Andrew Dominik: “Nick Cave ha tanta m***a da lasciarsi alle spalle. E io vi racconto come ci è riuscito”
La nostra intervista con il regista australiano Andrew Dominik che alla Berlinale 2022 ha presentato il documentario This Much I Know To Be True con protagonista assoluto Nick Cave e le sue canzoni
“Devi urlare quando fai le domande ad Andrew, perché oggi è sordo”. È il primo avvertimento dell’addetto stampa che mi accompagna nella stanza dove, nel giro di pochi minuti, dovrò intervistare Andrew Dominik, cineasta australiano – ma nato in Nuova Zelanda – che all’ultima edizione della Berlinale ha presentato il toccante documentario su e con Nick Cave intitolato This Much I Know To Be True e già regista di, tra gli altri, L’assassinio di Jesse James da parte del codardo Robert Ford che valse a Brad Pitt la Coppa Volpi come miglior attore alla Mostra del Cinema di Venezia nel 2007.
“Per il resto puoi chiedere qualsiasi cosa ad Andrew, non vuole mai censurare nessuno, anzi” mi spiega il collaboratore. Ed è così che con Andrew Dominik ho parlato del suo rapporto con Nick Cave e di come è nata la loro collaborazione che poi si è tramutata in un legame di amicizia profonda. Ma mi ha anche raccontato del suo nuovo, attesissimo, film intitolato Blonde sulla vita di Marilyn Monroe distribuito su Netflix da novembre 2022.
“Il lancinante dolore che Nick Cave provava dopo la morte del figlio Arthur doveva essere espresso a parole. Così chiamò me per realizzare il predecessore di This Much I Know To Be True, One More Time With Feeling”
This Much I Know To Be True è il secondo documentario realizzato da Dominik con protagonista assoluto Nick Cave – insieme al fidatissimo Warren Ellis – e la sua musica. Il primo, One More Time With Feeling, era stato realizzato nel 2016 e seguiva la realizzazione di Skeleton Tee, disco di Cave pubblicato lo stesso anno. L’opera era stata pesantemente influenzata da un tragico evento che ha profondamente scosso il musicista australiano: la morte del figlio 15enne Arthur, precipitato nel luglio 2015 da una scogliera a Brighton, città nel sud dell’Inghilterra dove l’artista vive da anni.
Ma il rapporto tra Nick Cave e Andrew Dominik nasce molti anni prima come mi spiega il regista, dopo avermi gentilmente chiesto di urlare a squarciagola tutte le domande (no, la sua sordità non era uno scherzo del suo collaboratore come avevo pensato all’inizio). “Ho incontrato Nick per la prima volta nel 1986 quando avevo 20 anni e lui 30, in casa di uno spacciatore da cui ero andato per comprare dell’eroina. Ma il nostro sodalizio artistico è iniziato molti anni dopo, nel 2006 quando stavo girando L’assassinio di Jesse James da parte del codardo Robert Ford. Avevo bisogno di un musicista che cantasse The Ballad Of Jesse James in una scena del film, così alzai la cornetta e chiamai Nick Cave“.
“Sapevo che la sua performance sarebbe stata particolarmente tagliente ed era quello che volevo. Nick mi chiese poi di poter realizzare le musiche per il film, non sapevo come dirgli di no, quindi gli dissi ‘ok, falle pure’. Si rivelò una scelta particolarmente felice. Insomma, basta ascoltare la colonna sonora, è un vero e proprio capolavoro. Da lì nacque anche un rapporto di amicizia. Nel 2015, pochi mesi dopo la morte di Arthur, mi contattò per propormi di girare One More Time With Feeling“.
“Il motivo principale che lo spinse a voler realizzare un documentario di questo tipo era il fatto che non avrebbe mai voluto parlare con la stampa di questa tragedia. Ma sapeva che il dolore doveva essere affrontato sfogandosi con qualcuno. Penso che si sarebbe sentito più a suo agio a parlarne con me piuttosto che con un giornalista perché, sai, siamo sempre stati capaci di discutere di qualsiasi cosa. Voglio dire, se l’avesse fatto con un gruppo di giornalisti non avrebbe mai avuto il controllo su quello che avrebbero potuto chiedergli o su quello che poi avrebbero scritto”.
“Sai com’è, anche a me capita spesso, quando faccio interviste, che le mie parole vengano riportate erroneamente. Il risultato è che rileggo quello che ero convinto di aver detto e penso ‘C***o sono un idiota’. Nick, su questo aspetto, è molto più sensibile di me. E, se si tratta di parlare della morte di tuo figlio, beh, non vuoi che ciò che dici esca dal contesto”.
“Comunque il film che ne è venuto fuori è assolutamente fantastico ed è stata un’esperienza che ci ha fatti avvicinare ancora di più. Poi seguii Nick e i Bad Seeds nelle registrazioni dell’album successivo, Ghosteen, e, mentre assistevo alle session, mi venne in mente di girare un nuovo documentario. E così nacque l’idea alla base di This Much I Know To Be True. Non scrissi nessun soggetto, nessun copione, mi lasciai guidare dall’istinto e tutto si è allineato perfettamente. Era come se il mio inconscio sapesse esattamente quello che volevo realizzare, molto meglio della mia mente conscia”.
“Non volevo filmare solo le canzoni, così sono partito dalla storia del diavolo che Nick aveva realizzato attraverso delle statuette e che era, chiaramente, la sua vita sotto mentite spoglie”
This Much I Know To Be True prende il via con un Nick Cave nelle inedite vesti di ceramista. L’artista spiega come, durante il lockdown, si sia appassionato a questa tecnica artigianale tanto da produrre ninnoli e statuette in ceramica di pregevole fattura. Ma, come ammette lo stesso regista, l’attenzione è stata subito catturata da una particolare serie di manufatti realizzati da Cave e che raccontano la storia di un personaggio molto particolare: il diavolo.
Dalla sua nascita al primo innamoramento, dall’andata in guerra al suo ritorno dalle battaglie fino ad arrivare al sacrificio del suo stesso figlio. E appare subito chiaro perché Andrew Dominik abbia iniziato This Much I Know To Be True con queste immagini.
“Un giorno Nick mi invitò a casa sua e mi mostrò tutte queste statuette che aveva realizzato lui stesso e che ripercorrevano la vita di un povero diavolo. Era chiaramente la sua stessa vita sotto mentite spoglie e probabilmente ho avuto la stessa reazione che hai avuto tu quando hai visto il film, quindi ho pensato ‘Il documentario deve iniziare con questa storia’. Anche perché realizzare una pellicola solo con le canzoni sarebbe stato un po’ troppo estenuante per gli spettatori”.
“Nick è un uomo che ha tantissima m***a da lasciarsi alle spalle. E in This Much I Know To Be True cerco di spiegare come ha fatto”
Il primo film ruotava interamente intorno a un uomo che era stato distrutto e che cercava disperatamente di capire quali passi compiere per uscire da quella situazione. “Qui, invece, ci si trova davanti a una persona che è riuscita a superare il dolore, che si è ripresa o, che, almeno, ha imparato a convivere con questo tormento. E devo dire che ne aveva di m***a da lasciarsi alle spalle”.
Ma c’è un altro aspetto che forse, come ci spiega Dominik, più della musica stessa ha permesso a Cave di andare oltre: il rapporto con i fan. Chi ha mai anche semplicemente assistito a un concerto di Cave, sa benissimo quanto viscerale sia il suo rapporto con il pubblico, arrivando a un livello di mistico connubio fisico e mentale che nessun artista è mai riuscito ad avere. Nel 2018 il musicista aveva deciso di aprire un sito, The Red Right Hand Files, in cui avrebbe risposto personalmente alle domande che i fan gli avrebbero posto, senza alcun moderatore, senza nessun tipo di filtro o censura. Un’attività che impegna giornalmente Cave e che Dominik ha inserito non a caso nel film.
“Credo che aprire i The Red Right Hand Files l’abbia fondamentalmente aiutato a sopravvivere a tutto quello che gli era successo, era la cosa migliore da fare. Ho vissuto con lui un periodo a Los Angeles (città dove Cave e la famiglia si erano trasferiti temporaneamente dopo la morte del figlio ndr) proprio quando tutta questa faccenda cominciò a diventare addirittura più importante della musica o di qualsiasi altra cosa stesse facendo. Riceveva una domanda da una persona e nel giro di pochi giorni mi leggeva varie versioni della risposta e mi sono reso conto che quello che stava facendo era portare la sua mente a guarire”.
“Voleva rispondere a tutti in modo responsabile, il che significa che doveva pensare in modo responsabile, e questo indica che non stai permettendo alla follia di guadagnare terreno. Nick è una delle persone più assennate e responsabili che abbia mai conosciuto, soprattutto nei confronti della sua famiglia. È particolarmente stimolante stare a contatto con lui, vedere qualcuno che si comporta come lui. È ispirante. Anche il fatto di partire per un tour l’aveva aiutato tantissimo. L’aveva capito benissimo. Ogni sera usciva sul palco con un pubblico che lo amava dannatamente e che si prendeva cura di lui”.
Il 9 maggio 2022 è stata diffusa la notizia che un altro figlio di Nick Cave, il 31enne Jethro, era deceduto. La prima data della tournee estiva, che lo avrebbe portato in giro per l’Europa, era prevista per il 2 giugno al Northside Festival di Aarhus in Danimarca. Cave ha, anche questa volta, deciso di non cancellare il tour regalando a ogni concerto esibizioni che sono state vere e proprie catarsi collettive a testimonianza che, proprio come mi ha raccontato Dominik, il suo balsamo per l’anima è il pubblico e il rapporto mistico e spirituale che il musicista australiano riesce a costruire con i fan.
“Blonde, il mio nuovo film su Marilyn Monroe sarà f*********e meraviglioso, una delle pellicole migliori di tutti i tempi”
Oltre alla genesi e alla realizzazione del film con Nick Cave, Andrew Dominik mi racconta anche del suo prossimo progetto, Blonde, pellicola sulla vita di Marilyn Monroe – interpretata da Ana de Armas e con un cast stellare che comprende anche Adrien Brody e Bobby Cannavale – distribuito da Netflix a novembre 2022.
Un progetto a cui Dominik tiene tantissimo e che tenta di realizzare da anni, basato sull’omonimo romanzo della scrittrice americana Joyce Carol Oates che racconta la vita dell’iconica stella del cinema non tralasciando, ma anzi sottolineandoli, i lati più oscuri della sua esistenza tra tentativi di suicidio, aborti e dipendenze da droghe tanto che il film sarà vietato, in America, ai minori di 17 anni.
“Non avrei mai potuto lasciare andare Blonde. Di solito ho molti progetti in mente, ma il più delle volte la mia attenzione rimane su di loro per un anno o due, ma poi lascio perdere anche se, c***o, sarebbe così bello poter fare tutti i film che desidero. Comunque con Blonde non è andata così. Era un progetto che continuava a darmi qualcosa continuamente, in termini di idee intendo e mi sono reso conto che era il film che più ho desiderato fare in assoluto.
“Amo Marilyn Monroe, e in Blonde mi riferisco solo a lei. Era una bambina non amata che, paradossalmente, è poi diventata la donna più desiderata del pianeta ma è sempre stata rinchiusa in un dramma che ha ereditato da sua madre”.
“Era una donna già maledetta, già condannata al suo destino e non puoi fare altro che guardare impotente la sua autodistruzione. Marilyn Monroe, tutta la sua vita, è basata su immagini che hanno dei significati che ho distorto. Ho cambiato il senso di scene dei suoi stessi film che erano familiari, che tutti quelli che avevano visto le sue pellicole conoscevano, e le ho trasformate in qualcos’altro per poter raccontare la sua evoluzione e la sua discesa nell’abisso fino alla sua tragica fine”.
“È stato fantastico girare Blonde, veramente elettrizzante dal punto di vista creativo. C***o è il mio film migliore, è potentissimo. E sarà sicuramente una delle pellicole più belle di tutti i tempi”.
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Immagine di copertina: Nick Cave in This Much I Know To Be True di Andrew Dominik