Una visita a Schöneweide, quartiere berlinese denso di storia dove erano stati deportati molti soldati italiani
Di Cinzia Pierantonelli
Cinzia Pierantonelli, germanista e docente universitaria ci racconta la sua visita a Schöneweide, quartiere berlinese denso di storia in cui erano stati internati anche i soldati italiani
È autunno e ancora la temperatura molto mite, si passeggia piacevolmente per le vie della capitale tedesca con passi soffici attutiti dalle distese del fogliame dai magnifici coluri autunnali. Visitare Berlino può condurre anche a rivivere quelle radici comuni con la più recente e tragica storia italiana e tedesca della Seconda guerra mondiale. Lo abbiamo scoperto a Schöneweide un quartiere a sud-est della città, facilmente raggiungibile con la S-Bahn. Una storia nota a pochi e che grazie all’eccezionale sito storico nella Britzer Straße 5 -12439 Berlin – il Centro di Documentazione sul Lavoro Coatto durante il nazismo, si può scoprire e comprendere. L’area museale è ricavata dallo stesso “Lager” quindi si apre sul campo in cui si trovano le baracche che ospitavano i lavoratori coatti, non detenuti perché, come ci spiegano gli storici e anche guide plurilingue del museo, non si trattava di punizioni per colpe commesse bensì di internati militari italiani deportati dopo l’armistizio in Germania a seguito dell’8 settembre 1943 con l’inizio dell’occupazione tedesca in Italia.
“Sono in mano dei tedeschi la mia coscienza di italiano è integra, avvisate famiglia. Viva l’Italia!” Un fogliettino gettato dal militare Michele Montagano, Presidente anziano dell’ANRP, nel percorso di deportazione che lo condurrà nel campo di rieducazione al lavoro, ovvero campo di concentramento, di Unterlüss, il quale oggi, ha appena compiuto 100 anni, ancora testimonia su quelle amare vicissitudini andando nelle scuole a parlare di una storia vissuta. Gli internati erano considerati dei traditori dai fascisti perché avevano rifiutato l’adesione alla Repubblica di Salò, “lo erano per i partigiani della resistenza italiana” (Luciano Zani), perché facenti parte dell’esercito Regio e fascista, quindi maltrattati da tutti, oltretutto spogliati dei lori diritti in quanto militari, non potevano più appellarsi alla Convenzione di Ginevra e ricorrere agli aiuti della Croce Rossa Internazionale, costretti ai lavori coatti in condizioni di fame, freddo e disperazione.
In questo percorso museale, in cui non pochi sono i tools digitali ed interattivi, estremamente toccante perché presenta una fitta documentazione anche corredata da oggetti, fotografie e lettere ma anche da incisioni ancora presenti sui nudi muri delle baracche in cui vivevano ammassati, si rivive la dimensione tragica del destino di quei soldati, di tanti che tra i 650.000 deportati non fecero mai ritorno perché morirono di stenti per le dure condizioni di vita e di lavoro. “Non sapevo nulla di questa storia. Ma vorrei adesso anche consultare l’archivio perché un mio zio era uno di loro, vorrei ritrovarlo.” Dalla Sardegna siamo qui con un gruppo di dirigenti dell’Università di Cagliari per un programma Erasmus che seguono con interesse tutte le tappe di una storia molto grande ma poco nota in tutte le sue sfaccettature. Perché la storia è complessa.
Ma aree museali come questa ci fanno capire l’importanza della cooperazione e della ricerca internazionale che non è solo un esercizio per studiosi bensì si apre necessariamente alla divulgazione ed entra a far parte dei circuiti di visita di un luogo. Quindi a Berlino non solo divertissement nella città più amata d’Europa bensì quella cultura che ci lega al luogo portandoci a riflettere sul nostro presente e sulle nefandezze di un passato che tutti noi vorremmo ripensare per un futuro migliore, per quel futuro dedicato ai giovani che non sanno.
Una visita qui vale!
L’ANRP – Associazione Nazionale Reduci dalla Prigionia, dall’Internamento, dalla Guerra di Liberazione e loro familiari, ha sede a Roma, in Via Labicana, 15/A con un museo in cui il percorso storico didattico “Vite di IMI” ricorda le tragiche vicende dei 650.000 militari internati dopo l’8 settembre 1945.
Cinzia Pierantonelli è germanista, docente universitaria, presidente di un Consorzio Erasmus Interuniversitario Erasmus+, si muove tra Roma e Berlino per lavoro e ricerca.
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