Fratelli D’innocenzo: “Abbiamo cominciato a scrivere America Latina, il nostro ultimo film, proprio a Berlino”

I Fratelli D’Innocenzo sono gli enfant prodige del cinema italiano. Per Berlino Magazine ho avuto il piacere di intervistarli e abbiamo parlato di come sono nate le loro storie, dell’importanza di fondere il mondo dell’immagine con quello delle parole e del fatto che la Berlinale è il festival del cinema più figo di tutto il mondo

Già con La terra dell’abbastanza, loro debutto dietro la macchina da presa del 2018, era chiaro come i giovanissimi Damiano e Fabio D’Innocenzo non sarebbero stati una semplice meteora nel firmamento del cinema italiano. Con l’impietoso ritratto della piccola borghesia della provincia italiana tratteggiato in Favolacce, la loro seconda fatica del 2020, i Fratelli D’Innocenzo si sono definitivamente imposti come i giovani registi più promettenti del cinema del Bel Paese, aggiudicandosi anche il premio come miglior sceneggiatura alla Berlinale 2020, il Festival del cinema internazionale di Berlino. Ho avuto il piacere di intervistarli, proprio prima dell’uscita loro ultima fatica cinematografica, America Latina, e del debutto in Germania di Favolacce. Con loro abbiamo parlato del loro percorso da completi autodidatti, dell’importanza di fondere il mondo dell’immagine con quello della parola fino ad arrivare a parlare della Berlinale, il Festival del Cinema Internazionale di Berlino, e di quanto sia stata importante per l’evoluzione della loro maturità artistica.

“Ci teniamo ad affermare il valore delle immagini oggigiorno anche perché notiamo, molte volte, una certa sciatteria nei prodotti audiovisivi”

Il talento artistico dei Fratelli D’Innocenzo non si limita a essere espresso perfettamente solo attraverso il mezzo cinematografico. Damiano e Fabio sono, infatti, anche poeti e fotografi. È naturale quindi chiedergli quale sia il fil rouge che riesce a unire le varie arti attraverso le quali si esprimono e come riescano a fondere perfettamente il mondo dell’immagine con quello della parola che trova nel cinema la sublimazione perfetta.  “Pensiamo che sia impossibile slegare tutti questi fattori. L’elemento decisivo che ci ha portato a intraprendere l’arte del cinema è stata l’idea che si potesse dialogare semplicemente con le immagini. Noi siamo gli unici autori dei nostri testi, non lavoriamo con nessuno, ma non per snobismo, semplicemente perché non abbiamo la forma mentis. Sappiamo che le immagini sono il mezzo per arrivare a una destinazione finale e cioè tradurre le parole e i nostri pensieri in qualcosa di visivo. La parte più grande del divertimento è quando qualcosa di scritto si trasforma e prende vita sullo schermo. Ci teniamo ad affermare il valore delle immagini oggigiorno anche perché notiamo, molte volte, una certa sciatteria nei prodotti audiovisivi”.

“Tutto ciò che facciamo, anche adesso che siamo entrati nel mondo dei professionisti del cinema, si muove sempre con un’urgenza che ricerca sempre la sincerità. Il percorso da autodidatti ci ha permesso di evitare ogni forma di schematismo e di dare del Lei a questo lavoro”

I Fratelli D’Innocenzo non hanno mai frequentato un corso professionale per diventare sceneggiatori o registi. La loro maturazione artistica è avvenuta completamente sul campo, raggiungendo un livello che difficilmente un percorso accademico poteva dare loro. Questo perché tutto il loro lavoro si basa su un aspetto che non viene insegnato dentro le aule di una scuola: la sincerità. “Il nostro è stato un percorso particolare, che possiamo definire naive” mi spiegano. “Sentiamo che in realtà tutto ciò che facciamo, anche adesso che siamo entrati nel professionismo, si muove sempre con un’urgenza che ricerca esclusivamente la sincerità. Noi partiamo da quell’istanza lì. Non appena sentiamo che il percorso diventa insincero ci ricordiamo da dove siamo venuti: dalla necessità che ci ha spinti a raccontare storie. Se manca la sincerità sentiamo subito puzza di bruciato. Il bisogno di essere sinceri, almeno raccontando storie, evitando ‘scuole’ che davano un voto ci ha permesso di essere estremamente liberi, una libertà che continuiamo a possedere e a ricercare. In cambio noi dobbiamo sempre esprimere la nostra sincerità, che è il punto da cui siamo partiti. Il percorso autodidatta, alle volte bistrattato in questo ambiente, ci è tanto servito. Ci ha permesso di evitare ogni forma di schematismo e di dare del Lei a questo lavoro”.

“I nostri film nascono da nostre percezioni legate al vissuto. Non abbiamo mai avuto storie tragiche o disilluse come quelle che raccontiamo, fortunatamente. Ma ne abbiamo sempre avvertito il potenziale pericolo”

Nel loro primo lungometraggio, La terra dell’abbastanza, protagonista assoluta è la violenza che aleggia sulla borgata romana e che, piano piano, ingloba i protagonisti che precipitano in un vortice di brutalità da cui non riescono più a risalire.  In Favolacce, invece, i Fratelli D’Innocenzo sviscerano tutto il mondo della piccola borghesia provinciale arrivando a offrire uno spaccato nefasto e iperbolico con storie che finiscono tragicamente, demolendo le maschere di ipocrisia e perbenismo che caratterizzano i protagonisti. Ma da dove hanno tratto l’ispirazione per scrivere due storie tanto crudeli? “Non abbiamo attinto minimamente dalla cronaca per nessuno dei nostri film. Abbiamo attinto da percezioni legate al nostro vissuto. Non abbiamo mai avuto, chiaramente, esperienze dirette di storie tragiche o disilluse come quelle che abbiamo raccontato nei nostri film, fortunatamente. Ma ne abbiamo sempre sentito il potenziale pericolo. Ci sono luoghi dove delle cose accadono prima, in maniera più evidente e accadono in maniera molto più priva di sovrastrutture. La periferia ne è l’emblema massimo. Sono luoghi di ultimi e penultimi e spesso è tra queste due categorie che si combatte per avere le ultime briciole, quindi è un’arena estremamente feconda a livello drammaturgico. Nella piccola provincia di Favolacce, invece, si va avanti con maschere. Fortunatamente non si raggiunge mai l’altezzosità della borghesia, una classe che noi sentiamo molto lontana e molto poco affascinante. La piccola borghesia della provincia ci ha permesso di esplorare dei personaggi che sentiamo molto vicini nel loro non possedere sovrastrutture. Sono personaggi molto spesso abbastanza leggibili che si portano dentro dei drammi che sono altamente pronosticabili ma che spesso rivelano una grande vulnerabilità ma anche una grande dolcezza”.

Personalmente dopo aver visto entrambi i film dei Fratelli D’Innocenzo ho sempre trovato una certa vena pasoliniana nella ferocia con cui raccontano le storie sia che esse siano ambientate nella borgata romana o che raccontino i vizi e gli orrori nascosti sotto il tappeto dalla piccola borghesia provinciale. Ho quindi chiesto se l’opera di Pier Paolo Pasolini avesse in qualche modo influenzato la scrittura delle loro opere. “È molto curioso. Di Pasolini abbiamo visto Teorema, uno dei suoi film più ‘feroci’. Diciamo che abbiamo percepito la sua influenza, ma non abbiamo mai studiato a fondo la sua opera in maniera sistematica. Pasolini rappresenta un enorme patrimonio per il tessuto sociale e culturale qui in Italia, soprattutto a Roma è un’istituzione. Pasolini, se ci pensi, di per sé è diventato anche un aggettivo. Però non ci ha direttamente influenzato, magari ha influenzato la nostra vita, ma non direttamente il nostro cinema. Ci siamo sempre più affidati al cinema asiatico per una curiosità di andare oltre qualcosa che non fosse esclusivamente nostro a livello di territorio”.

“Il pubblico della Berlinale è lì solo per vedere i film, non c’è il glamour che spesso circonda altre kermesse cinematografiche. Che magari risultano più trendy, ma Berlino conserva ancora e pretende che ci sia un rapporto privo di sforzi e libero nei confronti dello spettatore. Il pubblico vuole vedere i film, senza le altre cazzate, il glamour, o le star americane bollite che vengono a presentare la loro ultima schifezza”

Il Festival internazionale del Cinema di Berlino ha sempre premiato il lavoro dei Fratelli D’Innocenzo, sin dal loro debutto. È nella capitale tedesca che i registi hanno avuto il loro battesimo di fuoco nel 2018 quando hanno presentato la loro prima opera, La terra dell’abbastanza. Due anni dopo, sempre alla Berlinale, hanno presentato anche Favolacce che è riuscito ad aggiudicarsi il premio per la miglior sceneggiatura. Berlino e il suo festival occupano ancora un posto d’onore nei ricordi dei due fratelli. “Non scorderò mai la meravigliosa anti-premiere che facemmo alla Berlinale de La terra dell’abbastanza, il nostro vero e proprio debutto nel mondo del cinema. Il pubblico della Berlinale è lì solo per vedere i film, non c’è, alla Berlinale, il glamour che spesso circonda altre kermesse cinematografiche. Che magari risultano più trendy, ma Berlino conserva ancora e pretende che ci sia un rapporto privo di sforzi e libero nei confronti dello spettatore. È il festival dello spettatore. Il pubblico vuole vedere i film, senza le altre cazzate, il glamour, o le star americane bollite che vengono a presentare la loro ultima schifezza. Ricordo la première del La terra dell’abbastanza e ricordo tutte le camminate che facemmo attorno ai vari cinema per scaricare la tensione, soprattutto quando eravamo alla Berlinale a presentare Favolacce. Mi ricordo queste giornate che mi ricordavano un film di Jim Jarmush, dove noi camminavamo per scaricare la tensione chiedendoci perché non saremmo dovuti tornare subito a Roma. Ma Favolacce era stato visto dalla giuria il primo giorno e sapevamo che era piaciuto tantissimo e quindi dovevamo rimanere lì”.

 

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“Ho fatto tour solitari fotografici anche a Potsdam, che mi ha ricordato alcuni paesini inglesi, con tutte queste casette curate con i loro giardini perfetti” ci racconta Damiano. “Poi ho visitato molto Kreuzberg perché ero curioso di sentire il vero ‘spirito’ di Berlino, al di là dei luoghi dove si svolgeva la Berlinale. Ogni volta che abbiamo la possibilità di scegliere un festival che ci dia la visibilità per i nostri film, il nostro primo pensiero va sempre alla Berlinale. È una manifestazione che vive dentro Berlino e coinvolge in maniera sinergica tutta la città. Gli spettatori sono le persone, non sono solo i vip e questo si percepisce. Una cosa che non accade, per esempio, a Venezia”.

“Abbiamo cominciato a scrivere America Latina, il nostro ultimo film, proprio a Berlino. È una storia che in qualche modo completa quello che per noi è un discorso aperto quotidianamente con la domanda più inevasa: chi siamo? come ci autodefiniamo? cosa siamo rispetto agli altri?”

L’ultimo film dei Fratelli D’Innocenzo, America Latina, è uscito nelle sale italiane nel gennaio del 2022. Protagonista della pellicola l’attore Elio Germano che con i fratelli aveva già collaborato offrendo una magistrale interpretazione in Favolacce. Il film è stato presentato alla 78esima edizione della Mostra del Cinema di Venezia ma la sua gestazione è iniziata proprio in una stanza d’albergo di Berlino. “Abbiamo cominciato a scrivere America Latina a Berlino” mi raccontano. “In realtà non avevamo il computer quindi più che iniziare a scriverlo, abbiamo iniziato a prendere appunti, a parlare della storia e a masticare i primi sapori di un racconto che, prima che lo realizzassimo seriamente, poteva essere qualsiasi cosa. Quindi iniziammo a mettere i primi paletti e a costruire le prime stanze di questa casa enorme che poi è diventato il nostro terzo film. Però sì, abbiamo di fatto iniziato a concepire America Latina a Berlino. Faceva sempre parte del nostro rituale per azzerare la tensione. È un film che in qualche modo completa quello che per noi è un discorso aperto quotidianamente con le domande più inevase: chi siamo? come ci autodefiniamo? cosa siamo rispetto agli altri?. Insomma tutto quello che è legato all’identità. È complicato parlare di un film senza essere coinvolti e, per noi, analizzarli con spirito critico. Realizziamo film che noi stessi vorremmo vedere al cinema quindi per noi è un film sfuggente, ma sfuggente come una carezza. È un’opera a cui teniamo tantissimo. Vorremmo che fosse guardato con la compassione con la stessa compassione con la quale è stato realizzato”.

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Immagine di copertina: I Fratelli D’innocenzo alla Berlinale 2020 ©Harald Krichel da Wikipedia CC3.0