebbero in primis proprio chi le esalta; per ora l’importante è incolpare qualcuno e indovinate un po’? Quel qualcuno siete voi!
L’altruista. Si sa, il mondo per come lo conosciamo fa abbastanza schifo, inutile girarci attorno. L’hater altruista è quello che ti fa la ramanzina sempre e comunque e non perde occasione di ricordarti che su chiunque tu scriva o di qualsiasi argomento tu discuta c’è sempre qualcuno più importante o qualcosa di più grave a cui dare la priorità. «Vergogna, scrivete il meteo del weekend invece di occuparvi della Siria!»; «Vergogna, scrivete della Siria invece di occuparvi dell’Iraq!»; «Fate schifo, pensate solo al medio oriente e non alla Sierra Leone», e così via all’infinito. Inutile cercare di dargli soddisfazione spiegando perché si è scelto un argomento invece di un altro, magari trattato solo il giorno o poche ore prima: all’altruista ambientalista, animalista, vegano fondamentalista, comunista nazi-religioso non interessa neanche per sbaglio cosa avete da dire, perché tutto quello che direte sarà usato contro di voi. Appellatevi al quinto emendamento!
L’hater affetto da interpretazione precoce. Forse il mio preferito: dal titolo ha già capito tutto di un articolo, non ci clicca neanche per sbaglio e men che meno prova a leggerne anche solo i commenti che potrebbero magari dargli una vaghissima idea del contenuto. Il titolo è tutto ciò che gli serve per raggiungere l’orgasmo di sproloqui da riversare nell’etere ed è virtualmente impossibile da bloccare, semplicemente bisogna attendere che abbia finito e vada a fumare la sigaretta post coito. Vero è che spesso un titolo può essere ingannevole o acchiappa click (il che teoricamente dovrebbe spingere ancor di più all’approfondimento), ma all’hater, in generale, non importa niente del contenuto bensì semplicemente di raggiungere il picco di piacere dell’insulto gratuito e protetto, nel minor tempo possibile. Un po’ ce lo si immagina lì davanti alla tastiera o con il cellulare in mano, la voglia che si fa sempre più pressante mentre cerca qualcosa da commentare e insultare, il piacere di trovare l’articolo giusto e via con l’orgasmica sensazione dell’ingiuria virtuale, quell’onanismo verbale che poco o niente ha da invidiare a quello classico, fisico. Che sarebbe tremendamente utile per certi personaggi.