Martin Dibobe, il camerunense che rimase in Germania nel 1886 e finì autista dei mezzi

Martin Dibobe: il primo macchinista di colore in Germania e un pioniere del movimento per i diritti civili degli africani delle colonie

Il 27 giugno 2023, Google ha celebrato con un Doodle Martin Dibobe, rendendolo protagonista della sua home page, a 104 anni dalla cosiddetta “Petizione Dibobe“, che chiedeva autosufficienza e pari diritti per gli africani in Germania e nelle colonie.

Da figlio di un capo camerunense ad attrazione “esotica” di una sorta di freak show a Treptower Park, Martin rimase a Berlino dove lavorò come fabbro alla Siemens per poi diventare il primo macchinista dalla pelle scura dell’azienda di trasporti pubblici di Berlino, l’attuale BVG. Sposò, non senza problemi, la figlia del suo padrone di casa, e per tutta la sua vita fu un instancabile sostenitore dell’auto-emancipazione africana.

“Era molto pragmatico, sapeva che non aveva senso scrivere soltanto -vogliamo l’indipendenza-, perché non l’avrebbero ottenuta” ha detto Reed-Anderson, esperto di storia della comunità africana in Germania. Katharina Oguntoye, storica e attivista berlinese che si occupa di migrazioni africane, lo ha elogiato come “modello e ispirazione” per il suo attivismo.

Doodle di Google del 27 giugno

Dal Camerun alla Germania

Quane Dibobe nasce il 31 ottobre 1876 in Camerun. E’ il figlio di un vice-capo di Stato, e impara a leggere e a scrivere in una scuola missionaria. Otto anni dopo, il 14 luglio del 1884, la bandiera nero, rosso e oro sventola a Douala, la capitale del suo Paese: il Camerun diventa una colonia tedesca.

All’età di appena dieci anni, nel 1886, Dibobe viene mandato a Berlino dal governo tedesco, su un piroscafo, insieme ad un centinaio di suoi connazionali. Per diverso tempo vive in condizioni atroci nel Treptower Park, dove fa da attrazione vivente per una cosiddetta “Mostra coloniale“. Difatti, rispetto alla Francia e alla Gran Bretagna, la colonizzazione in Africa da parte della Germania inizia in ritardo, e quest’esposizione etnologica ha lo scopo di far salire ai tedeschi la febbre imperialista. Ben sette milioni di visitatori si soffermano in quel periodo sugli “Schauneger” dello zoo umano.

Nel 1902, un rapporto ufficiale pubblicato dalla “Berliner Illustrierte Zeitung” alla fine della mostra, che parla degli africani esaminati da un antropologo, lo descrive così: “È alto, forte, ben nutrito, dai capelli bruno-neri lucidi, quasi interamente disposti in piccole spirali strette, e il suo labbro inferiore è un po’ rossiccio”. Viene chiamato “il numero 76”, e ad accompagnare la nota vi sono delle fotografie del suo volto, di profilo e di fronte. Inoltre, si dice di lui: “Gli piacque così tanto Berlino che chiese di poter rimanere qui, e così fu apprendista fabbro”. Anche il titolo è sintomatico del razzismo che impernia lo Stato autoritario ad inizio secolo: “Esistenze oscure – La vita professionale dei negri di Berlino“.

La rapida ascesa professionale e sociale

Dibobe si fa battezzare da un pastore protestante, e da Quane, il suo nome di battesimo viene cambiato in Martin. Abita vicino a Rosenthaler Platz e si innamora di Helene, la figlia tedesca del suo padrone di casa. Tuttavia, quando i due decidono di sposarsi, l’ufficio anagrafe, l’ufficio coloniale e l’ufficio stranieri non concedono loro il permesso, poiché Dibobe non ha alcun documento di riconoscimento. Alla fine, la Missione di Basilea in Camerun intercede, autenticando la sua identità, e il matrimonio ha finalmente luogo. Si dice che i due abbiano avuto due figli, ma non tutto nella biografia di Dibobe è riportato con precisione.

Da operaio della Siemens diventa poi il primo macchinista di colore della U1, la prima linea ferroviaria sotterranea dell’impero, la cui costruzione aveva richiesto più di cinque anni. “Grazie alla diligenza e alla condotta impeccabile, mi sono guadagnato una posizione di fiducia e sono attivo come macchinista di prima classe dal 1902”, racconterà di sé stesso Dibobe.

Con il suo cappello da macchinista e la sua divisa, Martin è un migrante modello. Tuttavia, non si dimenticherà mai del suo Paese d’origine.

La “Petizione Dibobe”

Dopo il Trattato di Versailles del 1919, la Germania degli albori della Repubblica di Weimar si vede costretta a cedere le sue colonie alla Francia e alla Gran Bretagna. Dibobe non perde tempo, e inizia a battersi per i diritti degli africani in tutto l’Impero. Insieme ad altri 17 tedesco-camerunensi, quello stesso anno Dibobe presenta una petizione contenente 32 richieste di pari diritti, che sbatte sulle scrivanie del Presidente del Reich Ebert, dell’Assemblea Nazionale e del Reichskolonialamt. Tra le rivendicazioni, la fine delle punizioni corporali e del lavoro forzato, degli abusi e degli insulti; e ancora salari equi, istruzione obbligatoria, diritto allo studio e semplificazione del matrimonio tra nativi e bianchi. Al punto 31, inoltre, si legge: un “rappresentante permanente della nostra razza dovrebbe entrare nel Reichstag o nell’Assemblea Nazionale – ovvero il nostro uomo di Douala Martin Dibobe, che ci è noto come prudente e comprensivo”.

Il manifesto è uno dei più importanti documenti politici dei migranti africani della prima metà del XX secolo. Dibobe aspira a un’utopia socialdemocratica nell’ex Africa occidentale tedesca, co-fondata dal governo Ebert. 

I suoi appelli restano però inascoltati. Le colonie, ormai sequestrate dalle potenze vincitrici dopo la Prima guerra mondiale, non sono più un problema per chi è al potere, così come il destino degli africani.

Nel frattempo, Dibobe perde il suo lavoro di macchinista: la sua attività reazionaria non è vista di buon occhio, e la sua partecipazione ad una manifestazione operaia è la goccia che fa traboccare il vaso.

Nel 1922, senza la sua famiglia, si imbarca su un piroscafo per il Camerun, ma al porto di Douala, i nuovi colonizzatori francesi gli negano l’ingresso, timorosi che possa istigare una rivolta. Dibobe prosegue allora per la Liberia, dove si perdono le sue tracce e dove probabilmente muore.

La targa commemorativa

In Kuglerstraße 44 a Prenzlauer Berg, c’è un edificio bianco e ben tenuto, dove abitava Martin Dibobe nel 1918. Lì, oggi, vi è una targa dedicata a lui, che onora un cittadino del mondo che ha anticipato la lotta dei neri per l’indipendenza all’inizio del XX secolo, e che probabilmente è stato il primo socialdemocratico afro-tedesco della storia.

 

Leggi anche: La storia dei 20mila coreani che la Germania invitò a lavorare in miniera negli anni ’60

Studia tedesco a Berlino o via Zoom con lezioni individuali o collettive, corsi da 48 ore a 212 €. Scrivi a info@berlinoschule.com o clicca sul banner per maggior informazioni

COMPRA I BIGLLIETTI E SALTA LA FILA

Guarda foto e video e partecipa a concorsi per biglietti di concerti, mostre o party: segui Berlino Magazine anche su FacebookInstagramTwitter e Telegram

Immagini prese dalla pagina Wikipedia, screenshot del Doodle di Google del 27 giugno