Coca-Cola chiude cinque impianti in Germania

Coca-Cola chiude cinque siti produttivi e logistici in Germania: sono 505 i posti di lavoro a rischio, ma non è l’unica

Coca-Cola ha annunciato un piano di ristrutturazione in Germania che prevede la chiusura di cinque stabilimenti e il taglio di 505 posti di lavoro nei settori logistici e produttivi. L’azienda giustifica questa scelta come necessaria per mantenere la competitività a lungo termine, motivandola con esigenze logistiche e produttive.

Nel contempo, Coca-Cola prevede la creazione di nuovi posti di lavoro in altri centri produttivi tedeschi, anche se non ha specificato dove avverranno le future assunzioni.

Il sindacato NGG si sta opponendo fermamente, sostenendo che le chiusure non siano motivate da ragioni economiche, ma dall‘avidità di profitto a scapito dei dipendenti, secondo quanto dichiarato dal vicepresidente NGG, Freddy Adjan.

Questa decisione non è un caso isolato: la chiusura di stabilimenti Coca-Cola si inserisce infatti in un più ampio contesto di riduzioni aziendali che sta colpendo la Germania, coinvolgendo anche grandi realtà come Volkswagen, a testimonianza della crisi e della recessione che sta sconvolgendo il Paese.

Il piano di riorganizzazione

Coca-Cola Europacific Partners (Ccep), che si occupa delle operazioni di imbottigliamento, distribuzione e vendita per Coca-Cola in Germania, ha annunciato la chiusura di cinque siti produttivi e logistici. Il piano di riorganizzazione prevede la chiusura degli stabilimenti di Colonia, Berlino-Hohenschönhausen, Bielefeld, Neumünster e Memminge.

L’obiettivo dichiarato dall’azienda è: “posizionarci in modo ancora più efficiente in termini di costi in un contesto di mercato persistentemente competitivo, affrontare i cambiamenti nella logistica delle bevande e rafforzare ulteriormente l’utilizzo nella rete produttiva e logistica tedesca.”

A Colonia la produzione dovrebbe cessare il 31 marzo 2025, dove Coca-Cola gestisce un sito produttivo e logistico. Colonia è anche la sede più piccola e, a detta dell’azienda, mancavano opportunità di espansione e crescita. La chiusura ha infatti lo scopo di aumentare l’utilizzo delle capacità negli altri stabilimenti e di rendere la produzione più efficiente.

La ristrutturazione non riguarda solo le chiusure ma anche tagli dei posti di lavoro, nello specifico Ccep ha in programma il taglio di 505 posti. L’azienda ha dichiarato che l’obiettivo è quello di “combinare compiti e semplificare i processi“, per rendere l’organizzazione più snella e reattiva.

Sembrerebbe che non tutti saranno licenziati, ma circa 207 dipendenti verranno trasferiti in altre sedi. Tilmann Rothammer, vicepresidente del servizio clienti e della catena di approvvigionamento di Ccep Germania, ha dichiarato che, pur essendo consapevoli del “dolore” causato ai dipendenti, la decisione è necessaria per garantire la competitività futura dell’azienda: “Abbiamo valutato attentamente pro e contro e siamo convinti che questi cambiamenti siano cruciali per essere più efficienti e rispondere meglio alle richieste del mercato.”

La reazione di NGG: “Coca-Cola chiude per avidità di profitto”

Il sindacato NGG (sindacato del cibo, bevande e ristorazione) si sta opponendo fortemente alle chiusure, sulla stessa linea di IG Metall nei confronti di Volkswagen.

L’impressione dei sindacati è che la vera ragione delle chiusure non sia di tipo economico ma di pura avidità di profitto a discapito dei dipendenti. Freddy Adjan, vicepresidente NGG, ritiene che la vera ragione della chiusura di Coca-Cola sia legata alla volontà dell’esternalizzazione del lavoro a fornitori esterni: “Coca-Cola guadagna enormi cifre in tutto il mondo, ma sta distruggendo 500 posti di lavoro in Germania per pura avidità di profitto”.  Anche Sebastian Riesner, amministratore delegato di NGG si è espresso in merito: “Con ogni chiusura, si allontana sempre di più dalla promessa di essere un marchio globale prodotto e distribuito localmente”. Secondo il sindacato, dal 2010, la Coca-Cola ha chiuso complessivamente 40 sedi in Germania.

Nelle prossime settimane l’obiettivo sarà quello di elaborare soluzioni alternative con i comitati aziendali locali per trovare una conciliazione.

Nessuna ripercussione in borsa: Coca Cola da 63 dollari a oltre 71 per azione

Nonostante tutto Coca-Cola continua a navigare in acque positive in termini di fatturato. Nei primi sei mesi del 2024, i ricavi di Ccep in Germania sono aumentati del 5,6%, arrivando a 1,54 miliardi di euro, grazie agli aumenti di prezzo introdotti nel 2023. Tuttavia, i volumi di vendita in Europa sono scesi del 2,8%, con l’azienda che attribuisce il calo alle condizioni meteorologiche sfavorevoli.

A livello europeo, i ricavi complessivi sono cresciuti del 2,4%, raggiungendo i 7,2 miliardi di euro. I profitti operativi sono rimasti stabili, con un leggero calo dello 0,6%, mentre su base comparabile sono aumentati del 6%.

Non è l’unico il caso Coca-Cola, in Germania sempre più aziende stanno chiudendo

Il declino dell’industria in Germania è ormai evidente, solo nel 2023 hanno chiuso circa 176.000 aziende, nel settore dell’industria, del commercio e dei servizi in Germania. “I negozi abbandonati e le vetrine vuote colpiscono economicamente ed emotivamente le persone che li circondano. Ma le chiusure dell’industria colpiscono il cuore della nostra economia”, afferma Patrik-Ludwig Hantzsch, responsabile della ricerca economica presso Creditreform.

La chiusura delle numerose aziende in Germania è sicuramente da ricondursi ad un’intera crisi strutturale, derivante dalla combinazione di fattori quali la decarbonizzazione, la digitalizzazione, i cambiamenti demografici e gli sconvolgimenti geopolitici, come lo shock dei prezzi dell’energia e il cambiamento del ruolo della Cina nell’economia globale. La base industriale tedesca è stata gravemente colpita per un periodo prolungato, il che suggerisce che la flessione sia radicata in questioni strutturali e che non sia semplicemente un rallentamento ciclico temporaneo.

“Le aziende tedesche hanno già dislocato molta produzione in Cina, in India e altrove, e questo continuerà”, spiega l’economista Fratzscher. Tuttavia, con la Cina che inizia a sovvenzionare le proprie aziende, “diventa più difficile per le aziende tedesche competere, anche a causa della differenza del costo del lavoro tra Europa e Asia”. Anche se per lo stesso Fratzscher “una selezione naturale delle aziende è funzionale allo sviluppo dell’economia, il cambiamento significa spesso consolidamento. Ma le aziende devono anche trasformarsi per poter investire e sviluppare nuove tecnologie”.

 

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La co-determinazione è una sfida per le multinazionali

Un altro aspetto fondamentale da considerare quando viene trattato il tema della chiusura degli stabilimenti in Germania è la tendenza generale delle multinazionali a mostrare un’avversione verso le istituzioni di rappresentanza dei lavoratori. Risulta infatti che l’elevato livello di sindacalizzazione e protezione per i lavoratori, come i sistemi con contrattazione collettiva centralizzata presenti in Germania, abbiano un impatto negativo sugli investimenti esteri.

Le aziende risultano meno interessate a rapporti di lavoro stabili di lungo termine. Questo perchè possono delocalizzare la produzione in qualsiasi momento e perchè le decisioni centrali vengono prese in sedi esterne. La Germania è uno dei paesi più sviluppati per quanto riguarda la protezione dei lavoratori stessi, i quali godono di ampi diritti nonché della possibilità di influenzare direttamente le decisioni aziendali, grazie alla co-determinazione. Le aziende multinazionali preferiscono quindi ambienti con meno regolamentazioni lavorative. Esse, seguendo standard globali – ed usando questi per gestire le filiali estere- ignorano le esigenze dei dipendenti locali i quali hanno meno potere di influenza.

Su questo piano risulta necessario intervenire politicamente per garantire che la globalizzazione non avvenga a spese dei diritti dei dipendenti e della democrazia nei luoghi di lavoro. Tuttavia, questo non sta avvenendo, soprattutto in Germania, dove la crisi economica e il crescente malcontento stanno alimentando il consenso per l‘AfD, mentre la coalizione di centro composta da sinistra, verdi e centro-destra non riesce a implementare politiche mirate per affrontare la situazione. È urgente definire misure concrete, come un quadro normativo coerente, un accesso più semplice e rapido ai finanziamenti, procedure di approvazione efficienti, libertà d’innovazione, una politica commerciale ambiziosa e, soprattutto, meno burocrazia e costi energetici sostenibili. Afferma Treier: “Solo se miglioriamo questi fattori di localizzazione per tutte le aziende e i settori potremo mantenere e rafforzare l’Europa come sede industriale a lungo termine”.

Leggi anche: Volkswagen in crisi: la Germania vuole aiutare l’azienda a non licenziare

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